Chi non ha memoria
del passato è condannato a ripeterlo
Intervento di Mario Marazziti
Comunit� di Sant'Egidio
Piazza Santa Maria in Trastevere
Cari amici,
ci troviamo qui in tanti
in un giorno speciale, al termine della grande festa
ebraica, al termine di un lungo 16 ottobre, 60 anni dopo,
per ricordare, camminare insieme, per rafforzare la citt�
che vogliamo aperta a tutti, oggi e domani. Con il tempo,
infatti, gli eventi rischiano di allontanarsi o di
scivolare nella celebrazione. E' un dato fisiologico.
Quando quasi venti anni fa abbiamo iniziato questo
percorso al contrario, la strada inversa della
deportazione, da Trastevere al Portico d'Ottavia, eravamo
in pochi, noi della Comunit� di Sant'Egidio e della
Comunit� ebraica romana.
Avevamo una memoria fresca, quella del 9 ottobre 1982, al
termine della festa di sukkot. Era la memoria non solo di
un orrore antico, ma di come l'antisemitismo, il razzismo,
il fondamentalismo etnico possono tornare. Ce lo diceva un
bambino ebreo romano che non � potuto diventare grande,
Stefano Tasc�, che usciva dal tempio dopo la festa. Era
stato ucciso da un terrorismo cieco e barbaro.
In questi anni tanti si sono aggiunti e quello che era una
richiesta e quasi un sogno � diventato una realt�: dove
ci fermeremo, al termine di questa marcia silenziosa, al
Portico d'Ottavia � diventato una memoria vivente, un
nome che racconta una lunga storia anche alle generazioni
che vengono, a chi ama Roma e viene in questa citt� anche
da lontano. Ci fermeremo a Largo 16 ottobre 1943 e questa
memoria � diventata una scelta di tutta la citt�, non
pi� solo della Comunit� di Sant'Egidio e della Comunit�
ebraica, non solo di un'amministrazione e di un sindaco
sensibili, ma di tutti i romani.
Tanti, negli anni, non ci sono pi�. E' la legge del
tempo. Sono con noi in altro modo, come Settimia
Spizzichino, amica di tutti noi, una voce e un volto e
un'umanit� che manca a tanti, nel suo quartiere della
Garbatella. Anche Settimia - forse romanaccia com'era si
metterebbe anche a ridere all'idea di essere diventata il
nome di una scuola dove bisogna imparare a parlare meno
romanesco - che ha trovato un altro modo di stare con noi,
con le sue parole, quelle parole tenacemente messe in fila
perch� le nuove generazioni vi trovassero il motivo per
un mondo e una citt� senza follie razziste, senza pi�
odii omicidi: "Per tutti gli anni che ci hanno
rubato, che hanno rubato a milioni di uomini, donne,
bambini - specialmente bambini! - che sono rimasti nei
campi. Quanti anni, decine, migliaia, milioni avrebbero
ancora da vivere? Quanti anni di vita sono andati in fumo
nei forni crematori dei lager, nel pi� mostruoso furto
della storia?".
Lo sappiamo, lo ripetiamo per chi non ricorda tutti i
particolari di quell'alba e quella giornata che voleva
cambiare la storia e che per�, alla fine, non c'�
riuscita: 1068 ebrei romani, alla fine furono portati via:
ne ritornarono solo 17. Qui ci sono i figli, i nipoti di
quei 16 uomini e di quella unica donna sopravvissuta.
Sabatino Finzi era un ragazzo, che pesava 36 chili, quando
� tornato. Nessun altro dei 207 bambini � tornato vivo
da quel viaggio terribile. Qualcuno, preso dopo, cpme
Shlomo Venezia e Piero Terracina, ci aiutano ancora a
ricordare. E a vivere meglio.
Noi ricordiamo. Lo facciamo uniti in modo particolare con
il nostro anziano vescovo di Roma, che ha compiuto il
viaggio pi� lungo, quello che l'ha portato a pregare
nella Grande Sinagoga, all'inizio del pontificato, e non
molti anni or sono al Muro del Pianto e a Yad Vashem:
"Vogliamo ricordare con uno scopo, diceva in
quell'occasione - per assicurare che mai pi� il male
prevarr�, come avvenne per milioni di vittime innocenti
del Nazismo"
Si oggi vogliamo ricordare anche per costruire la citt�
che vogliamo. Una citt� dove questa riserva di memoria e
questo immenso debito del mondo per i milioni di anni di
vita bruciati dall'odio razzista possano essere spesi a
favore di tutti quelli che non ce la fanno. Vogliamo
ricordare per rafforzare Roma e la sua scelta di essere
una citt� della solidariet�, dove nessuno venga pi�
preso come capro espiatorio: perch� di un'altra
religione, o con un altro colore della pelle, perch�
anziano o perch�, semplicemente, povero o strano.
Ci ricordiamo, prima di muoverci assieme, le parole di
Settimia Spizzichino, il suo grido inquieto: "E che
accadr� quando non ci saremo pi�? Si perder� il ricordo
di quell'infamia?" .
No, non verr� persa questa memoria. Noi ci impegnamo a
che il ricordo di quell'infamia non sia perduto. Perch�
ogni volta che una sinagoga, una lapide, un muro, una
moschea, una vita umana verr� profanata sia pi� forte la
volont� e il numero delle persone di ogni credo che,
unite, cureranno quella ferita. Insieme, anche con chi
pensavamo fosse un avversario. Insieme, anche con chi ha
una storia diversa dalla nostra: � il segreto del futuro:
a Roma, in Italia, in Occidente, nel mondo intero.
|