RIFORMARE LA LEGGE SULLA CITTADINANZA (maggio 2006)
La situazione attuale
E' del 1992 la normativa sulla cittadinanza (L. 5.2.1992 n.91) che ha sostituito un testo che era in vigore da circa ottanta anni (L. 13.6.1912 n.555)
Il nuovo testo conferma, e per certi aspetti rafforza, principi vecchi, tipici di un paese la cui popolazione emigra per lavoro e completamente inconsapevoli della realt� nuova e diffusa dell'inserimento stabile di cittadini stranieri nel nostro paese.
Una legge fatta per un paese di emigranti e non di immigrati.
Afferma con forza il principio dello ius sanguinis, l'acquisto della cittadinanza automatico quando il padre o la madre siano cittadini (art.1 lett.a), limita l'acquisto in base al principio della nascita sul territorio, lo ius soli, solo al bambino figlio di ignoti o apolidi o nel caso in cui i genitori non trasmettano, secondo la legge del paese di provenienza, la propria cittadinanza al figlio (art.1 lett.b).
Si tratta di casi solo teorici e comunque residuali.
Di conseguenza il bambino che nasce in Italia da cittadini stranieri non ha oggi alcuna possibilit� di diventare cittadino italiano finch� � minorenne.
Ancor meno � riconosciuta questa possibilit� al bambino straniero che arrivi in Italia anche in et� precocissima, prima dell'inserimento scolastico, per ilquale non c'� nessuna possibilit� di divenire cittadino da minorenne e che anche da maggiorenne ha attualmente prospettive assai incerte.
Anche per gli adulti la normativa del 1992 restringe notevolmente le possibilit� di acquisto della cittadinanza: servono non pi� cinque anni, come in precedenza, ma dieci per fare richiesta della cittadinanza (art.9 lett.f), sono conteggiati solo i periodi di residenza legale nel paese perch� non � sufficiente il solo possesso del permesso di soggiorno (art.1 c.2 del DPR. 12 ottobre 1993 n.572), il procedimento amministrativo di concessione della cittadinanza ha una durata prevista di almeno 2 anni.
In pratica, anche nel caso teorico in cui rilascio del permesso e elezione delle residenza siano contemporanei, servono oggi almeno dodici anni per avere una risposta alla propria richiesta di cittadinanza.
Si tratta del periodo in assoluto pi� lungo in Europa: la Germania richiede otto anni, la Francia e il Regno Unito cinque.
L'Italia ha in materia di naturalizzazione degli adulti la normativa pi� restrittiva d'Europa mentre non ne ha nessuna in materia di acquisto della cittadinanza per i minorenni.
L'impostazione della legge, a pi� di dieci anni dalla sua entrata in vigore, ha dato risultati largamente prevedibili : mentre aumenta la presenza degli stranieri nel nostro paese e si diffonde l'esigenza di assicurare forme stabili di inserimento, la possibilit� di acquisto della cittadinanza riguarda una quantit� sempre pi� irrisoria di persone.
Addirittura negli ultimi cinque anni, mentre la presenza di stranieri non comunitari � in crescita sensibile, i provvedimenti di concessione della naturalizzazione per residenza sono costantemente diminuiti.
Secondo i dati del Ministero dell'Interno, riguardanti il periodo dal 1 gennaio 1995 al 18 settembre 2002, sono 8516 in quasi otto anni le concessioni della cittadinanza a non comunitari con naturalizzazione per residenza, una media annua di 1098 provvedimenti; si passa dai 1709 del 1999, il numero pi� alto in assoluto, a soli 511 dal gennaio al settembre 2002.
Negli ultimi cinque anni, mentre l'Italia passa da 1.341.000 stranieri non comunitari regolarmente presenti nel paese nel 1999 a circa 2.400.000 nel 2003, con una crescita del 79% , invece le naturalizzazioni per residenza diminuiscono del 70%.
Eppure gi� nel 2000 erano pi� di 350.000 gli stranieri con residenza legale nel paese da almeno 10 anni; 1465 naturalizzazioni per residenza nello stesso periodo rappresentano meno dello 0,5 % dei soggetti potenzialmente richiedenti.
Probabilmente questa tendenza � il risultato combinato di due fattori : prima di tutto l'alto numero di rigetti delle domande proposte, nel 2002 sono 762 a fronte di 511 provvedimenti positivi, quasi tutti rigetti motivati da ragioni di insufficienza dei redditi, dall'altra parte un effetto inevitabile di scoraggiamento quando si diffonde la conoscenza dell'effettivo funzionamento della legge, per cui neppure pi� si richiede quello che � quasi impossibile ottenere.
Si tratta di cifre che esprimono chiaramente la completa inadeguatezza ed il fallimento della legge attuale.
La proposta di riforma della legge sulla cittadinanza assume quindi oggi un valore prioritario in una politica di inserimento stabile, con chiarezza di diritti e doveri, degli stranieri nel nostro paese, riconoscendo la forma pi� matura di partecipazione a chi ha un progetto di vita futura in Italia, con pienezza quindi anche di diritti politici e civili.
Bisogna riformare la legge con una pluralit� di proposte come plurali sono le situazioni che oggi caratterizzano la presenza straniera nel nostro paese : per i bambini che qui nascono, per quelli che vi arrivano in et� infantile o adolescenziale, per gli adulti.
Il bambino nato in Italia da genitore straniero
Nasce e vive in Italia come tutti gli altri bambini, ne impara la lingua, mentre la trasmissione della lingua materna � affidata solo al genitore, ne frequenta la scuola, acquisisce di questo paese gusti, cultura, abitudini.Conosce il paese di provenienza dei genitori solo se questi decidono, e hanno la possibilit� economica, di farlo viaggiare; pi� facile per gli stranieri non comunitari provenienti da paesi europei, ben pi� costoso ed improbabile per chi provenga dall'Asia, dall'America latina o dall'Africa.
E' un bambino straniero nel "suo" paese, diverso dai suoi coetanei per ragioni incomprensibili.
Si tratta di una realt� che la legge attuale ignora completamente; quando nel 1992 la legge � stata approvata i minori stranieri presenti nel paese erano 76.400, nel 2002 il loro numero � arrivato a 327.000, secondo le stime elaborate dall'ISTAT.
Cresce la loro presenza in termini assoluti e cresce il loro peso percentuale sul totale della presenza straniera, passando dal 10,8% del 1992 al 19,2% del 2002.
Dei 327.000 minori presenti in Italia nel 2002, un numero vicino alla met� � anche nato in Italia.
Questi bambini secondo la legge attuale attraversano tutto il periodo fondamentale della crescita e della formazione della propria personalit� in questa condizione di estraneit�, stranieri nel proprio paese.
Nella convenzione dei diritti del fanciullo conclusa a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con la legge 27 maggio 1991 n.176 si afferma che "occorre preparare pienamente il fanciullo ad avere una sua vita individuale nella Societ�, ed educarlo nello spirito degli ideali proclamati dalla Carta delle Nazioni Unite, in particolare in uno spirito di pace, di dignit�, di tolleranza, di libert� di uguaglianza e di solidariet�".
E' chiaro come la condizione di estraneit� in cui cresce il minore straniero rischi di compromettere questi principi che la convenzione dei diritti del fanciullo ha affermato nel Preambolo ed � altrettanto evidente che questa diversit� incomprensibile pu� persino alimentare preconcetti discriminatori che costituiscono una minaccia concreta alla dignit� del bambino.
Anche la Convenzione Europea sulla Cittadinanza, conclusa tra gli Stati membri del Consiglio d'Europa il 6 novembre 1997, in attesa di ratifica da parte del nostro paese, si dimostra consapevole del problema e prevede per questo che ciascun Stato Parte faciliti nel suo diritto interno l'acquisto della cittadinanza per le "persone nate sul suo territorio e ivi domiciliate legalmente e abitualmente" (art.6 p.4 lett.e).
Attualmente il minore nato in Italia pu� chiedere la cittadinanza solo al raggiungimento del diciottesimo anno d'et� e perde definitivamente questo diritto se non lo esercita nei dodici mesi successivi (art.4 comma 2).
Ma neppure questa condizione � sufficiente, visto che � richiesta anche la prova della residenza legale senza interruzioni dalla nascita (art.3 p.4 lett.b del DPR 12 ottobre 1993 n.572) : accade cos� che anche chi � nato in Italia e vi ha continuativamente vissuto fino a diventare maggiorenne, non possa ottenere la cittadinanza solo perch� la madre, che aveva al momento del parto un regolare permesso di soggiorno, non aveva a quel momento eletto la residenza nel Comune, come spesso accade quando non si dispone di un alloggio stabile, oppure perch� nell'arco dei diciotto anni il nucleo familiare si � allontanato per qualche mese dal paese ed ha per questa ragione perso la residenza.
Molti paesi di antica tradizione immigratoria, hanno da tempo valorizzato un principio di ius soli puro, appena contemperato da alcune condizioni : � cittadino alla nascita chiunque nasca nel territorio del paese. Cos� gli USA, il Canada, l'Australia.
Si � dimostrata una misura lungimirante che ha accresciuto negli immigrati delle generazioni successive alla prima il senso di appartenenza al paese in cui nascono e crescono e che ha contribuito non poco allo sviluppo e alla crescita economica di quei paesi.
La modifica alla legge sulla cittadinanza che proponiamo prevede per il minore nato in Italia un'attuazione pi� graduata del principio dello ius soli in quanto la proposta coniuga due requisiti : la nascita nel paese e la presenza regolare del genitore da almeno due anni, in possesso del permesso di soggiorno per uno dei motivi previsti dall'art. 6 comma primo o dall'art.30 del D. Lgs. 25 luglio 1998 n.286.
E' bene chiarire che si tratta di una modifica da inserire all'art.1 della legge e non all'art.9, perch� prevede un modo di acquisto per diritto della cittadinanza, con un provvedimento quindi che presuppone esclusivamente l'accertamento dei requisiti previsti dalla legge e non la concessione con ampie facolt� discrezionali per l'amministrazione, come nel caso appunto dell'art.9 per le naturalizzazioni degli adulti.
All'art.1 comma 1 della legge 5 febbraio 1992 n.91 � aggiunta la seguente lettera :
" b-bis ) chi � nato nel territorio della Repubblica se il genitore � regolarmente presente in Italia da almeno due anni e titolare del permesso di soggiorno previsto dall'art.6 comma 1 o dall'art.30 del D.Lgs. 25 luglio 1998 n.286".
Il bambino che raggiunge in Italia il genitore straniero
Accade di frequente che il genitore lasci il figlio, anche molto piccolo, nel proprio paese ai parenti e arrivi in Italia da solo; dopo qualche anno quando si � stabilizzato, in particolare quando dispone di un alloggio anche per il minore, si fa raggiungere.
Si tratta di un bambino spesso in et� prescolare o ancora adolescente che vive gli anni centrali della sua formazione in Italia, dove frequenta il ciclo scolastico dell'obbligo: attualmente non ha alcuna possibilit� di divenire cittadino finch� � minorenne.
Non solo, ma a differenza della situazione del minore nato in Italia, anche una volta divenuto maggiorenne non ha altra possibilit� che quella di chiedere la naturalizzazione per residenza.
In pratica tutto il periodo, prolungato e significativo, di crescita e formazione in Italia non ha alcun valore, senza tener conto del fatto che questo periodo � determinante nella costruzione dell'identit� della persona e nella maturazione del senso di appartenenza all'Italia.
Si tratta dell'altra met� circa dei 327.500 minori che nel 2002 erano presenti nel nostro paese.
La Convenzione Europea sulla Cittadinanza proprio in relazione a queste situazioni prevede che ciascun Stato Parte faciliti nel suo diritto interno l'acquisto della cittadinanza per le "persone che risiedono nel suo territorio legalmente e abitualmente per un periodo iniziato prima dell'et� di diciotto anni, periodo determinato dal diritto interno dello Stato Parte interessato" (art.6 p.4 lett.f).
L'idea che ispira la proposta di riforma della legge costituisce un'alternativa sia allo ius sanguinis come allo ius soli : l'acquisizione di un diritto per la presenza e la partecipazione attiva alla vita del paese in cui da bambini ci si inserisce, alla sua scuola, alla formazione professionale, anche al lavoro.
Uno ius domicilii che si affianca allo ius soli per chi non � nato in Italia ma qui vive gli anni decisivi della formazione della sua personalit�.
I fatti che fondano questo diritto sono sia la durata della vita in Italia per un congruo periodo di anni, sei anni che costituiscono un indice di stabilit� significativo nella vita del minore, sia la qualit� di questa vita, contrassegnata dalla partecipazione alla scuola e alla formazione professionale.
Come nel caso dei minori nati in Italia, la modifica viene attuata con l'inserimento della proposta all'interno dell'art.1 perch� riconosce il diritto alla cittadinanza ad esito di un provvedimento di accertamento costitutivo.
All'art.1 comma 1 della legge 5 febbraio 1992 n.91 � aggiunta la seguente lettera :
" b-ter ) il minore figlio di genitore straniero se fornisce prova della presenza continuativa in Italia da almeno sei anni e della partecipazione ad un ciclo scolastico o di formazione professionale oppure dello svolgimento di regolare attivit� lavorativa, unitamente alla conoscenza adeguata della lingua e della cultura italiana".
L'adulto straniero che chiede la naturalizzazione
Attualmente all'adulto straniero che fa domanda per ottenere la cittadinanza italiana sono richiesti dieci anni di residenza legale in Italia (art.9 lett.f). Il tempo effettivo deve per� considerare anche la durata, almeno biennale, del procedimento: si tratta quindi di un tempo complessivo di almeno dodici anni.
E' richiesta sempre l'attestazione del possesso di redditi, in genere relativi al triennio immediatamente precedente la presentazione della domanda, in una misura che attualmente non � definita n� dalla legge n� dai successivi regolamenti.
Con il DM 22.11.1994 � stato poi introdotta un'ulteriore condizione: lo straniero richiedente deve produrre il "certificato di svincolo".
E' una disposizione ambigua, non contenuta n� nella legge n� nei regolamenti successivi, che introduce il principio di rinuncia necessaria alla cittadinanza di origine e di negazione della doppia cittadinanza che il legislatore aveva intenzionalmente escluso, affermando invece proprio il principio contrario quando all'art.11 della legge aveva previsto che "Il cittadino che possiede, acquista o riacquista una cittadinanza straniera conserva quella italiana".
La proposta di riforma della naturalizzazione � ispirata al principio di una ragionevole riduzione del periodo di regolare presenza il Italia, fissato in sei anni, tenendo conto che il tempo effettivo per ricevere una risposta sull'istanza di naturalizzazione verrebbe cos� a scendere dagli attuali dodici anni a otto, comunque un periodo consistente.
Sei anni costituisce per l'adulto, al pari di quanto gi� osservato per il minore, un indice di stabilit� significativo, maggiore di due anni del periodo richiesto per la naturalizzazione degli stranieri comunitari (art.9 lett.d) e pi� elevato del periodo quinquennale su cui � orientata la normativa comunitaria per il rilascio di titoli di soggiorno per stranieri lungoresidenti.
Tra i requisiti essenziale � la richiesta di conoscenza adeguata della lingua e della cultura italiana, che costituisce un indice significativo della qualit� della presenza dello straniero nel paese e della sua effettiva volont� di progettare il proprio futuro come cittadino.
Per quanto riguarda il possesso dei requisiti reddituali, � opportuno che il parametro di valutazione sia predeterminato legalmente al fine di consentire un accertamento al momento della proposizione della richiesta obiettivo e prevedibile negli esiti. Per questa ragione espressamente la proposta prevede la disponibilit� di un reddito non inferiore all'importo dell'assegno sociale.
La lett.f) del comma primo dell'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992 n.91 � sostituita dalla seguente:
" f ) allo straniero regolarmente presente nel territorio della Repubblica in forma continua ed abituale da almeno sei anni, se dimostra di essere in possesso di un reddito sufficiente al proprio sostentamento, in misura non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale, e di conoscere in maniera adeguata la lingua e la cultura italiana".
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