Intervento
di Marco Impagliazzo, Comunit� di Sant'Egidio
Ringrazio
tutti quelli che hanno aderito a questa marcia: le tante
associazioni, i movimenti e tutti quelli che sono qui.
Siamo molti
di pi� dello scorso anno e questo � un segno molto incoraggiante.
La Giornata Mondiale per la Pace � nata nel 1968. Fu il papa Paolo
VI a volere che il primo giorno dell'anno fosse dedicato alla pace.
Quel papa che qualche tempo prima aveva gridato all'Assemblea Generale dell'ONU: "Mai pi� la guerra!".
Il 1968 � un anno importante anche per la Comunit� di Sant'Egidio.
E' l'anno della nostra nascita e siamo contenti di condividere con
la Chiesa questo inizio della Giornata Mondiale per la Pace.
Oggi per noi essere qui � un segno, significa mettere la pace
all'inizio dell'anno e forse all'inizio di ogni cosa. Ma siamo qui
anche per un impegno, perch� sappiamo che la pace dipende da
ciascuno di noi, che � possibile se ciascuno la vuole, la ama, la
difende, lavora per essa, educa alla pace.
Giovanni Paolo II nel messaggio di quest'anno dice: "La pace �
possibile anzi � doverosa".
S�, siamo qui anche per un
dovere, quello di costruire la pace, perch� la pace vive delle
nostre adesioni, ed � bello che queste adesioni siano
aumentate.
Ma siamo qui anche per una speranza: la speranza che sta nascendo
oggi in 70 paesi del mondo e in pi� di 200 citt� in cui si
svolgono manifestazioni come la nostra. E' un segno di speranza: la pace �
un' idea che noi vorremmo guidasse
il mondo, perch� sono le idee che guidano il mondo e non le guerre.
Andrea Riccardi ha spesso ripetuto giustamente che "La guerra
� madre di ogni povert�". E' vero, lo abbiamo visto, con la
guerra si perde tutto, ci si impoverisce. Molti che sono qui oggi e
provengono da paesi in guerra, lo sanno.
Con la guerra non scompaiono solo gli uomini e le donne, ma anche
l'umanit�, la capacit� di amare, il sogno, gli ideali. La guerra
� veramente - come ha detto Giovanni Paolo II - "una avventura
senza ritorno".
Dobbiamo purtroppo constatare che ancora quest'anno ci sono 37
conflitti aperti nel mondo. Oggi li ricordiamo con i nostri
cartelli. In questi conflitti muoiono per lo pi� civili. Sappiamo
infatti che il 90% delle vittime dei conflitti nel mondo sono
civili.
Vorrei fare solo due esempi: la Colombia - dove quest'anno sono
morte 32.000 persone per omicidi politici - e la Repubblica
Democratica del Congo, dove dal 1997 ad oggi sono morti pi� di 3
milioni di persone per una guerra che � stata definita la guerra
mondiale d'Africa.
Noi siamo qui per ricordare queste tragedie - dimenticate da tanti -
di fronte a cui sembra impossibile fare qualcosa.
Per noi queste
guerre sono delitti contro l'umanit�.
Ognuno di noi oggi vuole vivere il coraggio di liberarsi dalla
violenza, dalla vendetta, dal conflitto e pensare - lo vorremmo dire
all'inizio di quest'anno - pensare l'umanit�, la storia, la
cultura, la politica, lo sviluppo, tutto in funzione della pace.
S�, vogliamo pensare anche la politica in funzione della pace,
perch� il mondo si salvi.
Abbiamo ascoltato lungo quest'anno molti discorsi rassegnati, si �
fatta strada l'idea che la guerra sia il modo per risolvere i
conflitti, si � fatta strada l'idea che ci si debba difendere da tante
minacce, dal terrorismo e quindi che sia necessario anche fare la guerra.
Ma
noi oggi vogliamo dire: difendersi o lavorare per la pace sono
alternativi? Per noi questo non � alternativo, anzi, il lavoro per
la pace � la pi� grande difesa.
E' un lavoro paziente, quotidiano, silenzioso, continuo, convinto.
E' un lavoro di tanta gente. Vorrei ricordare oggi alcune figure di
persone che hanno lavorato e sono morte per la pace quest'anno: Annalena
Tonelli, una volontaria laica che ha lavorato tanti anni per
l'Africa, morta in Somalia. Insieme a lei tutti i missionari e le
missionarie, laici e religiosi, morti quest'anno. Vorrei ricordare i
carabinieri, i militari e i civili morti a Nassiriya in Iraq. Vorrei
ricordare un vescovo, il nunzio Michael Courtney, ucciso proprio
l'altro giorno in Burundi. E vorrei ricordare anche tanti fratelli e
sorelle giovani di Sant'Egidio, morti in questi anni per la guerra,
in Mozambico, in Guatemala e in Burundi. Anche per questi giovani
uccisi a causa della guerra � nato l'impegno di Sant'Egidio per
costruire la pace.
Pace in tutte le Terre dunque, in quelle conosciute e in quelle
dimenticate.
Noi siamo anche portatori di una speranza. Abbiamo visto la pace
realizzarsi in Mozambico e sappiamo che la pace � possibile.
Sappiamo quale novit� la pace rappresenti per i popoli e per le
persone. Pace vuol dire innanzitutto la salvezza della vita umana,
ma anche lo sviluppo. E oggi, il Mozambico � uno dei paesi
dell'Africa dove c'� pi� sviluppo e dove non si muore pi� per la
guerra.
Noi amiamo la pace, vorremmo che si diffondesse e conquistasse tanti
cuori e come ha conquistato i nostri di noi che siamo qui. Vorremmo
che la pace veramente diventasse una affermazione dei popoli.
Ci sono qui, tra noi, tanti bambini. Sono del Movimento del Paese
dell'Arcobaleno. Vorrei salutarli. Noi siamo qui anche per questi
bambini e loro sono qui con noi e per tutti i loro coetanei che
muoiono per la guerra in ogni parte del mondo. Noi per loro, per i
loro coetanei e insieme ci impegniamo a lavorare per la pace tutto
quest'anno, anche nel segno del Natale, che mette al centro della
vita del mondo un bambino, povero e indifeso, che non ha trovato
posto, come Ges�.
E noi oggi, guardando questi bambini, pensiamo a Betlemme e alla
Terra Santa e chiediamo pace per la Terra Santa, chiediamo la fine
di questo conflitto che dura ormai da mezzo secolo e che ha generato
tanti altri conflitti.
Pace in tutte le Terre per tutto l'anno e per il nostro futuro.
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Approfondimenti |
Il messaggio del Papa per la celebrazione della Giornata Mondiale per la Pace 2004
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Il discorso del Papa all'Angelus (ITALIANO) |
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