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"Aiutiamo
gli anziani a vivere nelle proprie case. Aiutiamoli a vivere"
"Trenta
ore per la Vita",
l'evento televisivo destinato a raccogliere fondi per progetti di
solidariet�, quest'anno � dedicato a sostenere l'impegno
della Comunit� di Sant'Egidio in favore degli anziani. |
COMUNITA' DI SANT'EGIDIO
- TRENTA ORE PER LA VITA
Roma, 6
febbraio 2004
INCONTRO CON IL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
Intervento di saluto di Mario
Marazziti,
portavoce della Comunit� di Sant'Egidio
Un'occasione speciale oggi. Per la prima volta
nella nostra storia recente una grande campagna a favore degli anziani vede
riunite le energie dell'associazionismo pi� impegnato e dalla televisione
pubblica nello sforzo di coinvolgere una larga parte dell'opinione pubblica e
favorire un cambiamento nei comportamenti.
Al centro c'� un messaggio che � molto caro alla Comunit� di Sant'Egidio e
che � stato raccolto con convinzione da Trenta Ore per la Vita e da tanti
nostri amici che da tempo sono dalla parte degli anziani. Il messaggio �
molto semplice ed � questo: "A casa � meglio" quando si � avanti
negli anni. Certo, quando la malattia � acuta, quando si hanno bisogno di
cure specialistiche urgenti e intense, il sostegno della sanit� pubblica �
decisivo. Ma � un diritto e una chiave decisiva per la dignit� umana aiutare
chi � anziano, ciascuno di noi, a vivere quanto pi� � possibile dove siamo
sempre vissuti.
Oggi, nel mondo occidentale, in Europa, in Italia, non � cos�. Oggi, quasi
sempre, i giorni pi� difficili, quando siamo pi� deboli, gli ultimi tempi
della nostra vita sono dentro un istituto, una casa di cura per lungodegenti,
spesso da soli. Purtroppo, tante volte, senza l'aiuto necessario e senza
quell'umanit� che rende meno aspra la malattia. La solitudine fa diventare
drammatiche, tante volte, anche condizioni normali di bisogno. E pu� accadere
che un'ondata di caldo in pi�, senza chi ci aiuta a bere, diventi una prova
terribile, come � stata l'ultima estate in Europa e anche in Italia. Lo
sappiamo. Le cifre di quante persone, a causa del caldo, non ce l'hanno fatta
nell'ultima, caldissima estate, sono impressionanti: e sono quasi tutti
anziani, in Francia, Germania, Italia. Almeno quattromila in pi� rispetto
all'anno precedente, nel nostro paese. E' una forma, silenziosa, di barbarie.
Ma si pu� fare molto e possiamo farlo insieme.
Oggi l'antico comandamento "onora il padre e la madre" non � la
norma, in una societ� che esaspera successo, competizione, velocit� e
giovanilismo. Lo stesso dibattito sull'eutanasia, mentre pone l'accento sulla
necessit� di togliere dall'ultima prova il pungiglione del dolore, non fa
altrettanto per affermare il diritto a non essere lasciati alla disperazione e
all'abbandono: � una spia di una societ� che siccome non sa cosa fare della
vecchiaia inclina verso scorciatoie. C'� una eutanasia da abbandono che va
evitata e che non pu� essere un destino, come � stato per tanti anziani la
scorsa estate.
Nel Rapporto sulle Politiche contro la Povert�
e l'Esclusione Sociale della Commissione di Indagine sull'Esclusione Sociale,
per l'anno 2003 emerge come le famiglie sotto la soglia di povert� siano
quelle con un solo reddito e pi� figli, e quelle composte da un solo
componente, prevalentemente anziani. Quando al basso reddito si unisce l'et�
anziana, davvero diventa difficile vivere. Per questo � importante cambiare i
nostri comportamenti e iniziative come queste segnano un momento di svolta se
non diventano episodiche. E' per questo, anche, signor Presidente, che la
ringraziamo per questo incontro e perch� siamo certi che aiuter� con il suo
prestigio e autorevolezza a farne un sentimento condiviso da una fascia sempre
pi� ampia del nostro paese.
Noi crediamo che sia possibile trasformare la
frase: "Tanto � vecchio!" in un'altra: "Proprio perch� �
vecchio", carica di speranza e aspettative di intervento. Se infatti
sappiamo costruire una societ� dove chi � anziano pu� vivere meglio � una
societ� in cui tutti, di certo, viviamo meglio. Dove tutti siamo pi�
ascoltati. Dove tutti siamo meno soli e isolati. Dove tutti possiamo avere
meno paura di diventare vecchi.
Ne eravamo convinti oltre trent'anni fa, quando abbiamo iniziato i primi
servizi di assistenza domiciliare e poi, pian piano, le case protette e le
case-famiglia, dove anche chi � scarsamente autosufficiente, aiutato da
volontari e da personale qualificato pu� vivere, di pi� e meglio. In questi
anni � difficile dire quanti siano gli anziani che hanno vissuto pi� a lungo
e meglio in questo modo. Forse 50 mila. Ma quello che � pi� importante �
che abbiamo con loro capito che davvero si pu� fare molto per fare essere la
vita che si allunga, questa vita che raggiunge con facilit� i novanta e ormai
anche cento anni, quello che �: una benedizione e non una maledizione. E'
l'et� pi� lunga, � l'et� in pi�, e sta a noi farla essere cos�: una
grande chance, una ricchezza per le nostre societ� e non un inconfessato
peso, in un paese che non sa uscire dalla contrapposizione tra futuro dei
giovani e dignit� degli anziani, come mostra a volte il dibattito sulle
pensioni.
A casa � possibile, a casa � meglio. E' una piccola, grande rivoluzione
culturale quella che vogliamo inaugurare con forza con questa prima settimana
assieme alla RAI e a Trenta Ore per la Vita, che ringraziamo di cuore.
Amplieremo l'assistenza domiciliare in Italia, speriamo di contagiare tanti
dalla parte dell'anziano, creeremo il primo centro per monitorare, scoprire e
accompagnare gli anziani in difficolt� nel centro storico di Roma, un modello
che potr� essere replicato in altre citt�. Creeremo un sistema di
informazioni e di accompagnamento per "rimanere a casa propria" da
anziani e imparare a usare le grandi citt� e le loro risorse dalla parte di
chi � avanti negli anni.
Vorremmo dire: anziani, dall'abbandono alla solidariet�. Siamo convinti che
non � impossibile creare una rete di sostegno per chi non � autosufficiente,
per aiutare le famiglie a non soccombere di fronte al bisogno dei propri
genitori e nonni quando non sono pi� autosufficienti. E' una battaglia di
civilt� e il contrario � uno scivolamento in una barbarie dal sapore amaro:
anche perch� non riguarda altri, ma ciascuno di noi, i nostri cari, la
societ� in cui vivranno i nostri figli.
Alcuni anni fa, lanciammo una campagna, allora con un passaparola, che era
nata da una Lettera, la Lettera
di Maria. Dalle sue parole nacque un movimento. Oltre centomila
anziani oggi si sono uniti a quel movimento sotto la dicitura "Viva gli
anziani", in molte citt� e piccoli centri d'Italia e d'Europa. Il
messaggio era molto semplice e molto impegnativo.
Ho quasi settantacinque anni, vivo da sola a casa
mia, la stessa in cui stavo con mio marito, quella che hanno lasciato i miei
due figli quando si sono sposati.
Sono sempre stata fiera della mia autonomia, ma da un po' non � pi� come
prima, soprattutto quando penso al mio futuro. Sono ancora autosufficiente, ma
fino a quando ? Tra me e me m'accorgo che i gesti diventano giorno per giorno
un po' meno disinvolti, anche se mi dicono ancora: "Fossi io come lei
alla sua et� ...". Uscire per la spesa e tenere la casa mi fa una fatica
crescente.
E allora penso: "Quale sar� il mio futuro ?". Quando ero giovane la
risposta era semplice: con tua figlia, col genero, con i nipoti. ma adesso
come si fa, con le case piccole e le famiglie in cui lavorano tutti ? Allora
anche adesso la risposta � semplice: l'istituto.
E' martellante, lo dicono tutti, per� tutti sanno anche, e non lo dicono, che
nessuno vorrebbe lasciare la sua casa per andare a vivere in un istituto.
Non posso credere davvero che sia meglio un comodino, uno spazio angusto, una
vita tutta anonima alla propria casa, dove ogni oggetto, un quadro, una
fotografia, ricordano e riempiono anche una giornata senza tante novit�.
Sento spesso in giro chi dice: "L'abbiamo messo in un bell'istituto, per
il suo bene". Magari sono sinceri, ma loro non ci vivono. Non � neppure
un "male minore", ma necessario.
Ammettiamo pure di non capitare in uno di quei posti da telegiornale, dove gli
fa fatica pure darti l'acqua se hai sete, o ti maltrattano solo perch� si
sentono frustrati del lavoro che fanno.
Per� non credo proprio che sia un istituto la risposta a chi sta un po' male
e, soprattutto sta solo.
Ritrovarsi a vivere all'improvviso con persone estranee, non volute e non
scelte � davvero un modo per vincere la solitudine? So bene come si vive in
istituto. Succede che vuoi riposare e non ci riesci perch� non sopporti il
rumore degli altri, i colpi di tosse, le abitudini diverse dalle tue. Si dice
che da vecchi si diventa esagerati.
Ma non � un'esagerazione immaginarsi che se vuoi leggere c'� chi vuole la
luce spenta o che se vuoi vedere un programma, o se ne guarda un altro o non
� orario.
In un ricovero anche i problemi pi� banali diventano difficili: avere ogni
giorno il giornale, riparare subito gli occhiali quando si rompono, comprare
le cose che ti servono se non puoi uscire.
Capita spesso che ti scambino la biancheria con quella di un'altra dopo la
lavanderia e poi non puoi tenere niente di tuo.
Quello che � peggio - ammesso che il mangiare non sia cattivo - � che non si
pu� decidere quasi niente: quando alzarsi e quando restare a letto, quando
accendere e quando spegnere la luce, quando e cosa mangiare. E poi, quando uno
� pi� anziano (ed � pi� imbarazzato perch� si sente meno bello di una
volta), � costretto ad avere tutto in comune: malattia, debolezze fisiche,
dolore, senza nessuna intimit� e nessun pudore.
C'� che dice che in istituto "hai tutto senza pesare su nessuno".
Ma non � vero. Non si ha tutto e non � l'unico modo per non dare fastidi ai
propri cari.
Un'alternativa ci sarebbe: Poter stare a casa con un po' di assistenza e,
quando si sta peggio o ci si ammala, poter essere aiutati a casa per quel
tempo che serve.
Questo servizio gi� esiste, ma pi� sulla carta che in realt�. Ogni
amministrazione dovrebbe garantire l'assistenza. Siamo in tanti, infatti, che
potremmo rimanere a casa anche soltanto con un piccolo aiuto (un servizio
piccole spese, pagamenti di bollette, un po' di pulizie, eccetera), o con
l'assistenza sanitaria a domicilio (il fisioterapista, il medico,
l'infermiera), come previsto dalla legge italiana.
E non � vero che tutto questo costa troppo. Questi servizi costano tre o
quattro volte meno di un mio eventuale ricovero in una lungodegenza o in
istituto. All'estero mi dicono che � diverso. Qui da noi, invece, succede che
finisci in un istituto e che nemmeno l'hai deciso tu. Non capisco perch� si
rispettano le volont� di un testamento e invece non si viene ascoltati da
vivi se non si vuole andare in istituto.
Ho sentito alla TV che qui in Italia sono state stanziate migliaia e migliaia
di miliardi per costruire nuovi istituti e per realizzare 140.000 posti letto.
Se abitassi in una baracca ne sarei pure contenta. Ma io una casa e un letto,
il mio "posto letto" gi� ce l'ho, non c'� bisogno di creare nuove
cucine per prepararmi il pranzo, potete usare la mia. Non ho bisogno che mi
costruiate una nuova grande sala per vedere la TV, ho gi� la mia televisione
in camera. Il mio bagno funziona ancora bene. La mia casa, semmai, necessita
soltanto di qualche corrimano e maniglia al muro: vi costerebbe molto meno.
Quello che desidero per il mio futuro � la libert� di poter scegliere se
vivere gli ultimi anni della mia vita a casa o in istituto.
Oggi questa libert� non ce l'ho. Usufruire dell'assistenza domiciliare �
molto difficile, quasi impossibile: le domande sono molte e il servizio �
ancora troppo limitato. ma se questa assistenza domiciliare si sviluppasse di
pi� e diventasse per tutti quelli che hanno bisogno, potreste anche fare a
meno di costruire tanti nuovi, costosi istituti. E persino gli ospedali
sarebbero meno affollati.
Per questo, anche se non pi� giovane, voglio ancora far sentire la mia voce e
dire che in istituto non voglio andare e che non lo auguro a nessuno.
Aiutate me e tutti gli anziani a restare a casa e a morire fra le proprie
cose. Forse vivr� di pi�, sicuramente vivr� meglio.
Maria.
Con l'aiuto della RAI, di tutti gli italiani,
assieme a Trenta Ore, alle altre associazioni qui presenti, con il suo aiuto,
tutto questo � possibile, pi� che possibile.
Grazie, Signor Presidente.
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