NO alla Pena di Morte
Campagna Internazionale -  Moratoria 2000

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Un gesto contro la pena di morte durante la cerimonia di apertura dei Giochi. Un gesto che vada oltre il senso solenne e le derivazioni goliardiche di una serata che tutto il mondo seguira'. A chiederlo, dopo gli ultimi sviluppi della vicenda di Rocco Derek Barnabei (la cui esecuzione e' prevista proprio alla vigilia dell'inizio dei Giochi), sono gli azzurri Antonio Rossi ed Eva Giganti. Due campioni con storie personali diversissime tra loro: ma accomunati dal desiderio di dare dai Giochi un messaggio di civilta' e di progresso. Disposti dunque a farsi promotori di un'iniziativa che scuota le coscienze. ''Basterebbe poco, anche un piccolo segnale sulla divisa - spiega il campione olimpico di canoa - per ottenere il grande risultato di sensibilizzare i popoli dei paesi che ancora applicano la pena capitale. A farlo potrebbero essere gli atleti statunitensi, ma non solo loro. E' un problema che deve toccare tutti e l'intero movimento olimpico puo' dire la sua. Indipendentemente dal fatto che Barnabei sia colpevole o innocente. Un uomo non deve poter uccidere per un atto di giustizia un altro uomo: e' sconvolgente. I Giochi sono il posto giusto per farlo, ha ragione il segretario generale dell' Onu Kofi Annan che ha chiesto di rispettare la tregua olimpica: e noi possiamo accogliere il suo appello andando oltre''. Cita un caso, Antonio Rossi: quello di Tommie Smith e John Carlos, che a Messico 68 salirono sul podio innalzando una mano guantata di nero. Fu un messaggio che servi' alla causa della gente di colore, ma costo' loro la squalifica.''Senza arrivare a quei livelli di visibilita' - dice l' azzurro - basterebbe una cosa soft a dare il senso. Che so, io da cattolico magari esibirei un piccolo crocifisso: anche se mi rendo conto che non andrebbe bene per molti altri atleti. Ma quello che conta e' il messaggio, non il mezzo''. Ad Eva Giganti invece la mafia uccise il compagno quattro giorni prima delle nozze. Ha un percorso personale tormentato alle spalle. Ma le conclusioni alle quali arriva sono le stesse di Antonio Rossi. ''So per averlo provato sulla mia pelle che perdonare e' difficile. E' un procedimento complicato anche perche' la persona che viene perdonata spesso torna a commettere gli stessi errori. Ma nessun essere umano puo' dare o togliere la vita. Io sono contraria all'aborto, e' ovvio che sia contraria anche alla pena di morte. Un condannato puo' avere commesso degli errori, ma nessuno ha il diritto di sostituirsi alla natura nel decidere il momento in cui deve finire una vita. Le Olimpiadi hanno un significato di pace, sono un'ottima occasione per contribuire al dibattito su quest'argomento. Gli americani? Certo - conclude - si deve chiedere anche a loro di portare questo segno di pace. Almeno proviamoci''.