Comunità di S.Egidio


12/06/2002
Roma
"Una societ� per tutte le et�. Presenza e diritti degli anziani in Italia"
Si � tenuto a Roma, il 7 giugno, un convegno organizzato dall'Associazione degli ex Parlamentari, con l'alto patronato del Presidente della Repubblica , il convegno "Una societ� per tutte le et�. Presenza e diritti degli anziani in Italia". 
L'intervento del rappresentante della Comunit� di Sant'Egidio.

       

UNA SOCIETA' PER TUTTE LE ETA'
Una nuova qualit� di vita per la non-autosufficienza

Lo "star bene" non dipende solo dall'assenza di malattie. E' un'affermazione vera per tutti, che diventa ancora pi� vera quando si parla di anziani. Oggi, per la prima volta nella storia umana, in vaste zone del mondo l'insieme della popolazione si trova a vivere venti, trenta anni in pi� rispetto a quanto si � vissuto nelle generazioni appena scomparse. E' l'et� in pi�. E' l'et� pi� lunga. E la sfida � trasformare, utilizzare come chance e come benedizione questa vita in pi�. Le nostre societ� avanzate, del Nord e dell'Occidente del mondo, hanno fin qui offerto risposte contraddittorie. Altrettanto vale per i sistemi sanitari e per quello italiano.

L'anziano sembra andare bene finch� ce la fa e quando ha pi� problemi diventa un problema. A quel punto vanno limitati i danni non tanto per lui quanto per il contesto sociale, parenti, vicini, strutture sanitarie. E cos� la spesa, sociale e sanitaria. Per l'ospedalizzazione e le nursing homes in genere, ricerche come Wolinsky e altri mostrano che il rischio di morte � 2,7 volte maggiore che in casa propria. Altri studi, su reti integrate di servizi socio-sanitari che fanno perno nella casa dell'anziano, portano a un contenimento dei costi da due a cinque volte (ricerche su contesti italiani come Roma, Ragusa, o americani: Montana). Anche per questo paesi come Svezia, Danimarca, Olanda, Gran Bretagna, dopo una prima fase ispirata a una prevalenza di soluzioni residenziali (istituti e ospedali), diventata presto economicamente insostenibile e qualitativamente criticabile, sono passati a una fase in cui scoraggiare la costruzione di nuove nursing homes e lungodegenze per potenziare alternative territoriali e abitative, favorendo con incentivi l'integrazione di tutte le reti formali e informali sul territorio. In Italia siamo a met� di questo percorso e anche prima di met�. Le RSA riducono alcuni eccessi di spersonalizzazione delle vecchie lungodegente, ma non sembrano la risposta definitiva ai grandi problemi della non-autosufficienza o parziale non-autosufficienza in contesto urbano.



1992-2002: Un primo bilancio senza dimenticare gli anziani

Il Progetto Obiettivo Anziani (POA) del gennaio 1992 si fondava, con saggezza, sull'idea-guida di un continuum assistenziale, cio� sulla necessit� di costituire una rete di servizi che prendesse in carico l'anziano, ne valutasse le condizioni e le necessit� assistenziali e sanitarie, e fornisse risposte articolate: in tal senso Unit� di Valutazione Geriatria (UVG), servizi domiciliari a diversa intensit� (assistenza domiciliare integrata, ospedalizzazione domiciliare), servizi ospedalieri ambulatoriali, semiresidenziali o residenziali anch'essi a intensit� variabile (divisione per acuti, lungodegenza post-acuzie, Residenze Sanitarie Assistenziali) e, infine, servizi di collegamento e di compensazione variabili (servizi territoriali di reinserimento per anziani post-degenza ospedaliera, Unit� di monitoraggio e sostegno territoriale per le dimissioni protette di ospedalizzazioni incongrue o non necessarie di anziani, ad esempio), tutto questo diventava la verosimile articolazione di un nuovo approccio alle necessit�, in continuo cambiamento, degli anziani nel nostro Paese.

La sofferta vicenda della riorganizzazione del Servizio Sanitario Nazionale (a partire dai ddl 502-517 del 1992) si � intrecciata con lo sforzo di modernizzazione e i risultati in questo campo sono stati variabili e frammentari. Basti pensare all'introduzione del nuovo sistema di pagamento delle prestazioni ospedaliere (il DRG-ROD) dal 1995 in poi, che ha portato, assieme a una riduzione della durata della degenza media, a una riduzione dei ricoveri degli ultra-ottantenni e della mortalit� intra-ospedaliera, in contrasto con quanto ci si sarebbe aspettato in relazione ai dati demografici ed epidemiologici e in presenza di una rete di servizi extra-ospedaliera estremamente rarefatta, ancora, nel nostro Paese.
Le UVG risultano presenti in una sola di 52 province prese in esame nel 1997 (Marazzi, Palombi e altri, 1997). Il dato ha particolare rilevanza ai fini della condizione degli anziani meno autosufficienti. Se si pensa che gi� nel 1984 L.I.Rubinstein dimostrava che soggetti sottoposti a intervalli regolari a una valutazione multidimensionale utilizzata come guida per l'intervento assistenziale godevano di maggiore sopravvivenza rispetto al campione di riferimento. E nel 1995 dimostrava che a tre anni di distanza la mortalit� si era ridotta del 50 per cento e le persone accompagnate mostravano rilevanti, aumentate possibilit� di recupero dell'autosufficienza totale o parziale.

In sintesi, ci troviamo di fronte alla necessit� di una scelta: mettere al centro le necessit� di chi � o diventer� presto non-autosufficiente, per aiutare una nuova qualit� della vita non solo per chi � anziano, ma per le famiglie italiane, sostenute e non lasciate sole a fronteggiare la prova pi� dura, quella che configge con gli stili di vita acquisiti e con risorse limitate. 
E' possibile creare un ombrello di protezione per chi entra nel cono d'ombra della non autosufficienza? La risposta di chi parla �, naturalmente s�, ma mi sento di dire che � una necessit� nazionale e che � e sar� un indice della soglia di civilt� che sapremo conservare. Non penso a un sistema di aiuti a pioggia, ma a reti di interventi modulari che siano in grado di offrire tutti i sostegni necessari per rimanere quanto pi� a lungo a casa propria, nell'ambiente di provenienza, ma sostenuti da una rete a intensit� variabile e a dimensione umana di aiuti sociali e sanitari.



Non autosufficienti e qualit� della vita

Alcuni studi condotti dal gruppo di lavoro Universit� di Tor Vergata-Lumsa, (Marazzi, Palombi, Liotta, Buonomo, Emberti, Scarcella e altri) e valutazioni su tutto il territorio nazionale della Comunit� di Sant'Egidio (Marangoni, Minciacchi e altri) permettono di avere idee pi� precise sul bisogno e sulle risposte possibili. 
Uno studio sull'intera popolazione anziana di Ragusa (con un campione pari a un terzo) ha mostrato che con meno di due milioni di euro si seguirebbero con l'assistenza domiciliare integrata tutti gli anziani bisognosi di sostegno sociale e sanitario. Al contrario, con le risposte tradizionali � e rigide � della case di riposo e delle lungodegenze la spesa sarebbe superiore ai 5 milioni di euro. In questo studio emerge come nel decennio '88-'97 le degenze ospedaliere sono scese in media da 17 a 11,5 giorni: il risparmio � evidente, ma questo per gli anziani si � tradotto in degenze senza guarigione, in degenze ripetute e carenza di cure necessarie. Alla fine, anche assenza di risparmio, per il ripetersi di analisi cliniche e di routine.
La via che emerge � quella di supporti temporanei extra-ospedalieri. Su 800 richieste di ricovero in lungodegenza o casa di riposo in sei casi su 10 � stato possibile costruire un equilibrio che ha permesso di tenere in casa gli anziani, con un innalzamento e non un abbassamento della qualit� della vita, per l'anziano e l'intero gruppo familiare.

A Catanzaro uno studio pubblicato dallo stesso gruppo quest'anno negli Annali di Igiene (14) mostra una quota che va dal 4 al 27 per cento di popolazione anziana totalmente o parzialmente non autosufficiente nelle attivit� della vita quotidiana: dall'uso dei soldi ai lavori domestici, dall'assunzione di una terapia all'uso del telefono e alla spesa o alla preparazione dei pasti. Per essere pi� precisi: sei su 10 non sono in grado di fare il bagno da soli e 14 hanno comunque difficolt�, 3 su 10 non possono vestirsi da soli e pi� di nove fanno fatica. 12 hanno difficolt� di varia intensit� a camminare da soli. Se a questi dati si incrocia la condizione economica, assolutamente critica nel 10% dei casi anche per la spesa quotidiana e non rassicurante per sei persone su 10, si arriva a identificare una seria non autosufficienza economica per un intervistato su 7, che si va ad aggiungere alle altre difficolt� e alla rete pi� o meno rarefatta di rapporti sociali e familiari.
La risposta attuale appare inadeguata anche perch� tuttora "strabica". Il numero dei posti-letto Geriatria a Catanzaro e Provincia � del 4,7 per mille abitanti, pari a 10 volte quelli nella citt� di Roma e a 4 volte quelli di Napoli , Palermo e Firenze. La lista di attesa per una RSA � di circa due anni. I servizi domiciliari appaiono irrisori a fronte del grande impegno in servizi residenziali.
Gli studi sin qui disponibili (Chieti e Ragusa) mostrano che con un servizio di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) si arriva a una riduzione del 23% dei ricoveri, del 128% delle giornate di degenza ospedaliera e, soprattutto, a una diminuzione della mortalit� del 72% in soli tre mesi di follow-up di due gruppi simili per patologia e caratteristiche messi a confronto.

Ancora: a Roma un anziano su cinque ha bisogno di qualcuno che gli prepari i pasti, e 1 su 7 ha chi glieli prepara: significa che un anziano su venti, a Roma, ha questo bisogno ma non ha aiuti in questo campo. Anche per i lavori domestici: 6 su 10 hanno bisogno, 4 lo trovano e due su 10 non lo trovano.
A Roma almeno un anziano su 20 ha bisogno di assistenza domiciliare, secondo le stime della Comunit� di Sant'Egidio. Se si prendono gli standard individuati dal Ministero della Sanit�, sarebbero pi� del doppio, il 12% del totale, gli ultrasessantacinquenni bisognosi di assistenza domiciliare a Roma. Sarebbero quindi 48 mila. Sono appena 3000 quelli assistiti � ancora in maniera non integrata � dal Comune e circa 2600 quelli assistiti e sostenuti dalla Comunit� di Sant'Egidio. 12 mila anziani a Roma non hanno neppure il telefono. Altri hanno difficolt� nell'usarlo. E, � noto, l'assenza di relazioni, la solitudine diventa una variabile drammatica, fino ad essere letale, quando si accompagna ad altre difficolt�: non avere chi accompagni a rifare gli occhiali mette a rischio l'intera percezione e orientamento, fisico e presto mentale, della vita personale, per fare un solo esempio. O non avere chi aiuti a trovare un paio di calzature adatte riduce drasticamente le possibilit� di movimento, le relazioni umane e la qualit� della vita anche in assenza di patologie significative.
In Italia, secondo dati della Presidenza del Consiglio, lo studio Gifa, l'assistenza domiciliare raggiunge meno dell'1 per cento della popolazione anziana, tra assistenza infermieristica e aiuto domestico. In Germania siamo invece al 17 per cento di aiuto domestico e al 12% di assistenza infermieristica. Siamo, nel nostro Paese, a 5 volte meno che in Belgio, 6 meno della Francia, 11 meno dell'Olanda.

Al contrario, passa di qui l'inversione di tendenza: a casa � meglio. E poi: case e famiglie, anziani sostenuti per stare e restare in casa. 
Quando la Comunit� di Sant'Egidio ha lanciato una proposta: "Restare in casa propria e non finire in istituto", la cosiddetta "Lettera di Maria", ha ricevuto nel giro di pochi mesi oltre 100 mila firme, lettere e adesioni al nuovo movimento "Viva gli Anziani": tutte persone che si sono sentite comprese in un problema e un terrore di fondo, quello di morire male e di vivere male le ultime fasi di vita, sradicati da tutto e da tutti. E' una battaglia di civilt� e una conquista dell'intelligenza: c'� un grande spreco umano e c'� una sofferenza non necessaria che si accompagna alla non-autosufficienza.



Fantasia al servizio della dignit� umana

Ma vediamo anche casi concreti, di difficile soluzione, dall'esperienza della Comunit� di Sant'Egidio.
Come si fa quando un'anziana ultraottantenne pesa 170 chili, non ha niente di particolare, la pensione sociale, non pu� alzarsi dal letto da sola? In casa di riposo nessuno la vuole, e costerebbe oltre 2.300 euro al mese, comunque. Molto di pi� in una lungodegenza. In ospedale qualche giorno e poi sarebbe dimessa nella stessa situazione di prima. Con i 400 euro dell'indennit� di accompagnamento si pagano 2 assistenti domiciliari la mattina, per alzarsi dal letto, per un'ora. Una � pagata per un'ora, a pranzo. Il pomeriggio e la domenica ci sono i turni di volontari di Sant'Egidio. Una vicina si aggiunge, la sera, per preparare la cena e con l'aiuto del volontario prima che vada via, per metterla a letto. Altri 250 euro. Si va avanti cos� da anni, lei � un'anziana colta, ha vissuto a Parigi per parte della vita, si interessa di tutto.
In Italia circa 10 mila persone vivono cos�, invece di morire cos� e Sant'Egidio rappresenta quello che si chiamerebbe il case manager, il coordinatore dei servizi, quelle che inventa l'integrazione personalizzata di reti formali e informali.
Nelle case?famiglia di Roma, di Genova, l'et� media � di 87 anni, e a parit� di patologie, negli ultimi dieci anni, rispetto a persone in case di riposo o in lungodegenze, la durata della vita dopo l'ingresso � pi� che triplicata, senza parlare della qualit� della vita che accompagna gli ultimi, molti anni. Il costo � enormemente inferiore a una lungodegenza e paragonabile (se si quotasse il lavoro volontario) a quello di una casa di riposo, ma con risultati incomparabilmente diversi. Sono tutte nel centro storico, sono tutte case?case, solo pi� belle, pi� funzionali; tutti possono avere i loro quadri. le proprie cose, hanno la loro stanza e gli spazi comuni, in miscele diverse, personalizzate; tutti mantengono ? e vengono aiutati a mantenere se non ce la fanno da soli ? rapporti con l'ambiente esterno, con conoscenti e amici se ne hanno, tutti sono sostenuti anche dal punto di vista sanitario, anche in crisi acute, da specialisti, in un'interazione con le strutture ospedaliere e sanitarie territoriali.
A Monteverde, a Roma, una di queste case?famiglia per anziani per lo pi� non autosufficienti, occupa un piano di un villino a pi� piani, con giardino. Nel resto dello stabile ci sono tredici mini appartamenti ? come case protette ? per anziani ancora autosufficienti, ma con qualche rischio in pi� legato al fattore solitudine. Questi anziani mantengono la loro vita, ma l'assistenza 24 ore su 24 per la casa?famiglia e alcuni servizi centralizzati, come quello di lavanderia, di sicurezza, permettono loro di vivere sotto un ombrello di protezione indispensabile di fronte a piccole crisi, malattie temporanee, peggioramenti. Quanto, tutto questo, ha sgravato sistema sanitario e il sistema di sicurezza sociale di interventi come degenze ospedaliere incongrue, indennit� di accompagnamento, etc.? A Roma � l'unica esperienza, e non gode di finanziamenti pubblici ad eccezione di una parziale copertura delle spese per la casa?famiglia. Ma mi sembra un modello che pu�, essere allargato positivamente, in citt� con forte invecchiamento della popolazione a molti anziani proprietari di case che vivono soli, anche gelosi della propria autonomia.
La solitudine, si sa, � una "superpatologia" in pi�. Non esistono dati, ma c'� da chiedersi se non si debba studiarla non solo come concausa, ma come "causa", in certo senso, di una morte che arriva troppo presto. Contro questa madre di tante patologie, in molte citt� d'Italia, sono state inventate convivenze tra anziani: tu hai la casa, io ho una pensione migliore, in due possiamo stare meglio che da soli. 
Il 40% degli anziani seguiti da Sant'Egidio, in una settimana avevano meno di un contatto umano rilevante. Il 15% degli anziani non ha il telefono. 
Telefoni ricaricabili per anziani: una lira in pi� per ogni telefonata per poter fornire gli anziani di telefoni con plafond prepagato di 15 euro al mese e essere in contatto con il mondo. 
Convivenze accompagnate, assistite. 
Anche qui o tutto � a misura delle persone, della loro storia, o non funziona. O c'� una fase di collaudo, accompagnata, o si costituisce una rete di piccoli servizi, intorno e dentro la casa, o non regge, o muore e si muore presto. Tutto questo � in genere senza aggravi per il sistema sanitario e sociale. O basta/basterebbe un aiuto per ristrutturare, ripulire l'abitazione, o l'indennit� di accompagnamento per una delle persone e far quadrare il bilancio con un assistente domiciliare. 
Quanto costa il contrario in termini economici e soprattutto di sconfitta della dignit� umana?
Investire in dignit� umana, non sradicare, costruire reti di assistenza domiciliare integrata, percorsi a diversa intensit� di sostegno sociale e sanitario che metta al centro l'anziano e il suo bisogno e non la sopravvivenza del sistema sanitario e sociale cos� come l'abbiamo conosciuto, � un guadagno per tutti.



In conclusione

Ma come si fa a far quadrare questo cerchio che sembra troppo complicato far quadrare? Come si fa con risorse non infinite e, diciamolo pure, limitate, fare fronte a un bisogno che aumenta di vastit� e di intensit�?
Il problema risorse � serio, ma una inversione della logica di spesa, privilegiando in maniera radicale i servizi integrati sul territorio, come abbiamo visto, porta alla fine a risparmi veri e a miglioramento della qualit� della vita. Occorre fare questo sforzo di riconversione con rispetto per tutti i soggetti, ma con decisione e con urgenza: senza perdere di vista l'interesse degli anziani e quindi dell'intera societ�. Non sembra impossibile nemmeno applicarsi ai ricoveri incongrui in casa di riposo o RSA per i casi di patologie non completamente invalidanti e di presenza, ad esempio, della risorsa abitazione dell'anziano: ma senza scaricare sulle famiglie da sole o sull'anziano da solo il problema, ma creando una rete intelligente di servizi e di rapporto tra servizi diversi, come pure tra volontariato e servizi pubblici.
Non sembra neppure impossibile creare un Fondo nazionale o Fondi Regionali e Locali per non-autosufficienti, con un sistema misto di contribuzione, volontaria e pubblica, tale da poter attivare dispositivi misti di sostegno quando se ne dia la necessit�. Sono certo che gli stessi fondi pensionistici potrebbero vedere nuove forme di contribuzione, con erogazioni meno indifferenziate. Penso che in molti rinuncerebbero a una quota relativa di pensione per avere la garanzia di un sostegno vero in caso di non autosufficienza.
Fondi locali, con riequilibrio nazionale, potrebbe essere un'altra via. E' un fenomeno nuovo nella nostra societ�, l'et� pi� lunga, e richiede risposte nuove. E' una nuova emergenza, � davvero democratica perch� coinvolge tutti i ceti sociali anche se con durezza non uniforme. Un Fondo per Anziani non Autosufficienti, insomma, da garantire per via contributiva o impositiva ovvero assicurativa, o mista. Una estensione cio� della protezione previdenziale alla copertura dei costi straordinari di grandi rischi o normale processo di non-autosufficienza progressiva, per quel milione di persone che in Italia hanno bisogno di cure diverse e di assistenza continuativa sociale sanitaria, senza che questo debba voler dire: ospedale. Gi� si spendono 4 milioni di euro per le indennit� di accompagnamento, slegate dal resto, per�, o quasi 3 milioni per l'assistenza domiciliare (ancora davvero poco) e le case di riposo: ma sono punti di partenza.
Penso che anche di qua passi un modello di convivenza, "a perdere"o "a vivere", ovvero la capacit� di stare in questo Terzo Millennio mettendo a frutto le enormi chance di questa et� in pi�.

Mario Marazziti