Comunità di S.Egidio


 

30/08/1997


I sessantottini di Wojtila
Orizzonti: parla Andrea Riccardi

 

Un ex sessantottino che oggi si trova spesso a tu per tu con il Papa, oppure viene chiamato dal cardinale Camillo Ruini a parlare agli stati generali della Chiesa italiana, ne ha indubbiamente fatta di strada. E' il caso di Andrea Riccardi, leader carismatico della Comunita' di Sant'Egidio. Eppure per lui non c'e' contraddizione tra i due momenti.

�Sono periodi diversi della nostra storia. Il Sessantotto e' stata l'infanzia, la giovinezza di Sant'Egidio. Oggi siamo nella fase della maturita'. Pero' restiamo sempre noi stessi, solo un po' piu' vecchi. Ma forse anche un po' piu' saggi�.

E il Sessantotto ve lo siete lasciato alle spalle?
Anche volendo non potremmo. Il Sessantotto ha significato anche la fine del dopoguerra. La ricostruzione era ormai conclusa, c'era un benessere diffuso. Si guardava un po' piu' in la' della risposta ai bisogni immediati. Inoltre in tutto il mondo i giovani esprimevano la loro voglia di protagonismo. Poi c'era la spinta del Concilio vaticano secondo, conclusosi tre anni prima con quelle affermazioni: "la Chiesa siamo noi", "la Chiesa � il popolo di Dio", il discorso sui poveri. Le spinte dei movimenti della societa' civile si incrociavano con quelli della Chiesa. In questo clima e' nato Sant'Egidio.

A quell'epoca c'erano vescovi e parroci che vi guardavano male per la vostra mania di leggere la Bibbia e di far partecipare ai vostri incontri teologi valdesi o protestanti. Dica la verita', eravate un po' eretici?
Ma no. Siamo cresciuti nella tradizione della Chiesa di Roma, mantenendoci aperti al confronto con le altre tradizioni cristiane. In questo c'e' il senso ecumenico del post Concilio.

Un clima che pero' e' molto diverso da quello attuale, anche come pontificato. Giovanni Paolo II non e' certo Paolo VI, non crede?
Giovanni Paolo II e' il papa della maturita' di Sant'Egidio. Quello che abbiamo incontrato in un momento di crescita. E' una grande personalita' del nostro tempo. E' il papa che ha detto ai cattolici "non abbiate paura". Si muove pienamente nello spirito diverso dai suoi predecessori, ma come potrebbe essere altrimenti, viene dall'Est, dalla battaglia contro il comunismo. In lui c'e' rottura e continuit�.

In questi anni quindi siete cambiati anche voi?
Il primo periodo e' stato caratterizzato da un impegno caldo. Un'esperienza vissuta molto nella citta'. Poi, con la maturita', e' venuta l'apertura al mondo. L'impegno per la pace, il dialogo interreligioso. Il confronto tra mondi diversi. Vede, dopo l'incontro di Assisi voluto dal Papa nel 1986, noi abbiamo proseguito l'esperienza delle giornate di preghiera con le altre religioni. Per� gi� da prima c'eravamo avviati al confronto con la Chiesa ortodossa russa, impegnandoci nella difesa delle liberta' civili e religiose. In questo senso siamo stati vicini all'esperienza di Gorbaciov. Anzi, posso raccontare un piccolo segreto?

Prego.
Per alcuni mesi siamo stati consultati assiduamente da Valentin Zagladin e altri esponenti gorbacioviani che preparavano l'incontro tra il loro leader e il Papa. E il Vaticano era contento.

Quando vi siete impegnati per la pace in Mozambico, tutti vi hanno riempito di lodi. Quando vi siete occupati dell'Algeria, pero', vi sono piovute addosso soprattutto critiche. Come mai?
Il nostro e' stato soprattutto un atto di denuncia. Davanti alla strage, di fronte al silenzio francese, italiano, europeo, occidentale, abbiamo detto: "Qui bisogna trattare. C'e' gente che vuole farlo, diamogli voce. Chiediamo al governo di aprire il confronto". Ora, due anni dopo, il governo libera Madani per trattare con i fondamentalisti. Tra i critici c'era anche la segreteria di Stato vaticana e la conferenza episcopale algerina. Nessuno di noi e' infallibile e la Chiesa e' un grande corpo.

Ha qualche rimprovero da farsi?
Ho un rimpianto. Che il dialogo non sia andato avanti.

E ora che il governo cambia atteggiamento pensate di intervenire di nuovo?
Non abbiamo l'ossessione di essere presenti per forza.

Pero' avete anche deciso di creare la Fondazione Sant'Egidio per la pace.
Se e' per quello nel 1972 abbiamo anche creato l'Acap, l'Associazione cultura e assistenza popolare per coordinare i servizi sociali. Sono strutture di servizio. Alcune hanno funzionato, altre no.

Ci sono altri movimenti cattolici che in questi anni sono cresciuti tantissimo, i focolarini, i neocatecumenali. Per loro la spiritualita' e' tutto. E per voi?
Siamo credenti e pensiamo che le scritture, la preghiera, siano elementi fondamentali per la nostra vita personale e per la comunita'. Una forte spiritualita' da' all'impegno una grande qualita' umana. di massa.

Hanno centinaia di migliaia di aderenti. Voi siete 15 mila in tutto il mondo. Come mai? Preferite restare in pochi?
Ognuno ha la sua strada. Noi siamo cresciuti cosi', la nostra identita' e' questa: non siamo ne' una piccola comunita', ne' un grande movimento. Abbiamo diverse componenti, siamo presenti nelle periferie delle grandi citta', a Roma, in Italia, ma anche nel mondo. Certo non siamo milioni, ma non cerchiamo neanche di esserlo. Cosa devo rispondere? E' cosi'. Semplicemente.

Non e' un po' strano che tutti parlino bene di voi, dal Cardinal Ruini all'arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini?
Innanzitutto c'e' da premettere che il nostro rapporto con i vescovi non segue logiche di schieramento. E' un bene che nella Chiesa ci siano sensibilita' diverse. Ruini e' il vicario di Roma, il nostro vescovo, e quindi e' piu' a contatto con la nostra esperienza. Con Martini il rapporto e' di antica data e molto stretto. E l'amicizia non e' chiedere, ma dare.

Lei e' stato relatore al convegno ecclesiale di Palermo. Li', per la prima volta, la Chiesa italiana ha deciso di confrontarsi con la politica senza la mediazione di un partito cattolico. Condivide?
Si'. La sensazione che mi sono portato via da Palermo e' che in questo paese, cosi' sfasciato, con la crisi dei partiti, c'e' sempre un grande bacino, pur con tutte le sue differenze: il mondo cristiano impegnato per gli altri. E' una ricchezza a disposizione del paese, una riserva di idee, di esperienze. Certo, Palermo c'e' stata perche' non c'e' piu' la Dc e nemmeno il vecchio sistema dei partiti. La Chiesa e' anche in una condizione di maggiore solitudine. Ma per la Chiesa questo e' un problema o un'opportunita'? La Dc ha avuto un ruolo importante nella storia italiana della ricostruzione. Oggi pero' direi che la scomparsa di un partito cattolico e' un'opportunita'.

La sua origine personale e familiare non e' democristiana. E' un ex sessantottino come tanti "vecchi" di Sant'Egidio. Altri ex sessantottini oggi sono al governo. Che giudizio da' di questa sinistra, ormai al potere?
Mi sembra molto cambiata. L'elemento piu' positivo mi sembra il fatto che le utopie o le visioni ideologiche siano sganciate dai temi del governo. E questo ha secolarizzato tutta la politica. Prima l'adesione ai partiti era quasi una scelta religiosa. Resta pero' il problema del progetto, di una grande visione del futuro. Cosa vuol dire pensarsi nel mondo, pensarsi nel futuro? E' il limite di un vantaggio.

Antonio Satta