Il 21 e 22 novembre 1994 si tiene a Roma, nella sede della Comunit� di S. Egidio, a Trastevere, il primo dei due Colloqui sull�Algeria che molto hanno influito sulla vicenda politica di questo travagliato paese nordafricano negli ultimi anni. Pi� di 250 giornalisti accreditati, provenienti da ogni parte del mondo, assistono alla riunione dei maggiori leader della politica algerina, che non si incontravano da tempo. L�attenzione della stampa internazionale � il segno dell�interesse per questo paese. L�Algeria, infatti, da molto tempo fa notizia soprattutto per la triste contabilit� di morti e di attentati. Attorno alla riunione di Roma l�attenzione � forte: dalle cancellerie dei pi� importanti paesi occidentali, alla stampa, agli esperti di questioni internazionali c�� un grande interesse per l�iniziativa. La Comunit�, che � una realt� ecclesiale, � anche un�organizzazione non governativa che ha sviluppato, a partire dagli anni Ottanta, una serie di iniziative di carattere umanitario e per la prevenzione dei conflitti. Il fatto pi� noto a questo livello � il negoziato di pace del Mozambico, promosso e portato a termine dopo due anni e mezzo di estenuanti trattative da alcuni membri della stessa Comunit�, divenuti mediatori ufficiali. Si tratta di Andrea Riccardi e Matteo Zuppi che vengono poi affiancati da due altre figure di mediatori: un vescovo mozambicano e un uomo politico italiano (a nome del nostro governo). Accanto ai quattro mediatori, si accreditano gli osservatori dei governi americano, francese, portoghese, britannico e dell�Onu. Le conversazioni si svolgono a S. Egidio, nel cuore di Trastevere.
La firma degli accordi di pace avviene il 4 ottobre 1992. Gli esponenti del governo mozambicano (fino ad allora vigeva il regime del partito unico, il Frelimo) e della guerriglia, denominata Renamo, firmando l�accordo di S. Egidio mettono fine a una guerra, costata al paese pi� di un milione di morti e oltre due milioni di rifugiati, che dal 1975 al 1992 ha distrutto il paese dell�Africa sudorientale. Nel negoziato esistono due attori principali, il governo e la guerriglia che hanno per� dietro di loro forze internazionali molto diverse. Mettere insieme queste due parti, costruire un clima di fiducia tra i due interlocutori � sembrata fin dall�inizio la condizione essenziale per iniziare qualsiasi tipo di trattativa.
Il caso dell�Algeria � differente. I promotori del Colloquio, infatti, non hanno, fin dall�inizio, l�intenzione di creare un tavolo negoziale, anche perch� oltre al governo (in Algeria � definito il "potere") le forze che si oppongono alla sua politica sono cos� diverse, con forme di lotta politica talmente distanti l�una dall�altra che � difficile, almeno inizialmente, pensare alla costituzione di un tavolo negoziale tra due parti. Si va dai partiti politici laici come una parte dell�antico partito unico, l�Fln e la formazione politica da sempre all�opposizione, il Fronte delle forze socialiste guidato dal cabilo Ait Ahmed; ai partiti di origine islamica quali il Fronte islamico di salvezza (Fis), vincitore del primo turno delle elezioni legislative del dicembre 1991, poi annullate da un colpo di stato militare nel gennaio 1992, e a quelli islamisti pi� moderati come Hamas guidato da Mahfoud Nahna ed Ennahda guidato da Abdellah Djabbalah. Ci sono poi forze di ispirazione marxista come il partito Ettahadi e di ispirazione troskhista come il Partito dei Lavoratori (PT) con a capo una donna amata anche dai fondamentalisti, Louisa Hannoune.
Per non contare le svariate forze sociali che sono espressione della vitale societ� civile algerina: associazioni femminili, sindacali, dei diritti dell�uomo, rappresentanti della stampa. Si tratta, insomma, di un arcipelago di formazioni politiche, di associazioni, di personalit� che si oppongono al "potere" algerino, ma che hanno difficilmente punti in comune e, quello che � pi� grave, non hanno la possibilit� di incontrarsi liberamente in patria per discutere. Per queste ragioni la Comunit� di S. Egidio non ha intenzione di creare un tavolo negoziale, ma soltanto di offrire uno spazio nel quale "responsabili algerini � cos� recita la lettera di invito al Colloquio � di diverse sensibilit� e dei pi� importanti partiti politici presentino le loro idee sull�evoluzione del paese, portando contributi sulle soluzione possibili". La lettera di invito ai partecipanti precisa le caratteristiche della riunione: "Non si tratter� dunque di un dialogo che peraltro dovr� tenersi tra algerini in Algeria, ma di un dibattito libero e autentico basato sull�esposizione dei punti di vista politici di ogni partecipante". L�invito � cos� indirizzato ai maggiori esponenti del mondo politico, compreso naturalmente il governo. Ma come matura l�iniziativa di S. Egidio? Nel settembre 1994 ad Assisi, durante l�ottavo incontro dei leader delle grandi religioni per la pace organizzato dalla Comunit�, alcuni responsabili religiosi islamici posero la seguente questione: "perch� i cristiani, che si mobilitano spesso in difesa dei diritti dell�uomo, si bloccano quando sono di fronte a un paese musulmano?".
Le poche notizie che giungevano dall�Algeria descrivevano una realt� drammatica. Una terribile sequenza di stragi e attentati provocati dalle ali militari dei fondamentalisti islamici cui il "potere" rispondeva con una violenta repressione nell�esplicito intento di sradicare, con tutti i mezzi, il terrorismo e i suoi sostenitori politici. La sanguinosa lotta tra terrorismo e repressione aveva fatto registrare, nel periodo tra il gennaio 1992 e l�autunno del 1994, l�impressionante cifra di trentamila morti. Tra questi anche alcuni religiosi cattolici uccisi, sembra, dal gruppo pi� estremista, il Gia, l�8 maggio del 1994, mentre lavoravano nella biblioteca diocesana della Casbah di Algeri. A pochi giorni dal Colloquio, il 23 ottobre, due suore vengono uccise nel popolare quartiere della capitale algerina, Bab el Oued.
Il legame della Comunit� di S. Egidio con l�Algeria � da tempo profondo. Dal 1984 ogni anno gruppi di giovani di S. Egidio si recavano nel paese magrebino nel quadro di incontri e scambi di carattere interreligioso e di collaborazione tra giovani delle due sponde del Mediterraneo. In quel paese la Chiesa � segnata dall�esperienza della guerra di liberazione in cui, grazie alla guida del suo arcivescovo, il cardinal Duval, ha coltivato l�idea di una possibile coabitazione tra musulmani, cristiani ed ebrei. Durante il conflitto, Duval non solo non ha preso posizione per l�Alg�rie fran�aise, ma ha condannato per primo la tortura inflitta contro i membri dell�Fln. Per questo si era attirato l�ostilit� di buona parte degli europei d�Algeria, i cosiddetti pied-noirs. Il card. Duval, polemicamente soprannominato "Mohammed", era convinto di dover salvaguardare il rapporto con la maggioranza musulmana. Cos� � maturata l�esperienza della "Chiesa in terra d�Islam" che ha influenzato la riflessione sul rapporto tra cristianesimo e islam elaborata negli anni Ottanta da S. Egidio. L�Algeria � stata una scuola di dialogo per la Comunit�. A questo proposito vanno menzionati i monaci di Notre Dame de l�Atlas, alcuni dei quali sono stati tragicamente uccisi nel maggio del 1996, dopo due mesi di rapimento, per mano � ma le circostanze sono ancora tutte da verificare � dei Gruppi Islamici Armati (Gia). Gli anni Ottanta in Algeria corrispondono al periodo di grande fermento che attraversa tutto il mondo islamico.
Sono anni in cui emerge sempre pi� chiaramente la crisi dell�islam tradizionale, incapace di riempire il vuoto lasciato dalle ideologie nazionaliste e socialiste. Stimolata da esempi esterni ma anche con caratteristiche e peculiarit� proprie, � sorta una forma di islam politico, in seguito coagulata nel Fis. In Algeria, come anche in altri paesi arabi, fra le giovani generazioni si sviluppa quel movimento che trova nell�islam radicale un quadro di riferimenti politici attraverso cui esprimere la delusione per la crisi economica e la corruzione, ma pure la critica nei confronti di modelli politici e socio economici importati dall�Occidente e irraggiungibili dalla maggioranza. Le giovani generazioni riscoprono nel patrimonio islamico motivi di identit� e di lotta contro lo Stato, considerato "onnivoro e corrotto". Queste considerazioni spiegano � almeno in parte � l�inatteso successo del partito islamico in Algeria nelle prime elezioni legislative libere e democratiche della storia di questo paese.
In Occidente si comincia a parlare � considerando anche la forza dei movimenti islamici in altri paesi del Medio Oriente � di "internazionale estremista islamica" cui si attribuisce una strategia terroristica contro le democrazie occidentali.
Ci si avvicina a un inevitabile conflitto? � quel Clash of civilizations, di cui ha scritto Samuel Huntington? Sembra che di fronte all�islamismo non ci sia altra possibilit� che una strategia s�curitaire, cio� repressiva, per garantire la sicurezza dell�Occidente.
� uno dei motivi che spiega il generale consenso ottenuto dai militari algerini nel momento in cui hanno interrotto il processo elettorale che avrebbe portato il Fis alla vittoria. Si potrebbe obiettare che per l�Occidente il rischio pi� grande consiste invece nella costituzione di zone "somalizzate", guidate cio� da forze oscure incontrollabili e difficilmente incanalabili in una prospettiva democratica, alle porte di casa. L�Algeria alla fine del 1994 si avvia a rappresentare un esempio di tale evoluzione.
L�iniziativa di radunare a Roma le forze politiche e sociali pi� rappresentative d�Algeria incontra immediatamente reazioni favorevoli da parte degli interessati. l�idea � in effetti giunta al momento opportuno: tra agosto e ottobre del �94 � fallito l�ultimo tentativo di dialogo nazionale ad Algeri e i partiti stanno riflettendo su come uscire dell�impasse. L�approccio della Comunit� che esclude una soluzione armata del conflitto e spinge verso il dialogo i protagonisti della crisi, trova subito un terreno favorevole. Ma ci sono alcune difficolt�: � possibile anzitutto che gli algerini si incontrino attorno a uno stesso tavolo? Occorre tener presente il clima di profonda e, in alcuni casi, antica diffidenza esistente tra i protagonisti.
Solo la parola "dialogo" pone gi� un problema. All�inizio sembra pi� semplice pensare a incontri bilaterali. Quello che appare pi� difficile � accettarsi reciprocamente come interlocutori. Si pensi soltanto all�antica polemica tra Ben Bella, primo presidente della nuova Algeria e il leader dell�Ffs, Ait Ahmed, che aveva portato in passato alla condanna a morte di quest�ultimo da parte del presidente. I due non si incontravano da anni.
L�altra difficolt�, forse la pi� spinosa, � quella del Fis. Il partito islamista, pur essendo il virtuale vincitore del primo turno delle elezioni legislative del dicembre 1991, � stato disciolto dal potere. Una parte dei militanti del Fis � confluita nella nebulosa dei gruppi armati, molti altri hanno nascosto la loro precedente appartenenza. La scelta dei promotori � quella di invitare a Roma i maggiori responsabili dei partiti e delle organizzazioni rappresentative. L�inclusione del Fis � ovvia; il problema � chi rappresenter� il partito a Roma visto che, all�epoca, i due leader storici Abbasi Madani e Ali Belhadj sono in carcere. Dopo opportuni contatti con il massimo dirigente islamista ancora in libert� ma impedito di uscire dal paese, Guemmazi, gi� sindaco di Algeri, si decide di invitare a Roma qualcuno dei responsabili del Fis in esilio.
La presenza del Fis sar� elemento determinante per motivare il rifiuto di alcuni partiti laici di partecipare alla riunione di Roma. D�altra parte il fatto che il partito islamista sieda al tavolo con le altre forze politiche, rappresenter� l�elemento di novit� pi� rilevante nella vita politica del paese a partire dall�annullamento del processo elettorale del 1991.
Il governo algerino da parte sua non ritiene di dover rispondere in nessun modo all�invito della Comunit� e soltanto alla vigilia del Colloquio invier� l�ambasciatore a Roma per protestare contro quella che considera un�ingerenza negli affari interni del paese.
Il Colloquio si apre nei locali della Comunit� il 21 novembre 1994, alla presenza di un folto gruppo di esperti, rappresentanti di paesi occidentali, politici e giornalisti di tutto il mondo. L�interesse per l�avvenimento � notevole; squarcia il velo di silenzio steso sulla crisi algerina. L�iniziativa, viene specificato all�inizio, non � governativa, ma certamente pubblica. Ritrovarsi tra algerini non � in contraddizione con un incontro all�estero: ad Algeri non c�� la possibilit� di un simile colloquio. Gli algerini rispondono poi ad un�obiezione insidiosa che viene dai loro detrattori: perch� dei musulmani si riuniscono in un ambiente cristiano? La risposta viene da Ben Bella:"Ci viene detto che abbiamo sbagliato a cercare questo spazio pensato e creato da un�organizzazione cattolica. Questo rimprovero non ci tocca. � giusto � prosegue l�ex presidente � che noi cerchiamo le vie e i modi di un dialogo molto pi� largo di quello che � fallito in Algeria". A un livello pi� religioso � la via d�uscita offerta dai leader del Fis in carcere, Madani e Belhadj, i quali fondandosi sulla tradizione religiosa musulmana, inviano ai partecipanti una fatwa, una sentenza religiosa islamica, in cui li liberano totalmente dall�accusa.
Il problema che si pongono tutti i partecipanti � come uscire dalla terribile spirale violenza-repressione che ha portato il paese sull�orlo dell�abisso e ha fino ad allora portato alla morte pi� di trentamila persone.
La discussione, di alto interesse politico, prosegue per due giorni senza produrre un esplicito documento: � troppo presto dopo tanti anni di reciproca diffidenza. Tuttavia si raggiunger� il risultato di creare un clima nuovo tra le forze politiche, costruttivo, da maggiore fiducia e soprattutto si firmer� una carta in cui si chiede alla Comunit� di S. Egidio di facilitare nuovi incontri tra algerini in vista di una soluzione politica e pacifica della crisi. Il Colloquio ha una forte ripercussione in Algeria. Il "potere" scatena letteralmente i mezzi di informazione e provoca una tempesta mediatica contro S. Egidio e i partecipanti all�incontro romano. Un "non avvenimento" � la definizione del portavoce di Algeri. La reazione dei quotidiani � scomposta, del tutto sproporzionata ai reali avvenimenti e con accenti antireligiosi e anticlericali. Gli attacchi sono pesanti: si parla di ingerenza, di tradimento, attentato alla sovranit� nazionale. Al contrario negli ambienti popolari algerini si nota una reazione di speranza e di fiducia nell�incontro di S. Egidio che rappresenta, per la gente, uno spiraglio di pace in tanta violenza. Alcune mani anonime, sfidando le forze di sicurezza, arrivano a scrivere sulle mura di Algeri: Viva la pace, Viva Roma, Viva S. Egidio. � un piccolo segno, ma significativo, della speranza del popolo algerino di uscire dall�abisso.
Dalla violenza nessuno pu� uscire vittorioso. Il basilare obiettivo nonostante le accuse del "potere" � raggiunto: oltre la polemica e lo sterile scontro verbale, si � riusciti a parlare di pace in Algeria. Il Colloquio segna l�inizio di un apprendistato politico per i dirigenti del Fis: la sfida, infatti, � come far uscire il movimento islamista da una logica di "partito armato". A Roma il Fis � inserito in un quadro di dibattito comune con forze democratiche ed � lontano dalla logica armata. Lo rilevano le personalit� presenti a Roma, lo confermano le dichiarazioni sulla stampa internazionale di responsabili politici europei e mondiali. Il consenso attorno all�iniziativa cresce di giorno in giorno, anche nelle vie e nelle moschee di Algeri. Resta il problema di come coinvolgere il regime. Tutti i leader sono convinti del ruolo dell�esercito algerino nel garantire l�unit� nazionale.
Nelle settimane successive al Colloquio, i partiti politici dell�opposizione nata a Roma tentano di mettere in moto il dialogo. Ci� non � possibile all�interno del paese. La campagna di stampa orchestrata dal regime, le reazioni ufficiali del governo, gli attacchi ripetuti, la mancanza di garanzie di sicurezza minime, spingono le forze venute a Roma a interrogarsi sull�apertura di un vero negoziato. Intanto la situazione in Algeria precipita: il conto dei morti sale all�incredibile cifra di 800 a settimana. Nel dicembre del 1994, poi, durante le vacanze natalizie, attraverso le televisioni di tutto il mondo giungono a milioni di persone le terribili immagini del dirottamento di un aereo francese ad Algeri da parte di terroristi del Gia. � una sfida senza precedenti all�Algeria e alla Francia: sull�aereo dell�Air France i 238 passeggeri diventano ostaggi del gruppo per alcuni giorni.
L�obiettivo del Gia � sfidare l�antica potenza coloniale e umiliare l�Algeria, dimostrando che non � in grado di sconfiggere l�opposizione armata. Il dirottamento, che si concluder� alcuni giorni dopo con la morte dei quattro terroristi all�aeroporto di Marsiglia per mano delle forze speciali francesi, rappresenta l�episodio pi� eclatante e mediatizzato della guerra scatenata dai gruppi armati contro il potere in Algeria. Sempre alla fine del mese di dicembre, quattro religiosi cattolici, della congregazione dei Padri Bianchi, vengono assassinati nella loro casa in Algeria. Molti osservatori mettono in relazione il tragico fatto con il dirottamento dell�aereo francese.
Di fronte al precipitare degli eventi verso la guerra civile alcuni leader algerini chiedono che si riapra immediatamente una nuova tornata di incontri. Essi fanno sapere alla Comunit� S. Egidio di essere pronti a discutere una proposta concreta in favore della pace e domandano se sia possibile organizzare un nuovo colloquio a Roma.
� da rilevare che negli stessi giorni, i primi del gennaio 1995, i capi storici del Fis incarcerati fanno sapere di essere disposti a dare garanzie sulla democrazia, sull�alternanza al potere e sul multipartitismo. In vista di un�eventuale trattativa i due dirigenti del partito islamista preparano un documento politico per chiarire le loro posizioni. Allo stesso modo fanno gli altri partiti. L�iniziativa � sollecitata anche da intellettuali, politici occidentali, forze della societ� civile algerina.
Il secondo incontro dei leader politici algerini si apre a Roma l�8 gennaio 1995, nel pi� stretto riserbo, in un luogo sconosciuto alla stampa e agli osservatori e messo a disposizione da S. Egidio: � necessario che gli algerini discutano liberamente, lontani da occhi indiscreti prima di presentare pubblicamente il contenuto del loro dibattito. Sono presenti a Roma i tre maggiori partiti algerini, l�Fln, l�Ffs e il Fis, con loro alcuni partiti minori tra cui quello dell�ex presidente Ben Bella, il partito troskhista guidato da Louisa Hannoune e in un secondo tempo il partito islamico moderno Ennahda guidato da Djaballah. Le riunioni riservate sono sotto la presidenza dell�anziano avvocato Ali Yahia che � a capo della pi� importante lega per i diritti dell�uomo in Algeria. Non � qui possibile dare conto delle lunghe e avvincenti discussioni tra i leader algerini, rimasti riuniti, talvolta giorno e notte, per una settimana. Quel che si pu� rilevare � la chiara volont� da parte di tutti di trovare una soluzione politica al conflitto in corso in Algeria, nonostante i punti di partenza tanto lontani che li caratterizzano: dai laici al partito fondamentalista islamico. Eppure il documento politico emerso dalle discussioni, la cosiddetta Piattaforma di Roma, � indubbiamente un documento politico, di alto livello democratico per il mondo arabo, soprattutto se si pensa che l�Algeria � un paese che esce da una lunga stagione di regime a partito unico guidato dai militari. Di rilievo � poi l�impegno assunto dal Fis, con la delegazione presente a Roma e il documento inviato dai leader in carcere, per una svolta in senso democratico e di rinuncia alla violenza con mezzo per accedere o mantenere il potere.
Il 13 gennaio i partecipanti alla riunione firmano la Piattaforma politica davanti alla stampa internazionale.
L�impressione prevalente � che il documento possa essere veramente una svolta nella crisi. A Roma � sorto un interlocutore politico per il regime: "Non si tratta di una sfida al potere � dir� l�avvocato Ali Yahia presentando il testo � ma un�offerta di pace". L�interesse internazionale al documento � altissimo. Ci si comincia a chiedere se veramente non si � giunti a una svolta. Si aspetta di vedere quale sar� la posizione francese poich� il paese transalpino � il pi� coinvolto in Algeria. Gli Stati Uniti ritengono la Piattaforma di Roma "un avvenimento significativo", Londra si limita a prendere atto della riunione, la Spagna fa conoscere il suo appoggio all�iniziativa, l�Italia sostiene il documento, in Marocco i partiti dell�opposizione fanno una dichiarazione comune in favore della Piattaforma. In Algeria invece si registrano ancora attacchi violenti all�iniziativa da parte della televisione di Stato e dalla stampa di regime. Il governo algerino e il Capo dello Stato, il generale Zeroual, rifiutano integralmente il testo. Tale rifiuto segna ancora una volta la vittoria della logica delle armi su quella del dialogo: la terribile spirale terrorismo-repressione non � superata.
Tuttavia, con sorpresa, si registra in quei giorni una certa simpatia da parte del governo francese verso l�iniziativa di S. Egidio. Diverse dichiarazioni del ministro degli Esteri Jupp� e di esponenti politici francesi mostrano qualcosa di pi� che un generico interesse: "Non c�� uscita dalla crisi � dichiara Jupp� � al di fuori del dialogo, la Francia guarda con molto interesse al dialogo che si � aperto a Roma e reitera la sua costante posizione che � di chiamare al dialogo. Non ci stancheremo di appellarci ad esso". Analoghe dichiarazioni vengono dal ministro della Difesa.
Ma l�episodio pi� significativo del sostegno francese alla Piattaforma di Roma � nelle parole del presidente Mitterrand che, a conclusione di un vertice con il cancelliere Kohl, dichiara solennemente: "Mi auguro che l�Unione Europea organizzi in Europa una conferenza ispirata alle idee dell�incontro di Roma".
Ormai i pi� importanti Stati occidentali, compresi gli Stati Uniti, sono per una soluzione negoziale alla crisi algerina che parta dall�atto di Roma. Sembra che si sia a un passo dalla soluzione. Tuttavia ancora una volta la risposta del regime di Algeri � durissima. Vengono attaccati tutti i sostenitori di Roma e lo stesso Mitterrand � fatto bersaglio di invettive e accusato di nutrire sentimenti revanscisti nei confronti dell�antico territorio francese che � l�Algeria. Il governo francese � costretto, anche per dissidi interni, a mostrarsi cauto: gli interessi, anche economici, francesi sembrano essere troppo rilevanti in Algeria per sostenere seriamente la proposta dell�opposizione algerina.
E cos� senza il sostegno della Francia anche gli altri paesi europei e gli Stati Uniti restano come bloccati nel sostegno alla via negoziale. Il governo di Algeri, da parte sua, continua a rassicurare i suoi interlocutori occidentali che la lotta al terrorismo sta per concludersi: quest�ultimo non sarebbe altro che un fenomeno residuale facilmente sradicabile in poche settimane. Ma cos� non �: il numero dei morti cresce vertiginosamente e la spirale violenza-repressione continua a mietere vittime innocenti e a seminare il terrore.
Forse la Piattaforma di Roma un successo lo ottiene: un timido ritorno alla politica invece che una pura strategia militare.
Dopo mesi di tentennamenti e rinvii il Capo dello Stato algerino, Zeroual, decide di indire le elezioni presidenziali per il 16 novembre 1995, spinto dalle forti pressioni internazionali.
Malgrado le previsioni pi� cupe l�elezione si svolge nella calma. Nonostante l�opposizione denunci diversi brogli e gli osservatori internazionali siano soltanto cento per 33.000 seggi elettorali, l�affluenza alle urne � quasi del 75%. Zeroual � eletto presidente al primo turno con il 61% dei suffragi. Il primo fatto da registrare, tuttavia, � che gli algerini hanno votato e con il voto hanno dato un segnale forte in favore della pace. L�alto tasso di partecipazione significa che, malgrado la paura, la gente vuole la pace e non si rassegna alla violenza e all�impasse. A un anno e mezzo di distanza Zeroual indice una seconda elezione, questa volta legislativa, che dovr� formare il primo parlamento multipartitico della storia del paese dopo l�annullamento delle elezioni democratiche del dicembre 1991.
Le elezioni si sono svolte, nel giugno scorso, anche questa volta in una strana calma dopo che nella settimana che le ha precedute e in quelle che le hanno seguite si sono moltiplicati feroci attentati terroristici e duri scontri tra esercito e gruppi armati. La gente ha votato, meno che per le presidenziali, e il clima generale che regna nel paese � sempre pi� di stanchezza e di paura. L�elezione presidenziale non ha risolto i problemi del popolo algerino a differenza delle promesse. Il terrorismo non � stato sconfitto, la situazione sociale � notevolmente deteriorata, intere zone del paese sono ormai spopolate e le citt� si gonfiano di giorno in giorno di rifugiati in cerca di sicurezza. In questo clima rassegnato e terrorizzato allo stesso tempo, la Piattaforma di Roma ha rappresentato e continua a essere uno spiraglio di speranza e una via d�uscita concreta. La recentissima liberazione di due importanti leader del Fis, Madani, il fondatore del partito, e Hachani, il numero tre, colui che aveva guidato il Fis alla vittoria elettorale del 1991, sono due flebili segnali di una rinnovata volont� di dialogo del regime? � la domanda che resta aperta in questo tempo e che ne porta con s� un�altra: il regime ha finalmente deciso di prendere in seria considerazione la Piattaforma di Roma? L�esperienza di S. Egidio in Algeria non � quindi riuscita come in Mozambico dove le due forze in lotta hanno deciso ad un certo punto di mettersi in dialogo e di trovare una via di pace e di riconciliazione per il paese. In Algeria questo non � avvenuto. Non era neanche nelle intenzioni della Comunit�: la situazione come ho descritto era e resta molto pi� complicata. L�intenzione era soltanto quella di aprire una via per parlare dell�Algeria, per far conoscere il suo dramma al mondo e in ultima analisi di offrire un luogo di dialogo agli algerini fuori dalle lotte e dalle vendette quotidiane che continuano a insanguinare il Paese. Non ci si poteva e non ci si pu� accontentare di tenere solo la macabra contabilit� delle morti, mentre un paese tanto vicino viene distrutto.
I colloqui di S. Egidio sono stati un�indicazione della via del dialogo che, purtroppo, gli algerini debbono ancora percorrere.
Presto, speriamo.
Andrea Riccardi
|