Comunità di S.Egidio


 

27/03/1999


La politica delle umiliazioni genera solo arroganze

 

La situazione della Jugoslavia e del Kosovo � precipitata in una spirale tragica da cui non sar� facile risalire. Infatti, fino a questo momento, non sembra che Milosevic sia intenzionato a rivedere le proprie posizioni, mentre si abbattono sul suo Paese i raid della Nato. Si � creato invece un forte clima di unit� nazionale attorno al presidente. D'altra parte gli interventi brutali delle truppe serbe sul Kosovo aggravano le condizioni della popolazione civile albanese e prefigurano una possibile pulizia etnica di una parte della regione. Intanto scricchiola pericolosamente la Macedonia, dove si ripercuotono le tensioni dell'area. Si spera che l'incidente ala frontiera tra Jugoslavia e Albania non preluda a scontri pi� gravi. Di nuovo i Balcani sono in fiamme.

C'�, a monte, la responsabilit� della politica serba ( fin da quando fu abolita l'autonomia del Kosovo, nell'indifferenza di un mondo che allora appena conosceva il nome di questa regione). C'� la responsabilit� del presidente Milosevic, che non ha condotto una politica graduale di concessioni che favorisse la distensione e consentisse al non violento Rugova di mantenere la leadership della lotta albanese. Era facile prevedere che le giovani generazioni albanesi, private della scuola e della libert�, inclinassero pericolosamente verso la lotta armata. Milosevic non ha tenuto conto di questo inevitabile scivolamento: � stato un tattico, avaro di concessioni e di prospettive. Cos� la guida della lotta kosovara � passata nelle mani dell'UCK, con lo scontro armato. Gli Stati uniti operavano intanto un riconoscimento rapido di questo movimento che hanno preso a sostenere, mentre il non violento Rugova era delegittimato. E ora che resta? Da una parte Milosevic, arroccato sul fronte dei rifiuto. Si dice convinto che le concessioni sul Kosovo porterebbero all'indipendenza della regione. Non sarebbe avvenuto lo stesso se avesse trattato un anno fa. Il protrarsi del balletto dei suoi dinieghi ha fatto precipitare la situazione e irrigidire i kosovari. Ma Milosevic non � solo. Gran parte dell'opinione pubblica serba � con lui. Si veda, ad esempio, la dichiarazione del patriarca Pavle. I bombardamenti Nato hanno l'effetto di compattare ancor di pi� il consenso serbo. L'idea che possano piegare la resistenza di Milosevic mi pare infondata. Forse bisognerebbe dire che gli Stati Uniti sono stati portati alla decisione di guerra dalla folle testardaggine di Milosevic, ma hanno la responsabilit� dell'uso della forza. Cosa accadr� ora? E' probabile che si ripeta la situazione di Saddam Hussein, che resta al potere malgrado gli attacchi. C'� per� una grande differenza con il dittatore irakeno: a Milosevic non manca infatti il consenso della sua gente.

Qual � l'interesse dei kosovari? Alcuni di loro vedevano nella possibilit� di un conflitto la soluzione che meglio poteva dare l'indipendenza. Ma c'era pure un filone gradualista e moderato che, nell'acuirsi della crisi, ha perso spazio. La causa del Kosovo, di questo piccolo popolo, non ha molto da guadagnare da una spirale ulteriore di violenza. Per il mondo occidentale non sar� facile ormai dimenticare questo popolo che fiduciosamente deve aspettare un tempo migliore. Del resto se la Macedonia entra in crisi, l'indipendenza kosovara non � facilmente possibile ( anche per l'instabilit� albanese). Si va profilando su uno scacchiere pi� vasto un clash tra il mondo occidentale e quello slavo. E' uno scenario alla Samuel Huntington. Le reazioni russe sono forti e in parte imprevedibili. Lo notava Sergio Romano, pur molto attento alle ragioni della Nato: umiliare oltre la Russia sarebbe un errore. Le reazioni slave non saranno offensive contro l'Occidente ( anche se c'� una storia di terrorismo che � sempre possibile), ma riguarderanno gli sviluppi interni di questo mondo verso l'introversione e il fondamentalismo panslavo. E' una situazione che non a caso fa pensare la Chiesa cattolica, che gi� durante la guerra del Golfo si era mostrata attenta alla sensibilit� del mondo musulmano. Gi� si vedono preoccupanti manifestazioni slavo- ortodosse in questo senso. In ogni modo la politica delle umiliazioni, se non si procede alla persuasione delle classi dirigenti o al loro cambiamento, conduce solo a nuove e prossime arroganze. Con i micidiali armamenti in giro tutti possono permettersi di essere arroganti. L'ultima osservazione � amara e riguarda il nostro paese. Siamo una terra di frontiera tra l'Occidente e il mondo slavo. La nostra percezione della situazione � differente da quella degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. I protagonisti del dramma balcanico li sentiamo vicini, li vediamo immigrati sulle nostre coste. Forse questa posizione geografica e culturale ha reso la maggior parte dell'opinione pubblica italiana contraria ai raid, anche se simpatizzante con la causa kosovara. Il che non ha trovato fino a qui una rappresentazione politica adeguata. Lo si deve dire con amarezza, considerando che il nostro paese ha dato, non molto tempo fa, un importante contributo alla soluzione pacifica della crisi albanese. A questo punto la possibilit� di far sentire la nostra volont� politica � assai scarsa. Ed �' una triste constatazione, questa. Ma in giro c'� anche una grande paura: forse da Washington non si riesce a comprendere e a governare le crisi del mondo intero. E, per risolvere queste crisi, ci vuole tempo, molto pi� di quello che serve alla politica delle immagini per parlare di una vittoria.

Andrea Riccardi