Comunità di S.Egidio


 

27 febbraio 2000

S. Egidio, utopia vincente
UN LIBRO
La Comunit�, nata a Roma e diffusa oggi in trenta Paesi,
opera per amore dei poveri e della pace

 

Mentre si parla di utopie che falliscono e finiscono, � una gioia quando si incontrano utopie che non falliscono e non finiscono. Una di queste si � presentata la scorsa settimana a Torino, dove si discuteva, con il gesuita padre Eugenio Costa ed Ernesto Olivero del Sermig, intorno a un libro appena uscito, "Il sapore dell'utopia", scritto dal giornalista Angelo Montonati e pubblicato dall'editore Monti: al centro del libro la Comunit� di Sant'Egidio, nata a Roma una trentina di anni fa e oggi nota in Italia come in Africa, in America latina, in Asia, in tutto trenta Paesi.

Sant'Egidio � una piccola chiesa di Trastevere; faceva parte di un convento di carmelitane, espropriato dello Stato nell'Ottocento, e abbandonato definitivamente dopo il Concilio Vaticano Il dalle ultime monache rimaste, che lo avevano in uso. Nel 1973. scrive Montonati, "a S. Egidio comincia una nuova storia". Lo prende in affitto un gruppo di ragazzi ventenni che avevano iniziato a riunirsi, al tempo in cui frequentavano alcuni dei licei della borghesia bene capitolina, in un oratorio del padri Filippini, e poi, inattesamente, in uno scantinato di Primavalle, una delle borgate pi� povere (e malfamate) di Roma.

Erano incontri soprattutto di preghiera, con una bellissima liturgia cantata da Chiesa d'oriente, ma rapidamente si trasformarono, grazie anche allo spirito sessantottino" del tempo, in una spinta a conoscere la realt� in cui quel cammino spirituale si svolgeva, in quella citt� che cresceva smisuratamente accogliendo uomini e donne in cui il senso religioso della vita, se mai era esistito, veniva in contatto con nuove degradanti forme di povert� e si perdeva. La parola "utopia" comincia a circolare presto, nel libro: esattamente a pagina 10, l� dove il fondatore e leader della Comunit� di Sant'Egidio, Andrea Riccardi, racconta di s� stesso quattordicenne (figlio d'un presidente di banca amico del "Mondo" di Pannunzio e quindi rigorosamente laico, ma senza pregiudizi antireligiosi) che s'imbatte nel Vangelo. "Mi colp� molto, soprattutto Matteo: lo leggevo come un testo di sogno, in cui mi si prospettava una specie di utopia, bella ma lontana, irrealizzabile".

Non era n� lontana n� irrealizzabile. La storia della Comunit� procede, nel racconto di Montonati, per capitoli-intervista, secondo una ben collaudata tecnica giornalistica in cui le persone parlano di s� stesse e del servizio che compiono nel mondo che li circonda, e si evita in tal modo il rischio della retorica e dell'apologia. Cos�, dopo Andrea Riccardi (che oggi, cinquantenne, insegna Storia del cristianesimo all'Universit� di Roma III ed � autore di libri come "Le Chiese di Pio XII", "Il Vaticano e Roma", "Il potere del Papa", editi da Laterza), parlano Mario Marazziti e don Vincenzo Paglia, Silvia Marangoni e Rinaldo Piazzoni, Daniela Pompei e Serenella Chiappini, Marilena Piazzoni e Sandro Zuccari, don Matteo Zuppi e Marco Impagliazzo, don Vittorio Ianari.

Facciamo questi nomi perch� nel libro ognuno di loro rappresenta un'opera della Comunit�, scandita nel tempo: dalle scuole popolari per i bambini poveri delle borgate, al catechismo per le donne, all'aiuto degli anziani rimasti soli e renitenti alla chiusura negli istituti (come Filomena, che si lascia morire in pochi giorni perch� il ricovero aveva "interrotto il circuito vitale dell'amicizia" con i ragazzi della Comunit�) degli immigrati, degli zingari, dei malati di Aids. Dei tossicodipendenti, dei ragazzi "difficili" che andavano strappati alle desolazioni morali ed esistenziali descritte da Pasolini. E infine, l'attivit� diplomatica di Sant'Egidio, cominciata quasi per caso dalla conoscenza di un vescovo mozambicano, che chiede aiuto materiale per il proprio popolo dilaniato da una sanguinosa e lunga guerra civile. Partono gli aiuti, e insieme l'offerta della Comunit� di favorire l'incontro fra il governo marxista-leninista e i guerriglieri della Renamo. La lunghissima, complicata trattativa, che coinvolge anche il governo italiano e l'allora segretario del PCI Berlinguer, giunge infine all'accordo fra le parti, firmato a Sant'Egidio il 4 ottobre 1991, fra lo stupore ammirato della diplomazia di tutto il mondo.

Non basta: Sant'Egidio si � occupato di ecumenismo e di dialogo con l'Islam, fino a un altro "caso" di grande delicatezza, lo scontro fra il governo militare e i fondamentalisti del Fis in Algeria, mentre infuria il terrorismo e si fa sempre pi� debole la voce dei gruppi democratici. Ed ha aperto e fatto funzionare fino a oggi uno dei primi ospedali di raccolta dei profughi kosovari in Albania, a Kukes.

Restano due domande, che i responsabili di Sant'Egidio si sentono rivolgere spesso: chi c'� dietro di voi? Come finanziate le vostre opere? "Dietro di noi", ha risposto sorridendo Mario Marazziti nell'incontro torinese, "ci sta il Gianicolo. Abbiamo molti amici, anche di gran nome e magari potenti, fino allo stesso papa Giovanni Paolo II, che abbiamo conosciuto durante uno dei suoi primi incontri con le parrocchie romane: lo abbiamo fermato per strada, cantando una canzone in polacco. Ma sono, appunto, amici, e non una lobby che ci protegga. "E come arrivano i finanziamenti?" La risposta a pagina 168 del libro di Angelo Montonati.

BEPPE DEL COLLE