Comunità di S.Egidio


 

 maggio 2000


Formidabile comunit�
� quella di Sant'Egidio, che realizza in s� l'unione di due grandi direttive del Concilio Vaticano Il: la riscoperta della preghiera e l'impegno per i poveri. Nato nel 1968 per iniziativa di un gruppo di liceali, Andrea Riccardi in testa, il movimento ha guadagnato fama internazionale con il suo apporto decisivo alla pace in Mozambico nel 1992. Il segreto del suo successo diplomatico? Una miscela di riservatezza, informalit� e collaborazione con gli organismi ufficiali.

 

La mia citt� d'adozione, Rimini, ha tratto dal suo scrigno profano - essendo principalmente votata alla pur sapiente leggerezza della vacanza - la sua seconda perla: dopo Chiara Lubich, ha insignito della cittadinanza onoraria Andrea Riccardi. Prima, dunque, una donna che - lo dice un laico non avvezzo ad alcun genere di rigore canonico, eppure fidando nel valore di una percezione condivisa - ha gi� il carisma di un dottore della Chiesa, e poi un uomo che, per come testimonia, ovunque, il fondamento cristiano della fratellanza, ha gi� la reputazione di un premio Nobel per la pace.

Sono contento che nella Sala dell'Arengo della mia citt� malatestiana, rischiarata dal biancore rinascimentale del Tempio di Leon Battista Alberti, siano oggi affiliate, per dir cos�, due creature appartenenti all'anima del mondo; e non importa che Riccardi possa "vantare" diversi anni di effettiva, seppur lontana, riminesit�, e Chiara sia di casa attraverso uno dei suoi pi� discreti, ma generosi focolari: ci� che li mette insieme, nella perspicace e delicata sensibilit� del riconoscimento municipale, � l'appartenenza a una vocazione cui Rimini, avvezza a ben altro genere di universalit�, guarda con il rispetto che l'effimero deve a ci� che, invece, ha la natura per durare.

Ottobre 1992. La Comunit� di Sant'Egidio ha stupito il mondo realizzando in Mozambico una pace giudicata "impossibile". Analisti ed esperti sono ammirati e nello stesso tempo perplessi. Come mai, si domandano, questo "singolare gruppo di mediatori" - cos� lo ha definito il Washington Post, "unlikely team of peace-brokers", dove "unlikely" pu� anche essere letto come "improbabile", eufemismo per "improvvisato" o "dilettante" - � riuscito dove altri non hanno neppure tentato? N� pu� dirsi che abbia ottenuto tanto successo per un colpo di fortuna, bens� costruendo dalle fondamenta un negoziato, facendolo procedere per ventisette mesi, fino a consegnare alle Nazioni Unite un accordo che poneva termine a sedici anni di guerra civile, e mettendosi da parte dopo la firma dell'intesa, il giorno di san Francesco.

A mente fredda, qualche tempo dopo, un giudizio meditato e autorevole sarebbe venuto dal segretario dell'Onu, Boutros-Ghali, egiziano, diplomatico di carriera. Eccolo: "La Comunit� di Sant'Egidio ha sviluppato tecniche che divergono da quelle impiegate dai peace-makers professionali; e tuttavia, al tempo stesso, complementari. Nel Mozambico la Comunit� ha lavorato con discrezione, per anni, perch� s'incontrassero le due parti in lotta. Ha messo a frutto i propri contatti, ed � stata particolarmente efficace nel coinvolgere coloro che potevano contribuire alla soluzione. Come? Ha applicato le sue tecniche, caratterizzate da riservatezza e informalit�, insieme, e in armonia con il lavoro ufficiale svolto dai governi o dagli organismi intergovernativi."

"Sulla base dell'esperienza mozambicana, per descrivere questa miscela, unica nel suo genere, di impegno per la pace, governativo e non, si � coniata l'espressione formula italiana. Il rispetto per le parti in conflitto, e per quanti erano coinvolti sul terreno dello scontro, � stato alla base del successo di tale iniziativa".

Andrea Riccardi, improvvisamente "scoperto" dai media internazionali, insieme con la Comunit� di cui � stato l'iniziatore, si era preoccupato di evitare che l'immagine autentica di Sant'Egidio non venisse alterata per approssimazione o sensazionalismo. C'era chi gli domandava quando e perch� i membri della Comunit� avessero abbandonato il servizio di solidariet� sociale per impegnarsi nell'azione diplomatica: Riccardi replicava che quel servizio proseguiva, che la diplomazia era un impegno eccezionale, mentre quello ordinario, quotidiano, era l'aiuto ai poveri; e metteva in chiaro che, a Sant'Egidio, non si vedeva contraddizione tra la solidariet� con i singoli e quella con i popoli.

Sull'argomento Riccardi ritorna, dedicandovi pi� di una pagina illuminante, in un libro-intervista, testimonianza schietta delle sue convinzioni ed efficace sintesi della storia della Comunit�, dei princ�pi cui si ispira e dei problemi che affronta (Andrea Riccardi - Colloquio con J.D. Durand e R. Ladous - Sant'Egidio Roma e il mondo, Prefazione di Carlo Maria Martini, San Paolo, 1997).

A proposito dell'azione per la pace in Mozambico vi si precisa che essa fu preceduta da altri tentativi, in Libano, all'inizio degli anni '80: dopo un incontro con Walid Jumblatt, a Sant'Egidio, si ottenne il ritorno di profughi cristiani nello Chouf e la liberazione di alcuni villaggi assediati. L'aspetto pi� interessante dell'esperienza mozambicana stava nel fatto che l'iniziativa era, s�, partita da Sant'Egidio, ma la Comunit� aveva interessato e coinvolto lo Stato italiano: il quale, in posizione preminente nei programmi di cooperazione allo sviluppo, esercitava in Mozambico una notevole influenza. Sant'Egidio partecipava ai progetti di sviluppo e aveva stretto molti legami d'amicizia in tutto il Paese. Ben presto dovette rendersi conto, per�, che senza la pace quei progetti erano inutili. Alla sede romana della Comunit� erano gi� giunte dal Mozambico migliaia di lettere che chiedevano la pace, in gran parte raccolte dai missionari.

Quando venne il momento favorevole per impiantare il negoziato su una base stabile si form� un gruppo di mediatori modellato secondo quanto suggerivano le particolari circostanze in cui si doveva operare: ne facevano parte un parlamentare italiano, Mario Gabrielli, che dava garanzie al Governo del Mozambico; l'arcivescovo di Beira, Jaime Goncalves, che rassicurava la guerriglia; Andrea Riccardi e don Matteo Zuppi, prete romano, ai quali spettava la parte pi� delicata della mediazione, per conto di Sant'Egidio. Poi si aggiunsero osservatori della Francia, dell'Inghilterra, dell'Onu, infine del Portogallo e degli Stati Uniti. La tecnica della trattativa, di cui Riccardi � stato l'abile regolatore, � diventata materia di studio. Un saggio su di essa si deve al diplomatico americano Cameron Hume (Ending Mozambique's War, "La fine della guerra nel Mozambico", Washington 1994) e un altro a uno studioso italiano, Roberto Morozzo della Rocca (Mozambico, Dalla guerra alla pace, San Paolo, 1994).

Di ci� Riccardi pu� essere giustamente orgoglioso. Tutto era avvenuto nello spirito della Comunit�, tant'� che durante i ventinove mesi del difficile negoziato, ogni sera, la campana di Sant'Egidio aveva suonato alle 20 e 30 per chiamare alla preghiera comune, aperta a tutti. Il benvenuto per chi si avvicina alla Comunit� � stato sempre: "Allora, venga a pregare con noi". Che vuol dire l'uno a fianco dell'altro, anche con preghiere diverse. "L'immagine che mi � pi� cara e che vorrei restasse di Sant'Egidio", dice Riccardi, "� quella di una comunit� in preghiera!".

Ottobre 1975, borgata Alessandrina, alla periferia di Roma. Baracche, fango, miseria. Nello stanzone di una pizzeria che ha traslocato in cerca di miglior fortuna, si dice messa, ogni domenica, da quando i ragazzi della Comunit� di Sant'Egidio - hanno tutti, pi� o meno, vent'anni - vi si sono sistemati alla meglio. Chi celebra all'altare, invece, va verso i cinquanta. � il rettore del Pontificio istituto biblico, Carlo Maria Martini, che diventer� arcivescovo di Milano e cardinale. Ha chiesto di partecipare alla vita della Comunit�, nella quale si era imbattuto un po' per caso, come racconter� lui stesso, un po' perch� la cercava senza saperlo. Il Concilio aveva lasciato aperto un contrasto: da una parte si sanciva la priorit� dell'impegno per i poveri, dall'altra ci si affidava alla spiritualit� e alla preghiera.

Martini pens� che doveva pur esserci un modo di conciliare le due esigenze. Non solo in teoria, ma nella pratica quotidiana. Aveva trovato la risposta nella Comunit� alla quale aveva dato vita Riccardi, con un gruppo di compagni di liceo, nel 1968, per dedicarsi a diffondere il Vangelo vivendolo ogni giorno. Martini ravvisava in essa la purezza e la forza della Chiesa al suo inizio, quella degli Atti degli apostoli, e a distanza di anni scriver�: "� una sintesi vissuta del Primato di Dio, della preghiera, dell'ascolto della Parola". Perch� a Sant'Egidio "si prega sul serio, la Bibbia � presa sul serio, i poveri sono presi sul serio". Carlo Maria Martini, nel 1979, ha lasciato Roma e Sant'Egidio, di cui � rimasto fedele amico, per la diocesi di Milano e la porpora.

La Comunit�, intanto, � cresciuta: oggi raccoglie 30 mila membri ed � presente in pi� di 30 Paesi di quattro continenti. La sua attenzione ai poveri si � diffusa senza affievolirsi. Alla "pace possibile" del Mozambico sono seguiti altri successi: nel 1995, il rilancio del negoziato che ha posto fine, in Guatemala, a una guerra civile che durava da venticinque anni; e, sempre nel 1995, gli incontri romani dei partiti di opposizione algerini, tra i quali si � concordato un documento, la cosiddetta Piattaforma di Roma, che elabora una via d'uscita politica, ponendo termine alle stragi.

Andrea Riccardi ha cinquant'anni, � professore ordinario di Storia contemporanea, si � fatto una reputazione internazionale anche con i suoi studi. Temi: la Chiesa di Roma, il cristianesimo nel Novecento, Roma capitale religiosa, il difficile rapporto del cristianesimo con la cultura e la modernit�. Tra le sue opere, tradotte in varie lingue, l'ultima, di imminente pubblicazione, � dedicata ai martiri cristiani dell'ultimo secolo. Ha per titolo Il secolo del martirio. � sempre alla guida della Comunit� di cui � fondatore, pi� volte candidata al premio Nobel per la pace. Sant'Egidio ha un posto di spicco nel dialogo ecumenico, che ha avuto momenti memorabili nei grandi convegni "Uomini e Religioni" e nelle "Preghiere per la pace", lungo il solco aperto nel 1986, ad Assisi, da Giovanni Paolo II.

Devo ora concludere, senza aver detto di Andrea Riccardi, personalit� tra le pi� significative del nostro tempo, tutto ci� che avrei voluto. Non rinuncio per� a tentare di cogliere un tratto che mi pare precipuo nel suo carattere: la dedizione agli ultimi, ai pi� deboli e offesi, nella concretezza.

"La carit�", ha scritto di recente in un articolo che aveva per tema la fame, "� non rinviare mai al domani, a un domani migliore, il bisognoso. C'� un uomo che ha bisogno, di fronte a noi. Quest'uomo esprime un problema generale, che merita una soluzione generale. Ma anche quell'uomo concreto � un bisogno, e ha un bisogno". E conclude con una lettera inviatagli da Londra: � di Mohamed, il quale ha frequentato la mensa di Sant'Egidio per due mesi. "Ricordo", vi si legge, "come fosse ieri sera: saliamo per una strada molto larga, non molto illuminata, davanti a noi camminano nugoli di persone, italiani o di altre nazionalit�, vecchi, donne, bambini. Li vediamo quasi trascinati da una forza invisibile. Adesso so come si chiamava questa forza: la speranza di avere un futuro".

Penso all'intuizione della mia citt� che mettendosi in casa, insieme con noi, creature come Chiara Lubich e Andrea Riccardi sembra voler dichiarare, al di l� di quello che fai, anche ci� che sei, e viceversa: l'esempio dialettico, speculare, di quanto esprimono i due nostri, nuovi concittadini, per i quali fede e vita sono tutt'uno, la parola � dialogo, la preghiera � comunione, e in qualunque luogo si stia soli, trafitti dal celebre raggio di sole di Quasimodo - per cui "� subito sera" -, occorre trasformare il mondo in un crocevia dove ci si scambia la perenne luce di Dio, e consegnandoci al suo spirito gli si rimette la nostra umanit�, per condividere una storia dopotutto nata da lui. Sapendo che il credere deve essere visibile, dare testimonianza, provocare s� stessi e Dio insieme, cio� aver fede allo stesso modo in ci� che senti e fai, essere fattivo profeta della storia e mistico intermediario del divino.

Sergio Zavoli