Comunità di S.Egidio


 

16 maggio 2000

"La fede, una marcia in pi�"
Amato: noi laici meno capaci di coinvolgere gli altri
Il premier parla del suo rapporto con la religione e guarda al modello Wojtyla

 

ROMA (b.j.) "La capacit� delle persone laiche di diffondere amore � molto pi� limitata di quella delle persone di fede religiosa. E vi sono miriadi di esperienze che ce lo dimostrano". Mentre � ancora viva la discussione per il "terzo segreto di Fatima", rivelato sabato scorso da Giovanni Paolo II in Portogallo, Giuliano Amato - uomo laico, ma da sempre particolarmente sensibile ai temi della fede - rende omaggio alla spiritualit� religiosa.

Il presidente del Consiglio � intervenuto ieri alla presentazione del libro di Arrigo Levi "Dialoghi sulla fede", nato dal confronto tra lo stesso scrittore, don Vincenzo Paglia e Andrea Riccardi della Comunit� di sant' Egidio, con sullo sfondo figure come Norberto Bobbio e altre personalit� di varia sensibilit� e credo religioso. Al dibattito, che si � tenuto a Palazzo Giustiniani, erano presenti anche Pietro Scoppola e Gad Lerner.

"Noi siamo capaci", ha detto Amato, "di dedicare la nostra vita a missioni che non sono missioni d'amore, ma di impegno civile, che sono cosa ben diversa. Noi siamo meno capaci di coinvolgere gli altri. Questo � il problema ed il vero limite della fede laica. Ci� che vedo nelle persone di fede religiosa", sottolinea il presidente del Consiglio, "� quello straordinario amore che hanno per gli altri, che li porta a rinunciare, ad accogliere altre persone in casa propria, a rinunciare perfino alla propria verit� per amore".

"Io posso fare solo questa constatazione", continua Amato: "Quella marcia in pi�, quel sovrappi� le vedo nelle persone di fede religiosa. Lo vedo al lavoro nelle persone di fede religiosa. E ogni volta sono indotto a constatare che chi questa cosa non ce l' ha, ha di meno...".

A questo proposito, Amato ha ricordato il sociologo tedesco Elias, il quale in uno dei suoi libri aveva scritto che le palle di biliardo, dopo che si sono incontrate, rimangono esattamente quello che erano prima. "Ecco, la differenza tra le palle di biliardo e gli esseri umani", osserva il presidente del Consiglio, "� che gli essere umani non sono palle di biliardo: una volta che si sono incontrati qualche cosa dell'altro rimane, comunque, in ciascuno. E questo � straordinariamente vero. La verit� per definizione � dialogica, altrimenti � negazione degli altri". Questo, avverte ancora Amato, � un problema culturale, ed � curioso che alcuni occidentali ancora non l'abbiano capito sono gli stessi occidentali che continuano a chiamare barbari coloro che non sono come loro. Questa � un'altra brutta idea che gli occidentali hanno ereditato dalla cultura greca.

"In realt�", nota ancora il premier, "� stata la cultura ebraica che, con la promessa del domani, con l'impegno dell'umanit� per un mondo migliore che sarebbe venuto dopo, ha creato le aspettative del futuro e quindi il cambiamento in funzione del futuro. E' singolare che paesi che hanno una civilt� cristiana poi si siano chiusi in una radice culturale che non ha a che fare con le radici storiche del cristianesimo, che � la cultura ellenica, ed abbia difficolt� accettare l'idea che la verit� ha da essere dialogica perch� cambia. Nel futuro dovremmo essere diversi perch� la verit� cambia e quindi roghi ci saremmo risparmiati".

Ad Amato ha risposto lo stesso monsignor Paglia. "Io non penso che i credenti abbiano tanto una marcia in pi�", spiega il responsabile della Comunit� di Sant'Egidio. "Piuttosto penso che i credenti abbiano una persona in pi�, cio� Ges�: noi non crediamo in una teoria, un'etica, un progetto o una visione del mondo, quanto in una persona e nella sua storia. Penso che il nocciolo fondamentale della fede cristiana sia qui. Ed � per questo che al cristiano non basta l'imperativo morale della fede laica"