Comunità di S.Egidio


 

15 agosto 2000

�Ci misuriamo con una maggioranza senza pi� riferimenti certi.
Anche chi non ha fede subisce la secolarizzazione�
Provocazione ai laici
Lo storico Riccardi: ora serve un dialogo aperto

 

ROMA. Sotto l'ombrellone di Ferragosto il laico si guadagna una pausa che vale a mettere in discussione le certezze pi� radicate. Verit� apparentemente inossidabili, granitiche come gli scogli sui quali il laico si stende al sole, minacciano di sfaldarsi alla luce di considerazioni semplici - banali verrebbe da dire - esternate da un presidente del Consiglio convinto che �laici e cattolici possono stare insieme�. Sembra la solita intervista di mezza estate, di quelle che servono a riempire le pagine, ma stavolta il colloquio tra il presidente-professore e il politologo ha il potere di scuotere dal torpore l'Italia in vacanza, quella della politica al pari di quella della cultura. E la cultura di sinistra - ahim� - non ne esce bene: Giuliano Amato la segna a dito, la bacchetta, le addebita il perduto slancio. � tempo di riannodare il dialogo, di riaprire il confronto tra credenti e non credenti, afferma il dottor Sottile. Il dibattito si accende e si fa aspro. Prende la palla al balzo - da parte cattolica - un intellettuale come Andrea Riccardi, storico, fondatore della Comunit� di San'Egidio. Il percorso culturale e intellettuale sul dialogo di Amato - spiega Riccardi - � di indubbio interesse. �Significa che oggi queste cose le dica non tanto l'Amato professore, quanto piuttosto l'Amato uomo politico e di governo�.

Laici e cattolici che devono tornare a parlarsi, a confrontarsi apertamente e con civilt�. Per quali ragioni di fondo professor Riccardi?

�Per mille motivi e per uno che vale pi� di tutti: viviamo, gli uni e gli altri, una situazione nuova. Abbiamo davanti un mondo senza frontiere che non ci risparmier� sfide complesse e difficili. Un mondo dove l'occhio dell'uomo arriva dappertutto e le notizie ci bombardano da ogni angolo della terra. Siamo provocati quotidianamente. Ci scopriamo ogni giorno pi� scarichi di cultura e forse anche di idealit�. Gli orizzonti sono gravidi di potenzialit� ma anche di problemi. Chi potr� farcela da solo?�.

Insomma, vuol dire - come recita il proverbio - l'unione fa la forza?

�Lasciamo stare i proverbi. Mi interessa piuttosto sottolineare che ormai, agli inizi del famoso terzo millennio, ci scontriamo con una realt� per molti inattesa. Parlo della duplice secolarizzazione che ha guadagnato terreno in maniera dilagante. C'� da esserne preoccupati�.

Mi faccia capire, professore. Cos'� questa duplice secolarizzazione? Non era stato tra noi credenti che il fenomeno aveva preso piede? Non vorr� sostenere che via via si sono secolarizzati anche i laici?

�Invece s�. Se � vero che i cristiani non possono pi� ragionare come se esistesse la cristianit�, perch� ormai si trovano in un mondo secolarizzato, � altrettanto vero che anche i laici non possono pi� ragionare, pensare e agire come se si trovassero in un mondo di cristianit�, circondati da un'esperienza in cui il fenomeno cristiano appariva dominante�.

Impoveriti gli uni, impoveriti gli altri, allora. Perci� obbligati al dialogo?

�Facciamo un passo indietro. Non si � compiuto a mio giudizio un esame approfondito - come Amato fa - di quello che ha significato la fine del comunismo. Questa fine � stata anche - non solo, ma anche - la consumazione di una religione messianica che proponeva valori vissuti da milioni di uomini. Si sta conducendo una riflessione sul nuovo ruolo delle religioni e dello stesso islam, ma non � ancora adeguata. Davanti alle incognite che il futuro ci riserva le due culture, laiche e cattoliche, devono dialogare anche se presentano morfologie diverse. L'accusa che a rendere difficile il parlarsi sia la considerazione che i cattolici fanno riferimento al principio di autorit� della Chiesa non sta in piedi. Ciascuna cultura, ciascuna area culturale, ha i suoi punti di riferimento e i suoi processi interni. Ha anche i suoi valori. Il vero problema � dialogare sulle cose e soprattutto sul futuro che vogliamo costruire. Nel mondo di oggi, realt� estremamente complessa, sia i credenti che i laici costituiscono - in una certa misura - una minoranza�.

Se � come dice, la maggioranza da chi � composta?

�Da quella parte di genere umano che si trova ad essere senza valori di riferimento, fossero pure quelli della laicit�. Per cui � riduttivo fare di tutto un problema di rapporti tra credenti e non credenti. Dobbiamo misurarci con una cultura di massa che si ispira a modelli che non hanno ancoraggi con nessuna fede, nessun ideale, nessun valore. � la condizione propiziata dalla cultura televisiva globalizzata. Di fronte al suo avanzare, credenti e laici finiscono per trasformarsi in una minoranza. Anzi, i laici spesso sono pi� minoranza dei cristiani�.

Riccardi, qualcuno, partendo proprio dal "manifesto" di Amato, cercher� di riportare il dibattito dai piani alti dei valori e degli ideali al terreno prosaico della politica pura, delle alleanze per le prossime elezioni, della scelta del premier. Ma se anche la cultura laica si mette in discussione, cosa guadagner� il Paese?

�Ridurre il dialogo ad una operazione politica, progettare fronti � gioco che non paga. Si deve guardare al lungo periodo, all'anima dell'Italia, all'Europa. Una societ� senza anima produrr� nuove generazioni piccole, poco capaci di conservare e far crescere la libert�. Proprio il mondo laico, nelle sue posizioni variegate, � molto sensibile alle connessioni tra valori e libert�. Quanto a noi cattolici, ricchi di quella che io chiamo la nostra forza umile, la nostra attitudine al dialogo con le altre culture � capace di mobilitare i sentimenti di un popolo. Capiscono bene i giovani che sono a Roma per il loro Giubileo e che ricordano le parole pronunciate da Giovanni Paolo II nel 1978: non abbiate paura. Del resto, se la realt� del cattolicesimo � nel Dna di questo Paese e contribuisce alla sua identit�, nei cromosomi dell'Italia � iscritta anche l'esigenza del tra laici e credenti�.

Antonio Giorgi