Comunità di S.Egidio


 

20 agosto 2000

L'eredit�
SUCCESSO E NUOVI INTERROGATIVI

 

Stanotte si � visto con chiarezza che la 15esima Gmg � un evento destinato a non passare rapidamente, dopo aver attratto l'attenzione dei media. Ci sono esperienze che restano e nuovi interrogativi che si aprono per la Chiesa e per chi guarda pensoso al futuro.

Perch� tanti giovani sono venuti a Roma, anche quelli di Paesi europei che possono facilmente visitare l'Italia, o l'avevano gi� vista? Questi pellegrini si sono rivelati una folla di �cercatori�: cercano qualcosa - questo va detto - che finora avevano trovato solo parzialmente o non hanno trovato nei loro Paesi e nelle loro stesse Chiese. Cercano un incontro pi� vero.

Roma e la testimonianza del Papa rappresentano un punto di approdo. Giovanni Paolo II sa parlare ai giovani in un mondo in cui una generazione di adulti e molte istituzioni non sanno comunicare con loro. Gli adulti appaiono muti e assenti, o onnipresenti e assordanti come ha detto acutamente Igor Man, su "La Stampa" di ieri. Il Papa, dal canto suo, parla un linguaggio esigente e, allo stesso tempo, paziente. In fondo, a guardare i ventidue anni di pontificato gi� trascorsi, ci si rende conto di come il messaggio del Papa non abbia perso di sapore (quel sapore che molti giudicavano d'altri tempi), perch� non ha dismesso le sue radici evangeliche. Ma non si � nemmeno chiuso nel rigore altero di un piccolo mondo di puri e duri. Il Papa non ha inseguito i giovani e le mode, ma non si � nemmeno sottratto a loro nell'orgoglio della verit�. E non si tratta solo dell'abilit� di un comunicatore, ma di una scelta ecclesiale.

Questo interroga le Chiese. Il grande afflusso dei giovani a Roma non pu� diventare una domanda inevasa o la conferma che tutto va bene com'�. La Giornata � stata un successo (non lo si pu� negare), che diverrebbe effimero se non trovasse la strada per continuare ora nelle Chiese locali. E' un successo che interroga il linguaggio di tanti uomini e donne di fede, paghi di un gergo magari classico ma lontano. E' un successo che interroga un modo di concepire la Chiesa troppo da "operatori pastorali" o da gestori senza l'ambizione di una comunicazione larga del Vangelo. E' un successo che si rivolge al mondo degli adulti cristiani, cercando umanit� abitate dalla fede. Infatti non chiede chiss� quali riforme istituzionali, ma chiede interlocutori capaci di umanit� e di fede. Il che � la cosa pi� difficile e esigente, perch� bisogna parlare al cuore e parlare con il cuore.

La parola �successo� pu� sembrare carica di trionfalismo. Chi scrive la vede, invece, gravida di domande e di nuove responsabilit� per la Chiesa che entra nel Duemila. E' la gioia di una nuova responsabilit� verso il futuro. Alla Chiesa nei Paesi occidentali � chiesta una nuova audacia nella comunicazione del Vangelo. Alle Chiese nel Sud del mondo � chiesta una vita pi� larga, perch� di giovani del cosiddetto Terzo Mondo - nonostante le difficolt� e i costi del viaggio - a Roma ce ne sono stati tanti. Il cristianesimo del Terzo Mondo, in passato additato come la mitica patria del futuro da una cristianit� occidentale stanca, mostra attraverso i suoi giovani un atteggiamento non vittimistico, soprattutto una grande voglia di vitalit� e di testimonianza. Anche qui ci sono responsabilit� per una nuova estroversione - penso all'Africa - dei giovani cristiani in societ� spesso segnate dall'ingiustizia e dalla corruzione dei politici. Ma non � che un inizio di una riflessione che dovrebbe toccare i cristiani adulti e i responsabili ecclesiali di tanti Paesi.

L'odierno �successo� pu� infastidire chi � abituato a percorsi molto individuali e poco frequentati dalle masse. Eppure non � una manifestazione contro qualcuno. I giovani cristiani sono troppo inseriti nel mondo di oggi per non sapere quanto si viva all'insegna del pluralismo dei comportamenti, delle religioni, delle mentalit�. Ma c'� un progresso da registrare in loro: per questi giovani la fede convinta non significa negare il dialogo e nemmeno rinunziare alla propria identit�.

In maniera ancora indefinita sul volto di questi giovani si � disegnata - cos� mi pare - quell'umanit� cristiana voluta dal Concilio Vaticano II, della cui recezione Giovanni Paolo II � stato un creativo architetto. Forse, nel guardarli, bisogna dismettere quelle prospettive o quei pregiudizi che si rapportavano a cristiani di altra stagione. Questi giovani sono diversi, perch� appartengono a un'altra stagione della Chiesa e della societ�. C'� una comprensione pi� profonda da realizzare, quando si parla di loro, della loro vita, della loro fede.

Soprattutto resta la domanda che inquieta o rallegra gli spiriti pi� pensosi: in tanti che cosa sono venuti a fare? Non sono solo allegre brigate. Li ho visti discutere in impegnativi dibattiti negli angoli di Roma; ascoltare lunghi e complessi discorsi, pregare; ma anche ballare e stare insieme come tanti giovani di oggi. In un tempo in cui le passioni di massa e quelle politiche sembrano spegnersi, che cosa sono venuti a fare? L'interrogativo � forte in una stagione in cui sembra che solo il �particolare� sia bello. Eppure la 15esima Giornata di Roma, con giovani provenienti da tanti Paesi, talvolta da Nazioni in guerra tra loro o separate da muri di diffidenza, ha avuto un messaggio universalistico: c'� insomma un destino comune per le giovani generazioni, non pi� gli uni contro gli altri.

Andrea Riccardi