|
23/10/2000 |
|
|
|
�Nel mezzo della via passano in fila indiana le famiglie rastrellate, le SS sorvegliano i piccoli, li tengono incolonnati, li spingono avanti coi calci dei mitragliatori, quantunque nessuno opponga altra resistenza che il pianto. Le madri portano in braccio i piccini, qualcuno bacia le proprie creature di nascosto, un ultimo bacio tra quelle vie che li hanno veduti nascere, sorridere�. Quel tragico fotogramma di pi� di 50 anni fa raccontato da Giacomo Debenedetti, riappare alle sette di sera nel cuore del Ghetto, dove centinaia di fiaccole ardono nel silenzio e sembrano riportare alla luce della memoria quanto accadde qui il 16 ottobre del 1943. Un canto israelitico si alza da dove partirono i camion per portare pi� di mille ebrei romani nelle camere a gas di Auschwitz, e il rabbino capo, Elio Toaff, chiede un �impegno a non dimenticare la Shoah�. Per fare memoria di quel rastrellamento dei tedeschi che non risparmi� donne, vecchi e bambini, 8000 persone chiamate dalla Comunit� di Sant�Egidio e dalla comunit� ebraica di Roma, hanno sfilato da Trastevere al portico d�Ottavia, e nel corteo si ritrovano insieme giovani con cartelloni con i nomi dei lager, ebrei con le kippah, tanti romani, stranieri, tra cui alcuni musulmani. �Quei vagoni piombati pieni di ebrei dice Toaff al Ghetto partirono tra l�indifferenza�. �Facciamo memoria aggiunge Andrea Riccardi, della Comunit� di Sant�Egidio di una ferita inferta all�intera citt�. A partire da quella memoria, si afferma la volont� di un patto tra i romani per non dimenticare, per non isolare pi� nessuno, per considerare la comunit� ebraica come uno dei luoghi decisivi per la nostra identit�.
Alberto Mattone
|