Comunità di S.Egidio


 

06/01/2001


Nessuna spavalderia ma forza creativa

 

Si sono chiuse tre porte sante, quelle delle basiliche di San Giovanni in Laterano, di San Paolo e di Santa Maria Maggiore. Oggi il Papa chiuder� la porta santa di San Pietro. La simbologia del Giubileo viene a pieno rispettata con questo rito, mentre comincia un anno �ordinario� per i cristiani. I battenti che si rinserrano non significano fine di una stagione felice, ma assumono il senso di un'uscita -di un approdo - nel tempo consueto. Infatti le quattro grandi basiliche romane sono state le "case" in cui si � svolta una parte importante del pellegrinaggio di questo Giubileo. Ciascuna ha la sua storia e ci richiama a una dimensione della vita della Chiesa.

Il Laterano � l'antica cattedrale della Chiesa di Roma che, da un millennio e quasi sette secoli, � testimone delle gioie e dei dolori della vita ecclesiale. Ogni cattedrale ha il suo segreto, quello che trasmette di generazione in generazione come una madre antica che non invecchia. Il segreto della cattedrale � il Vangelo, letto e vissuto in una storia particolare. � quel Libro, che tante volte - come avvenne per Israele nel secondo libro dei Re - capita di smarrire. Una generazione non lo trova o lo perde. Ma, quando quel libro viene ritrovato e letto al popolo, la gente si commuove. La cattedrale � testimone della commozione dei cuori, quando il Vangelo viene predicato. Questo � il suo segreto di vita.

Si chiude la porta del Laterano, ma si aprono ancora di pi� quelle delle nostre Chiese locali. Il Giubileo fa rientrare nelle nostre chiese con pi� gioia. La gioia di chi ascolta il Vangelo. Cos� le porte dei nostri templi debbono essere pi� larghe e accoglienti nei confronti dell'umanit� contemporanea. � l'impegno ad accogliere quei giovani che, specialmente durante le Gmg, hanno vissuto la "gioia della salvezza"; ma � anche l'impegno a fare dell'ascolto della Parola di Dio e della liturgia il cuore pulsante di ogni diocesi. Infatti questo Giubileo ha da dire molto a ogni comunit� locale che, nell'incontro giubilare e nel pellegrinaggio, riscopre qualcosa di pi� della propria vocazione.

Anche la porta giubilare di Santa Maria Maggiore s'� chiuso. Questa basilica, dedicata al nome di Maria nell'antica piet� romana, ricorda la Madre di Dio e Betlemme del Natale. Giovanni Paolo II ha scritto nella Tertio Millennio: "L'affermazione della centralit� di Cristo non pu� essere dunque disgiunta dal riconoscimento del ruolo svolto dalla sua Santissima Madre". Maria � "modello di fede vissuta" secondo il Papa. � questo che tanti pellegrini nei secoli hanno cercato nei santuari mariani e nelle comunit� cristiane: la vita vissuta della fede con concretezza e con semplicit�. � quello che hanno contemplato nella visione di Betlemme, che Francesco d'Assisi raffigur� attraverso il presepe in maniera comunicativa e popolare. Si chiude la porta della basilica e si apre quella della fede vissuta.

Infatti le celebrazioni romane e quelle diocesane del Grande Giubileo immettono in una dimensione di vita alla luce e nella gioia della fede. Nel contempo si aprono le porte delle comunit�, quelle pi� piccole e quelle pi� grandi, quelle delle parrocchie, delle case e delle famiglie. Che cosa vuol dire vivere e comunicare la gioia del Giubileo? Innanzi tutto significa non lasciar spegnere questa gioia nella vita quotidiana, perch� il Giubileo non � una parentesi, ma un passaggio verso il futuro. Le comunit� cristiane e i cristiani debbono vivere di pi� nella gioia, liberandosi da quella tristezza che viene contrabbandata come realismo. Paolo VI, proprio nel cuore dell'Anno Santo del 1975, volle lanciare un messaggio con l'esortazione apostolica, Gaudete in Domino e disse: "Senza allontanarsi da una visione realistica, le comunit� cristiane divengano luoghi di ottimismo�". In un mondo dove quasi tutto si compra e tutto si vende, le comunit� cristiane sono il luogo gioioso della gratuit�. Questa � la loro realt� e tale debbono esprimere con il loro volto.

S� chiusa ieri infine anche la porta santa della basilica di San Paolo fuori le mura, quella che un tempo era lontana dalla citt� di Roma ed ora � immersa in un suo quartiere molto abitato. La memoria dell'apostolo Paolo rappresenta sempre nella Chiesa un invito a riflettere sulla comunicazione del Vangelo. Giovanni Paolo II lo fa nell'ultima parte della Tertio Millennio, mettendo in luce come questa sia una prospettiva decisiva del Giubileo. Anche Paolo VI, nel 1975, dedic� un'importante esortazione apostolica, Evangelii Nuntiandi, al compito dell'evangelizzazione. Le parole di papa Montini ebbero una grande eco in una Chiesa tentata di autoreferenzialit�, in cui era la riforma delle strutture e delle istituzioni a prosciugare ogni energia. Questa era per� una tentazione costante nella vita della Chiesa, quando ci si lascia immergere nelle cose da fare e ci si fa catturare dai problemi e dalle logiche di una realt� solo ecclesiastica.

Ma il resto dell'umanit�? Chiudere la porta del Giubileo vuol dire allora guardare con attenzione alla vita contemporanea, ad un'umanit� in ricerca, ai flussi delle domande e alle ansiet� delle donne e degli uomini dei nostri tempi. Giovanni Paolo II, parlando del vecchio continente, ha scritto: "�si impone un compito urgente di offrire nuovamente agli uomini e alle donne dell'Europa il messaggio liberante del Vangelo". E' questo un invito che attraversa tutto il suo pontificato fortemente connesso a quel suo primo dire: "Non abbiate paura". La Chiesa giubilare non � spavalda dei propri successi e compiaciuta dei propri numeri. Il compito di comunicare il Vangelo resta grande e soprattutto � una compagnia perenne di tutta la sua storia.

In particolare per� una di queste basiliche, quella di San Paolo, dove Giovanni XXIII annunci� il Concilio Vaticano II, parla anche di ecumenismo. L'apertura della porta santa di questa basilica - si ricorder� - era stata vissuta insieme dal Papa e da altre personalit� delle varie Chiese cristiane, tra cui il primate anglicano. L'incontro pancristiano, che il Papa aveva auspicato per il Giubileo, non si � potuto tenere. Ci sono difficolt� non solo tra la Chiesa cattolica e altre Chiese, ma tra le stesse Chiese ortodosse. Tuttavia queste difficolt� hanno spesso accompagnato la storia cristiana. Giovanni Paolo, echeggiando quella espressione di papa Giovanni a cui pare affezionato, ha auspicato nella Tertio Millennio "che il Giubileo sia l'occasione propizia di una pi� fruttuosa collaborazione nella messa in comune delle tante cose che ci uniscono e che sono certamente di pi� di quelle che ci dividono".

Alcuni percorsi sono stati compiuti in questo senso, ma molto resta da fare. D'altra parte l'unit� dei cristiani e l'evangelizzazione sono profondamente connesse tra di loro. Ricordo come un cristiano mediorientale raccontasse lo stupore di un suo concittadino musulmano di fronte alle tante divisioni cristiane che emergevano anche nella celebrazione delle feste. Quello che i cristiani possono fare � immergere maggiormente le loro relazioni nell'amore, evitando quegli abissi di distanza e di diffidenza in cui si annidano i pregiudizi e in cui possono prosperare veri conflitti. Nel 1975, durante l'Anno Santo, part� dal segretariato per l'unit� dei cristiani, a nome di Paolo VI, la proposta che tutte le Chiese celebrassero insieme la Pasqua in una stessa data. Nel 1977, per motivi di calendario, tutte le Chiese la Pasqua cadeva lo stesso giorno.

Ora � nel 2001 che capita la coincidenza della data della Pasqua per tutte le Chiese. Questo caso, dopo il Giubileo, pu� assumere un grande significato sia per la fissazione della Pasqua comune che per la realizzazione di una pi� profonda sintonia tra i cristiani delle diverse confessioni. Le porte dell'ecumenismo non sono chiuse: l'immagine dell'apertura di quella di San Paolo resta un modello per entrare insieme, con lo stesso passo e dietro al Vangelo, anche se diversi, nel secolo che viene.

Andrea Riccardi