Comunità di S.Egidio


 

23/01/2001

I NUOVI 37 CARDINALI
Sacro collegio, i colori dei popoli

 

La nomina di 37 nuovi cardinali ha suscitato discussioni, curiosit� e anche illazioni sul futuro della Chiesa cattolica. Indubbiamente si tratta della pi� cospicua "infornata" di cardinali nella storia, cio� del gruppo pi� largo di nomine fatto insieme da un Papa. Anche se va ricordato che Pio XII, nel 1946, all'indomani della guerra cre� ben 32 cardinali in un collegio assai pi� ristretto. Quel concistoro di papa Pacelli fu l'inizio di un incisivo processo di internazionalizzazione del collegio cardinalizio, giunto ormai a sua piena maturazione. Oggi sembra che l'esigenza principale nelle nomine di Giovanni Paolo II sia quella di far entrare tra i cardinali i principali responsabili della Curia romana e i capi delle diocesi del mondo, ritenute tradizionalmente cardinalizie.

Per le grandi diocesi, la nomina tocca allo stesso tempo la sede e la persona, rispondendo alla volont� di far partecipare i responsabili delle maggiori Chiese del mondo al "senato" del Papa, il che comporta varie responsabilit� (non solo quella elettorale) e un rilievo nelle specifiche Chiese locali. Otto di queste sedi sono in America Latina, come Santiago del Cile o Buenos Aires; ma ci� non d� una coloritura immediatamente latino-americana alle nomine attuali, perch� quelle diocesi avevano avuto sempre alla loro testa un cardinale. Si tocca piuttosto qui l'aspetto pi� rappresentativo del collegio cardinalizio.

Oltre dieci cardinali provengono poi da altre grandi diocesi del mondo, come Dias di Bombay, Policarpo di Lisbona, Poletto di Torino o altri. A questi si aggiunge l'arcivescovo honduregno di Tegucigalpa, Rodriguez, presidente del Celam, la conferenza dei vescovi latino-americani: la sua sede non � cardinalizia, ma in questo caso il Papa ha associato ai cardinali il leader di un grande episcopato continentale. Si nota anche che, in Irlanda, � stato scelto l'arcivescovo di Dublino, la capitale (e il cuore di quel cattolicesimo che pure sta attraversando un momento difficile) e non il primate arcivescovo di Armagh. Due sedi primaziali tradizionali, Toledo in Spagna e Lione in Francia, hanno ricevuto la berretta cardinalizia per il loro titolare. Inoltre con la nomina di Backis, arcivescovo di Vilnius in Lituania, proveniente dalla diplomazia, il fedele e provato cattolicesimo lituano (il pi� folto nelle Repubbliche Baltiche) torna ad avere un suo cardinale.

Le Chiese orientali vedono entrare tre loro pastori nel Collegio: il siriano Moussa Daud (chiamato per� a dirigere la congregazione orientale a Roma), il metropolita dei siro-malabaresi in India (la pi� folta comunit� orientale dopo gli ucraini), e l'egiziano Ghattas, patriarca dei copti cattolici (ultraottantenne). Sembra chiaro che il Papa abbia voluto che tutte le pi� significative Chiese cattoliche siano rappresentate dai cardinali. Si potrebbe dire che molte scelte sono state "istituzionali".

Un tocco pi� personale appare nelle scelte degli "anziani" (gli ultraottantenni), tra cui spicca padre Tucci, un gesuita che rappresenta la continuit� dagli anni di Giovanni XXIII a quelli di Giovanni Paolo II e che ha dato un notevole contributo alla "Gaudium et spes".

Il ristretto numero dei posti disponibili ha probabilmente costretto a ridurre il numero dei neo-porporati di Curia, ma per alcuni di essi la porpora � un complemento quasi indispensabile all'attivit� di guida di importanti congregazioni. Alcuni di essi hanno nella loro biografia anche un'esperienza diplomatica, come Sebastiani gi� nunzio in Turchia, o Cacciavillan, Sepe e lo stesso Re. Sembra per ora accantonato quel meccanismo per cui i nunzi in alcune importanti nazioni, al momento di lasciare il loro incarico, venivano chiamati nel collegio cardinalizio.

La met� dei neo-cardinali di Curia non sono italiani: si va dal vietnamita Van Thuan, di cui � noto il lungo periodo di detenzione nel suo paese, al tedesco Kasper, al polacco Grocholewski, all'argentino Mejia. Il numero delle nomine di italiani appare tuttavia importante, anche in paragone con il calo della presenza italiana nel Sacro Collegio. Ed � un numero significativo anche in rapporto al processo di internazionalizzazione della Curia che, in 35 anni, ha profondamente mutato la composizione prevalentemente italiana di questo ambiente (che pur aveva alcune significative presenze non italiane), chiamando a Roma ecclesiastici di tutto il mondo.

La Chiesa cattolica, nel corso del Novecento, ha percorso un rapido processo di universalizzazione, giungendo a costituire sue comunit� in popoli che non aveva mai nemmeno sfiorato nella sua lunga storia. Cent'anni fa era, in effetti, una realt� tendenzialmente europea e occidentale. Oggi le provenienze dei cardinali rispecchiano la sua geografia universale, che si esprime anche a livello dei primi collaboratori e degli elettori del Papa. Nel mondo della globalizzazione la Chiesa cattolica si presenta come una realt� universale, pronta ad accettare non solo tanti radicamenti universali, ma una comunione senza frontiere e, per cos� dire, a vivere una sua globalizzazione.

La storia della pi� grande e diffusa Chiesa cristiana del mondo non � per� quella di un'organizzazione internazionale, magari sul modello dell'Onu o dell'Unesco, pur con il suo carattere religioso. Il ministero universale del Papa, la collegialit� episcopale, la sede di Roma, tracciano una realt� del cattolicesimo, ben differente dalle organizzazioni internazionali del mondo contemporaneo. Lo si � visto, proprio durante il Giubileo, nel convergere a Roma di tanti fedeli di ogni parte del mondo. D'altra parte i viaggi del Papa, durante i 22 anni trascorsi, hanno mostrato il valore delle Chiese locali, mai ridotte a periferie di una grande "internazionale". Cos� non si pu� leggere l'organizzazione della Chiesa con un criterio numerico o con "quote nazionali", ma c'� una lettura particolare richiesta dalla sua storia, dalle sue finalit�, dalla sua prospettiva. Giovanni Paolo II, nella "Novo millennio ineunte" e nei suoi pi� recenti discorsi, ha richiamato con forza all'idea e alla pratica della comunione come cardine della vita ecclesiale e del governo stesso di questa grande comunit� in tutte le sue articolazioni.

Don Primo Mazzolari, negli anni Cinquanta, lamentava che gli osservatori vedessero la vita della Chiesa come se "da un decennio a questa parte cardinali e vescovi non siano occupati d'altro che della congiura e dell'anticongiura per il delfino". Sappiamo tutti che i cardinali sono il collegio elettorale del Papa. Giovanni Paolo II ha provveduto a ribadire e trasformare la disciplina dell'elezione dei suoi successori con una serie di norme che sembrano migliorarne il meccanismo. Ma la vita della Chiesa � una realt� complessa. In questa nomina di cardinali si vede quanto sia importante la scelta personale del Papa; ma non si pu� non notare come i cardinali da lui scelti siano anche il prodotto di un processo ecclesiale lungo, che ha le sue radici nel vissuto della Chiesa, anzi delle Chiese. Indubbiamente le grandi trasformazioni e l'allargamento della Chiesa ne hanno fatto una grande comunit� mondiale che affronta il compito di comunicare il Vangelo in un mondo globalizzato. Ma vive questa esperienza con caratteristiche sue proprie, quelle di una grande comunit� di credenti, uomini, donne e popoli.

Andrea Riccardi