Comunità di S.Egidio


 

02/03/2001


L'addio di P. Zago
Missionario dei tempi nuovi

 

La vita di Marcello Zago � stata sempre sulle frontiere tra il cristianesimo e il mondo delle religioni non cristiane: vuoi nel piccolo Laos, vuoi nelle grandi citt� asiatiche, o vuoi negli uffici ricoperti e nei colloqui svolti nel corso della sua operosa esistenza. Chi lo ha incontrato in convegni di dialogo interreligioso non pu� non essersi accorto dell'aspetto fondamentale della sua vita: era un missionario. La sua vocazione missionaria - era un oblato di Maria Immacolata - ha il suo primo appuntamento, non ancora trentenne nel Laos, dove lavora in una prima fase tra il 1959 e il 1966. Per gli oblati la missione in Laos fu un'esperienza importante, segnata anche da grandi sacrifici sino al martirio di alcuni religiosi e cristiani locali. Secondo un'innovativa tradizione (che ha caratterizzato in particolare le missioni in Asia nel Novecento), padre Zago cominci� subito a stimare e a studiare le culture e le esperienze religiose del Paese dove operava. Il buddismo, su cui pubblicher� numerosi testi e ricerche, � stato il suo grande tema e, anche, il suo problema teologico e religioso, affrontato sotto varie prospettive.

Questa passione sar� il lavoro di tutta la sua vita: comunicare il Vangelo, amare l'altro, comprenderlo in profondit�, rispettarlo, ascoltarlo. Era un uomo di dialogo con tutti, disponibile all'incontro umano, attento al particolare personale dei suoi interlocutori. La cultura dello studioso arricchiva il tratto umano semplice, diretto, amicale. Ma in lui c'era una sapienza di vita, sorridente e ricca.

Padre Zago, nativo della diocesi di Treviso, esprimeva al meglio quella passione di universalit�, che ha coinvolto pi� di una generazione di cristiani del nostro Paese in una esistenza vissuta ad gentes. E' una passione di universalit�, nutrita dalla convinzione che la Chiesa non pu� rinchiudersi nelle frontiere di antica cristianizzazione, ma deve affrontare il grande mondo non cristiano e con esso tante sfide difficili. Il suo itinerario religioso e culturale lo aveva portato a lungo in Asia, consapevole della difficile missione che attende una Chiesa di minoranza in mezzo al mondo di religioni cos� diverse da quelle "abramitiche". Eppure l'Asia, rappresentava per lui, in un certo senso, la frontiera del futuro per il cristianesimo contemporaneo. Non era pessimista. La situazione non sarebbe cambiata nel breve, eppure proprio l� il cristianesimo aveva un promettente futuro.

In un libro sul dialogo tra cristianesimo e buddismo (edito nel 1985), scriveva: "In genere si nota che l'immagine della Chiesa � pi� positiva quando � conosciuta direttamente o attraverso le sue opere e i suoi fedeli, e quando i vari mezzi di comunicazione sono maggiormente diffusi� Il che fa presagire bene per l'avvenire". Insomma conoscere e farsi conoscere non era qualcosa di inutile per padre Zago. Uomo del terreno concreto, sapeva bene come un rapporto nuovo tra le religioni fosse un processo lungo. Ma � anche un processo inesorabile perch� ormai i mondi religiosi vivono insieme. Per cui bisogna creare una profonda coscienza della propria identit� su cui innestare un vero atteggiamento di dialogo. � questo il suo insegnamento. Nel commentare la "Nostra Aetate", padre Zago scriveva: "Occorre approfondire la propria identit� ed aprirsi al dialogo illuminati dalle esigenze evangeliche". Non fu facile comprendere dopo il Vaticano II il significato autentico del dialogo: per alcuni � stato un entusiasmo effimero, mentre per altri ha finito per sostituire la stessa comunicazione del Vangelo risolvendosi in qualche episodio culturale. Per Marcello Zago il dialogo � stato prima di tutto la sua vita di cristiano, di missionario, di superiore generale della propria congregazione, di vescovo al servizio della Santa Sede nell'attivit� missionaria universale.

Zago ha conosciuto tante forme di dialogo: da quello religioso, a quello culturale, quello dell'esperienza e della collaborazione, quello mistico e quello ufficiale� Non ha nascosto, nei suoi studi, che "la parola dialogo per molti resta avviluppata d'ambiguit� e di imprecisione, nonostante il successo che questo termine ha ottenuto nella letteratura missionaria e in tutti i settori della societ� moderna". Si tratta di una via nuova, non solo per la Chiesa, ma anche per altri mondi religiosi. Ma, per lui, era una via decisiva della Chiesa nel mondo contemporaneo.

La sua partecipazione alla redazione dell'enciclica missionaria di Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, lo vede attento e impegnato. Quel testo rilancia la missione cristiana, anzi afferma, sul finire del Novecento, che la missione non � che all'inizio. Ma la missione non esclude il dialogo: "Il dialogo interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa� mantenendo sempre fermo che la salvezza viene da Cristo ed il dialogo non dispensa dall'evangelizzazione". Con il Papa, mons. Zago era convinto che la missione e il dialogo dovevano mantenere il loro legame intimo "e, al tempo stesso, la loro distinzione, per cui non vengano n� confusi, n� strumentalizzati, N� giudicati equivalenti come se fossero interscambiabili". Aveva tanto colto questo pensiero del Papa, che questi lo volle suo collaboratore come segretario di Propaganda Fide.

Molti hanno conosciuto l'umanit� affabile e umile di Marcello Zago, senza ingenuit� facilone ma con molta freschezza. I missionari e i responsabili delle Chiese locali lo hanno sentito vicino, come uno di loro, attento a comprenderli e a sostenerli: conosceva bene le difficolt� di chi lavora in prima linea per la comunicazione del Vangelo nel mondo non cristiano. Il dialogo e la missione, per padre Zago, dovevano coinvolgere i laici e i movimenti laici. Di questo era un convinto assertore, capace com'era di creare collaborazioni. E cos� lo ricordo nella preparazione e nella gestione di quell'evento di Assisi, il 27 ottobre 1986, di cui egli fu uno dei primi artefici accanto a Giovanni Paolo II. Forse si dovr� comprendere meglio il ruolo che ebbe nella realizzazione di questa straordinaria intuizione papale. Senza sincretismo, ma con molta chiarezza collabor� a creare quell'immagine di "pace religiosa" senza confusione ma anche senza odio, che resta un'icona della storia religiosa degli ultimi decenni. E' un riferimento non solo per il dialogo interreligioso, ma anche per l'ecumenismo.

Un altro architetto del dialogo interreligioso, mons. Pietro Rossano, scomparso ormai dieci anni fa, ricordava come l'incontro tra le religioni era uno dei grandi avvenimenti del Novecento: "cosicch� - scriveva pochi giorni prima dell'incontro di Assisi - in poco pi� di un ventennio si � passati in questo campo dalla preistoria alla storia contemporanea". Rossano era un intellettuale con uno spirito di ricerca vibrante e con una fede salda e evangelica. La sua amicizia e la sua collaborazione con mons. Zago, con il missionario in Asia, sono l'espressione di una convergenza tra la cultura e la missione su di un punto: la necessit� di un dialogo autentico tra mondi religiosi. Con un altro bagaglio di esperienza, Zago rimase legato alle intuizioni che condivideva con mons. Rossano, suo predecessore al Segretariato.

Non si tratta di una generazione di illusi o di entusiasti, di uomini facili a svendere il tesoro della fede per correre dietro a qualche ombra di novit�. Si tratta invece di figure che hanno guardato lontano. Lo comprendiamo meglio oggi, quando ritorna il fantasma dell'intolleranza su tante frontiere tra le religioni, quando politici senza scrupoli sfruttano le differenze religiose a propri fini, quando svanisce la simpatia e emergono diffidenze. Forse ritornare al loro pensiero e alla loro azione ci fa comprendere meglio come la Chiesa cattolica abbia visto, nei tempi lunghi, come la conoscenza, il rispetto, la simpatia, il dialogo tra credenti di diverse religioni siano la base della pace.

Andrea Riccardi