Comunità di S.Egidio


 

29/04/2001


Paese ostaggio di bande impazzite

 

Ancora morti in Algeria: decine di agenti e civili delle milizie di autodifesa sono caduti in un'imboscata nei pressi di Tebessa, vittime di un gruppo terrorista guidato da Abderrezzak "il par�". Intanto non si placano gli scontri tra dimostranti kabili e forze dell'ordine (anche qui si contano decine di morti), che hanno duramente e sanguinosamente osteggiato le manifestazioni in memoria della repressione governativa di ventuno anni fa. Sono fatti che si inseriscono in un rosario di morti, scontri, violenze che si fatica a seguire. Infatti � difficile orientarsi nel dramma algerino: si tratta di una "tragedia a porte chiuse", come scrive uno dei massimi esperti del Paese, Benjamin Stora. Una vera tragedia, che siamo tentati di dimenticare, anche perch� facciamo fatica a vederne la soluzione. Dal 1992 sono state uccise pi� di 100mila persone, come denuncia Amnesty International, mentre migliaia sono state torturate o sono scomparse.

Il dramma algerino non si presta agli slogan dei terribili semplificatori dei nostri tempi, sia per i tanti aspetti oscuri e mai chiariti di quella situazione, sia per la sua altissima complessit�. Non � solo una "crociata" contro il fondamentalismo islamico. Non � solo la dura repressione del potere militare. Si tratta allo stesso tempo, di molte guerre insieme, frutto di follia e assenza di democrazia, ma anche figlie di svariati traumi del passato recente.

Innanzi tutto il trauma di una lunga e sanguinosa guerra di liberazione durata sette anni e combattuta con violenza dai francesi in difesa di quello che consideravano un pezzo di Francia metropolitana. L'Algeria non � stata per i francesi una colonia, quanto un paese entrato nel cuore della Francia. Ma tale non era per la maggioranza degli algerini musulmani. La guerra di liberazione fu anche una guerra civile tra algerini che fece - cos� sembra - un milione di morti.

L'indipendenza ha aggiunto inevitabilmente nuovi traumi. Innanzi tutto l'esodo dei cosiddetti pieds noirs, un milione di europei d'Algeria, spesso nel paese da molte generazioni (su circa dieci milioni di algerini dell'epoca). Con loro se ne andavano anche gli ebrei algerini. Si apriva il dramma dei musulmani che avevano collaborato con Parigi, in particolare gli harki, costretti ad emigrare e eliminati brutalmente. Il nuovo governo algerino sceglieva una politica socialista, simile a quella dell'Est. Una societ� araba e mediterranea subiva il trauma della ristrutturazione socialista. Le confraternite islamiche, tipiche della religiosit� algerina, venivano sciolte o fortemente controllate, mentre l'islam era nazionalizzato sotto l'occhio vigile dello Stato. L'Algeria, che aveva una componente francese e un legame particolare con la Francia, si arabizzava per scelta politica. Ma, proprio per il ribadito carattere dell'arabit�, si apriva un grave conflitto con la minoranza kabila.

Tanti conflitti e tanti traumi in qualche decennio: eppure negli anni Ottanta l'Algeria era una potenza regionale, rispettata e corteggiata sulla scena internazionale. Ma lo Stato, il partito unico e l'economia non hanno retto. Con la crisi del socialismo nazionalista algerino, negli anni Novanta l'islam delle moschee fondamentaliste si trovava a interpretare la rivolta degli studenti e dei marginali. Il governo, nel vuoto culturale dell'islam nazionalizzato, aveva chiamato insegnanti radicali dall'estero, che avevano influenzato una parte del pensiero della comunit� musulmana. L'esperienza della resistenza all'Urss in Afghanistan eccitava e illudeva. La rinascita islamica intercett� la rabbia e la disperazione di non pochi. I militari, che sono il vero asse del potere, hanno creduto in qualche cambiamento esterno e nella liberalizzazione della politica e del mercato. Ma, alle elezioni del 1991, gli islamisti dimostrarono la loro forza. Dall'annullamento dei risultati elettorali si � sviluppato un sanguinoso terrorismo di marca islamista. La "cultura della morte", come scrive Lahouari Addi, ha dominato gli anni Novanta.

Riconoscere il lato oscuro e violento della repressione (spesso contro la stessa popolazione) non vuole nascondere l'aspetto ancor pi� folle e brutale del terrorismo algerino. I colloqui del 1994 e 1995 - i cosiddetti accordi di Sant'Egidio - intendevano proporre una base per la riconciliazione nazionale che portasse all'abbandono della violenza. A quell'epoca c'era una parte fondamentalista con cui sembrava che si potesse trattare. Del resto, nel 1999, con quattro anni di ritardo, il potere militare ha concluso un accordo con un settore armato fondamentalista. A met� degli anni Novanta si poteva provare ad arginare l'impazzimento nella frammentazione del mondo islamista, oggi ridotto a bande che continuamente si riproducono. Quegli accordi furono osteggiati, non solo da gruppi islamici radicali, ma anche dal potere militare e da chi chiedeva una guerra senza quartiere al movimento islamico. Questo movimento � certo poco accettabile, ma � ancora una parte della realt� algerina.

Il presidente Zeroual e i militari hanno condotto una guerra senza quartiere dal 1995 al 1999. Di anno in anno si parlava della guerriglia come "fenomeno residuale" destinato a essere battuto in breve. Non � stato cos�. Il terrorismo islamista ha compiuto atti ignobili. La societ� algerina � stata martoriata. Poi, con il 1999, il nuovo presidente, Bouteflika, ha ripreso l'idea della riconciliazione e del dialogo; ha reso operativo un accordo con una parte armata dell'islamismo; ha messo in campo una vasta legge di amnistia. Il dramma continua. La riconciliazione � difficile. � tardi. Il mondo islamista, che attrae tanti giovani poveri e disperati, e ormai non sa ritrovare un discorso politico. La rendita petrolifera sorregge un'economia di guerra drogata. La societ� algerina, nonostante gli aspetti di libert�, ha un cuore duro autoritario. Intanto si muore: contadini, soldati, donne, intere famiglie, giovani�

Bouteflika ha fallito? Oggi non si vedono alternative n� al presidente n� alla sua politica. Bisogna che Bouteflika vada avanti con maggior ampiezza e decisione. I governi occidentali, distratti, timorosi di coinvolgimento, preoccupati di urtare la sensibilit� algerina, non possono avere solo una politica di buoni affari e di scarso rilievo verso un grande �vicino�. Una politica occidentale di pi� alto profilo aiuterebbe anche Bouteflika. Ma soprattutto non si pu� accettare che in Algeria si continui a morire in questo modo. La maggioranza degli algerini vuole sicurezza e pace, lavoro e democrazia. Sono beni negati da troppi anni ai nostri vicini mediterranei. Il domani � buio. Si calcola che quasi il 40% degli algerini abbia meno di 15 anni. Questi giovani, cresciuti negli anni Novanta all'ombra della cultura della morte, hanno diritto a un futuro migliore.

Andrea Riccardi