Comunità di S.Egidio


 

26/05/2001


Guardare agli altri riprogettando se stessi

 

Nel polverone dei dibattiti sulle recenti elezioni e sulla formazione del nuovo governo, rischia di passare inosservato proprio il discorso che il presidente Ciampi ha pronunciato ieri alla Giornata dell'Africa. Volendo, lo si potrebbe archiviare tra gli interventi rituali che si impongono nel quadro di una celebrazione cerimoniale. Mi pare invece che il capo dello Stato abbia voluto dire qualcosa di rilevante in un periodo in cui non pochi voltano le spalle all'Africa. Anzi, ha dato con l'occasione un contributo significativo a una "filosofia" dell'interesse nazionale sul lungo periodo, al di l� di circostanze contingenti. Il nostro Paese infatti ha bisogno di riflessioni fondative che lanciano lo sguardo in avanti, perch� il dibattito rischia troppo spesso di affondare nel personalistico o nel contingente, anche quando si parla di relazioni internazionali.

Ma che c'entra l'Africa con l'interesse nazionale? Non � inutile chiederselo, specie se per politica internazionale si intendono la difesa e la promozione dei propri interessi in maniera molto rapidamente redditizia. In realt� il presidente Ciampi parla di un interesse nazionale coltivato sul tempo periodo, anzi di un "compito epocale": "Abbiamo di fronte a noi - dice - un compito epocale: collegare saldamente e durevolmente il futuro dell'Africa all'Europa. Questa rifondazione impegna anche le istituzioni e i valori"sembrerebbe, al contrario, nostro interesse creare una barriera protettiva dal Sud del mondo, cos� poco redditizio, inquieto, instabile politicamente, capace di scaricare milioni di emigrati. E' in fondo il vagheggiamento d'un vallum tra Nord europeo e Sud africano, un muro politico se non materiale, per proteggere dal contagio dei mali africani. Al contrario Ciampi parla di un collegamento durevole e saldo: non si tratta di un omaggio al decaduto pensiero terzomondista, ma di una visione realista e larga dei rapporti tra Italia, Europa e Africa. Infatti, nonostante le profonde differenze (peraltro esistenti anche nell'ambito del vecchio continente), Europa e Africa fanno parte dello stesso spazio di civilt�. La storia antica, la geografia, la vicenda del colonialismo, le interconnessioni attuali, dimostrano chiaramente l'appartenenza a una comune civilt�. Il presidente Ciampi continua: "Siamo troppo vicini per tracciare linee divisorie. Le minacce del vostro ambiente, la desertificazioni, l'inquinamento delle acque, le malattie infettive, la distruzione delle foreste, sono minacce anche al nostro ambiente". Non si tratta solo dell'eredit� del passato, ma di una comunanza di ambiente, di problemi e di prospettive. La stessa questione dell'immigrazione va affrontata non come una ricorrente emergenza, ma in questo orizzonte: quello di un destino comune tra i due continenti, in cui lo sviluppo dell'uno � importante per la vita dell'altro. Il Capo dello Stato lo dice: "i grandi timori della societ� europea� impongono di volere un'Africa che cresca insieme all'Europa".

Questa - diciamolo pure - � una visione di civilt� in cui si pu� collocare una seria politica verso il Sud del mondo. Ed � una posizione estranea alle ricorrenti colpevolizzazioni dell'Europa, ma certo anche una riaffermazione della responsabilit� dell'Europa nel continente nero. Tuttavia non si pu� prescindere da una responsabilit� peculiare delle classi dirigenti africane. L'Africa - ricorda il presidente - non pu� permettersi di disperdere energie e ricchezze nei conflitti armati. La triste storia dell'Africa delle guerre � quella di conflitti per procura, ma anche (e pi� recentemente) quella di gruppi che hanno dilapidato le risorse di interi paesi. Del resto "la pace non pu� essere imposta" - come dice Ciampi - ma la debbono volere gli africani stessi. Lo dimostra la storia recente di tanti conflitti che hanno richiesto la maturazione dei gruppi in lotta verso la scoperta della pace come il maggior interesse comune.

L'Italia, nelle parole del suo presidente, considera prioritaria la responsabilit� delle classi politiche africane: "Nessuna assistenza internazionale pu� sostituirsi all'assunzione di responsabilit� fondamentali dirette: consolidare democrazia e pluralismo politico; promuovere i processi di dialogo e riconciliazione nazionale; tutelare i diritti umani; rispettare le opposizioni politiche e le minoranze; coltivare la libert� di espressione e di religione; gestire con trasparenza e produzione". Sono principi fondamentali di buon governo alla base di una collaborazione tra Europa e Africa, che veda come protagonisti i dirigenti africani. Nessuno, neanche il Paese pi� dotato di mezzi, pu� sostituirsi alla responsabilit� degli africani, che restano interlocutori decisivi per il futuro del continente. Questo � il segno che il colonialismo e il neocolonialismo sono finiti. Forse bisogna pensare il futuro in maniera nuova e costruttiva. La politica europea deve tendere a rafforzare gli Stati democratici. Infatti, di fronte a Stati deboli, piccoli, con poche risorse, si possono occasionare non solo conflitti, ma soprattutto allargare gli spazi operativi per le organizzazioni criminali e occulte. Queste organizzazioni, che gi� operano saldamente in Africa, sono spesso pi� potenti di non pochi Stati; possono essere interessate d'altronde a usare le franchigie degli Stati e a controllare le loro risorse. L'Africa rischia anche di avere larghi spazi dominati dalla criminalit� internazionale. Questo � anche il portato della marginalizzazione del continente nel quadro della vita economica internazionale: "L'Africa - dice Ciampi - � la regione finora meno avvantaggiata dai processi di integrazione dell'economia mondiale� Solo attraverso il trasferimento in Africa di capitali e iniziative produttive, che creino sul posto lavoro e meccanismi di crescita, si realizzano scambi equilibrati fra Africa e resto del mondo". E' chiaro che i paesi africani, da parte loro, debbono garantire le condizioni di stabilit� e di vivibilit� per queste iniziative.

Sono molti altri gli spunti che il presidente Ciampi suggerisce: l'emergenza Aids, che sar� una priorit� nell'agenda del G8 di Genova, la cancellazione del debito estero dei paesi pi� poveri (che l'Italia attua oltre gli impegni di Colonia e a cui il mondo cattolico � molto sensibile), l'apertura dei mercati europei alle esportazioni africane... Si pone il grande interrogativo su come l'Africa possa partecipare in maniera vantaggiosa e decorosa al processo di globalizzazione che sta ristrutturando il mondo contemporaneo: "l'inclusione dell'Africa � la prossima sfida" - conclude il presidente.

Questo discorso richiederebbe una meditata riflessione, ma capace di fondare una politica di vero interesse nazionale e di coscienza della solidariet� del destino tra Nord e Sud. Non si tratta - come si � fatto in modo strumentale - di ripetere che "l'Africa � nelle mani degli africani", per lasciar cadere ogni rischio della solidariet� e voltare le spalle al continente. Grande � la responsabilit� degli africani, ma "l'Africa non deve essere lasciata sola". Sentire queste riflessioni dal Capo dello Stato rivela come in Italia esistono energie morali e intellettuali per pensare il Paese non in maniera riduttiva e provinciale. Fanno parte di un vero e beninteso "orgoglio nazionale". Il presidente indica un obbiettivo per la politica nazionale e europea: "La povert�, le guerre, la violazione dei diritti umani non possono essere affrontati alla radice senza una strategia complessiva di integrazione nello sviluppo� E' la marginalizzazione che dobbiamo, insieme, sconfiggere".

Andrea Riccardi