Comunità di S.Egidio


 

12/06/2001


La �piccola Onu� italiana che s�ispira a S. Francesco
Intervista ad Andrea Riccardi, fondatore della Comunit� di Sant�Egidio che da pi� di trent�anni soccorre i poveri e gli emarginati ma s�impegna anche nella soluzione dei conflitti che dilaniano il mondo

 

Un gruppo di cristiani laici, animati dallo spirito del Concilio Vaticano II, da pi� di trent'anni conduce una diplomazia parallela a quella degli Stati, intervenendo con risultati a volte straordinari nei pi� intricati nodi internazionali: nel 1992 contribu�, con la sua autorit� morale, a mettere addirittura fine alla guerra civile in Mozambico, facendo sedere al tavolo delle trattative, dopo sedici anni di sanguinosi scontri e un milione di morti, i rappresentanti del governo marxista e quelli della guerriglia di destra che lo combatteva. Gli stessi uomini hanno svolto la loro attivit� di mediatori in molti altri luoghi tormentati del pianeta, dall'Algeria al Burundi, dal Guatemala al Kosovo, dai Paesi Baschi al Congo, meritandosi l'appellativo di "Onu di Trastevere". Si tratta della Comunit� di Sant'Egidio, fondata a Roma nel 1968 dal professor Andrea Riccardi e da un sacerdote che oggi � vescovo di Terni, Vincenzo Paglia, in un ex-convento carmelitano di Trastevere (da cui prese il nome) per soccorrere i poveri, i vecchi, i bambini abbandonati. Oggi la Comunit� ha pi� di 30.000 aderenti in 45 Paesi e a Roma distribuisce, nella mensa di via Dandolo, pi� di mille pasti al giorno a emarginati e immigrati; ed � candidata al premio Nobel per la Pace. Andrea Riccardi, docente universitario di Storia contemporanea, ha 51 anni e di recente ha pubblicato il volume Il secolo del martirio (Mondadori), sull'olocausto di tanti cristiani nel Novecento.

- C'� qualche differenza fra il suo cristianesimo e quello del Pontefice?
"No, il mio cristianesimo collima totalmente con quello del Papa".

- Un Papa che chiede continuamente perdono.
"E' questo che mi piace. Qualcuno lo giudica un segno di debolezza, ma io rispondo a queste obiezioni con le parole che qualche giorno fa mi ha detto l'arcivescovo anglicano di Canterbury: 'Quale altro leader abbiamo oltre al Papa?'"

- Un bel riconoscimento, considerando che viene da un antipapista?
"Giovanni Paolo II � debole fisicamente, ma ha una forza impressionante. In un mondo senza leader capaci di parlare di valori, la sua figura cresce ogni giorno di pi�. E' l'unico che lo faccia. Non c'� nessuna debolezza in lui. Chiedere perdono, anzi, � un segno di forza, di radicamento nei principi cristiani. E per di pi� il Papa dice 'chiedo perdono e do il mio perdono'"

- Chi perdona Giovanni Paolo II?
"Il Novecento � stato il secolo dei martiri cristiani. Una moltitudine di martiri anonimi".

- Me ne citi qualcuno.
"Gli armeni della Turchia, i cristiani dell'Europa assoggettata al regime comunista e al nazismo, i missionari in Africa, tanto per fare qualche esempio. All'Olocausto ebraico va aggiunto il martirio cristiano. Persone semplici, come quella contadina italiana che durante l'ultima guerra mondiale accolse nella sua casa fra i monti alcuni aviatori alleati, il cui aereo era stato abbattuto. Arrivarono i nazisti, li scoprirono e fucilarono la donna. Prima di ucciderla, un nazista le chiese perch� l'avesse fatto, e lei rispose : 'L'ho imparato al catechismo'. E' cos�: dar da mangiare agli affamati?".

- E' quello che un giorno lei stesso decise di fare?
"S�. Era il 1968, erano giorni di agitazioni sociali, di grandi progetti, di grande protagonismo dei giovani".

- Cos� fondaste la Comunit� di Sant'Egidio.
"Eravamo dieci studenti universitari. Nelle baracche della periferia romana aprimmo una scuola per bambini non scolarizzati, poi venne il resto".

- Che cosa vi spingeva?
"La scoperta del Vangelo come libro di vita. Ma era l'atmosfera di quei giorni: dopo il Concilio Vaticano II, ci sentivamo chiamati a occuparci della societ�, a fare qualcosa?".

- Con quali soldi?
"Non so, con quelli che mi dava mio padre per una pizza o per il cinema, con niente. Oggi siamo presenti in 45 Paesi. Ogni comunit� vive con donazioni volontarie ed � totalmente autonoma. E, cosa molto importante, i membri di ogni comunit� sono persone del luogo, cristiani laici".

- Perch� non � diventato sacerdote?
"C'� chi vorrebbe diventare un cantante, ma � troppo stonato. Io ho capito che il mio progetto personale di vita, quello che rispondeva alle mie aspirazioni, era questo".

- In cosa consiste questo progetto?
"Nell'aiutare i poveri, gli emarginati, gli immigrati, i bambini abbandonati. A Roma distribuiamo ogni giorni un migliaio di pasti. C'� chi dice che la gente approfitta di noi, ma io credo che chiunque avesse la possibilit� di mangiare a casa propria non verrebbe a chiedere una scodella di zuppa in una mensa per poveri. Viene da noi chi ha veramente bisogno. Voglio raccontarle due storie.

"Sono stato di recente nei Balcani e mi hanno presentato un vescovo ortodosso. Si � infilato una mano in tasca e mi ha mostrato il libretto di tagliandi per mangiare alla nostra mensa. Era stato un emigrante albanese in Italia. E ancora. Ho visitato un carcere nella Guinea Conakry e un detenuto mi si � rivolto in italiano: anche lui era stato alla mensa della nostra comunit�".

- Che conclusione ne trae?
"Che siamo l'internazionale dei poveri".

- Per la maggior parte si tratta di immigrati?
"S�, e intorno ai nostri tavoli si organizzano in un gruppo europeo che lavora per la concordia fra i popoli".

- C'� un acceso dibattito nella nostra societ� sui diritti e i doveri degli immigrati.
"Abbiamo bisogno di loro. E loro chiedono solo di integrarsi, di essere come gli altri. Esaudiamo questo desiderio e tutto andr� bene".

- Non c'� il rischio che trasformino le nostre chiese in moschee?
"L'Islam non attecchir� mai in Europa. E' una civilt�, e ha caratteristiche che non ci corrispondono. Sono le religioni orientali, invece, come il buddismo, ad attirare, perch� permettono una religione personale, 'alla carta'".

- Ma i musulmani chiedono moschee.
"E diamogliele. E' un loro diritto. Anche loro devono rispettare i nostri diritti. Per questo la laicit� � importante. Lo dice il cristianesimo: diamo a Cesare quel che � di Cesare e a Dio quel che � di Dio. Purtroppo la Chiesa non ha sempre obbedito a questo principio".

- Ma pi� si rafforza la laicit�, meno forte � la Chiesa.
"No. L'ultima parte del Ventesimo secolo ha segnato la rivincita di Dio. All'inizio sembrava, in effetti, che la modernit�, la secolarizzazione significassero un indebolimento della religione; ma alla fine si � visto che era il contrario, modernit� e secolarizzazione hanno portato pi� religione. In questo senso la Chiesa deve trovare una nuova collocazione".

- Mi definisca il suo cristianesimo come laico.
"Sono un misto: sono cristiano e insieme laico, sono un po' ebreo, un po' globalizzato? Come tutti noi".

- Qual � stato, secondo lei, il momento pi� buio della Chiesa?
"Quando si identific� con l'aristocrazia, entr� nel Palazzo e divenne un potere temporale".

- E il momento migliore?
"San Francesco d'Assisi che va nelle strade e si mescola ai poveri".

- Come fate voi oggi?
"Pi� modestamente. Noi non siamo nulla?".