Comunità di S.Egidio


 

27/06/2001


Il perdono come balsamo su ferite laceranti

 

Nel 1942, a Leopoli, un giovane appartenente alle SS, in punto di morte chiese di parlare con un ebreo, il quale svolgeva lavori forzati nell'ospedale dove il primo era ricoverato. L'ebreo si chiamava Simon Wiesenthal, che racconta questa storia ne "Il Girasole": "Voleva morire in pace - ricorda il futuro cacciatore dei criminali nazisti-� dopo aver ottenuto il perdono da un ebreo. Ritenni di doverglielo rifiutare. Questa vicenda - conclude - continua a tormentarmi". Wiesenthal ricostruisce l'episodio, dopo aver narrato dell'impatto doloroso vissuto per le strade di quella Leopoli che lo aveva visto giovane e libero, prima della cattura da parte dei nazisti, mentre veniva condotto in citt� dal lager dov'era prigioniero e condannato a morte.

La storia proviene dalla stessa Leopoli, nella quale si trova in questi giorni Giovanni Paolo II. Una citt� segnata da tante sofferenze anche in tempi recenti. Le sue strade portano i segni di indicibili dolori. Da tutti questi dolori, anzi dall'identit� stessa di Leopoli, spunta una domanda decisiva: come si pu� vivere insieme in pace, pur appartenendo a comunit� etniche e religiose diverse?

Il viaggio del Papa in Ucraina ha avuto tra i suoi effetti quello di mettere in luce vari aspetti difficili della convivenza in quel Paese tra le diverse comunit� religiose ed etniche. Peccato che l'osservatore occidentale rischi di guardare a questi problemi in maniera distratta e, in fondo, con un occhio di superiorit�. Riemerge cos� uno stereotipo soggiacente alla mentalit� occidentale: le religioni non riportano forse indietro nella storia, in un mondo tinto di fanatismo e - perch� no? - di oscurantismo? In realt�, senza voler fare l'apologia n� delle divisioni n� dei conflitti, queste terre non sono state solo patria di eterni scontri tra comunit� diverse. Sono state, spesso, proscenio di una grande e significativa convivenza tra popoli differenti. Peculiarit�, questa, che talora si dimentica. E chiss� se queste terre di conflitto, non siano tali proprio perch� erano regioni di coabitazione tra mondi etnici e religiosi differenti, quando invece in Occidente le nazioni europee tendevano all'omogeneit�.

Leopoli, dal canto suo, � una citt� dove hanno convissuto insieme polacchi (cattolici latini), ucraini (greco-cattolici in grande maggioranza e ortodossi), ebrei (quasi tutti sterminati durante la seconda guerra mondiale), e persino una piccola comunit� di armeni. Era una citt� tipica di un mondo imperiale, quello degli Asburgo, che si sviluppava - come tutti gli imperi- all'insegna della multietnicit�. Dopo la fine del dominio asburgico, la citt� e la regione vicina subirono il tentativo di "polonizzazione" da parte della nuova Polonia che aveva riacquistato l'indipendenza; poi, con l'incorporazione nell'Unione Sovietica durante la seconda guerra mondiale, la citt� fu "ucrainizzata" con l'espulsione di buona parte della sua popolazione polacca. Nell'intermezzo dell'occupazione tedesca, la grande comunit� ebraica venne sterminata nel quadro dell'implacabile progetto nazista di sradicamento dell'ebraismo europeo. Di suo l'ebraismo locale aveva una storia molto significativa e religiosamente assai ricca (� il caso degli hassidim), ma segnata dal dolore, dai pogrom zaristi, dalla persecuzione.

Leopoli � una citt� che, nel Novecento, si � ritrovata stretta dunque in un progetto etnico-nazionalista. La sua storia e la sua identit� sono plurali, come alcune altre citt� europee nate nel tessuto ricco dei grandi imperi, quale ad esempio Sarajevo, citt� simbolo negli anni Novanta. Ma il nazionalismo s'� svelato implacabile, provocando guasti irreparabili sulla qualit� della convivenza in queste citt� cosmopolite. Tuttavia, il mondo dell'Est europeo, nonostante i forti caratteri nazionali di molti Paesi, � rimasto costantemente aperto agli apporti delle minoranze. L'Ucraina attuale � una terra di minoranze e pertanto d'ospitalit�: solo il 73% degli abitanti pu� dirsi davvero ucraino e si trova a convivere con russi e russofoni, polacchi, moldavi, ebrei, ungheresi, romeni, tatari. Anche la lunga storia della Polonia � quella di una convivenza tra genti diverse. Il bel libro di Eva Hoffman, Shtetl, ricostruisce con obiettivit� e passione, il mondo degli ebrei polacchi che, nel Rinascimento, si rifugiavano in quella che era "una terra senza roghi". Insomma, l'intreccio multietnico e multireligioso dell'Est europeo non � una via diritta senza difficolt� e senza drammi, ma � anche una pagina di grande civilt� del convivere. Molto di questo mondo � perduto, come canta Antoni Slonimski: "Sono ormai scomparse quelle piccole citt� dove il vento fondeva gli inni biblici, le melodie polacche e le nenie slave�".

Ricordo di essere stato a Leopoli negli anni in cui la Chiesa greco-cattolica viveva ancora nella clandestinit� e di aver visitato nella sua povera abitazione il metropolita Sterniuk, un uomo sereno malgrado il tanto patire. Ricordo anche le lacrime sul volto dei fedeli nelle prime liturgie celebrate nel tempo della riacquistata libert�. La storia dei greco-cattolici � stata una vicenda di dolorosa persecuzione sotto l'oppressione staliniana. Poi, dopo l'89, la libert� riconquistata dai greco-cattolici � divenuta occasione di incomprensione con i russo-ortodossi, i quali hanno visto scomparire una delle regioni pi� fiorenti della loro Chiesa, proprio in Ucraina occidentale.

Ma tutti, seppur in misura diversa, hanno sofferto e non solo per incomprensioni di carattere religioso. Ogni popolo ha la sua storia di dolori, pi� o meno grave. L'Ucraina non fa certo eccezione. Anzi, qui c'� il rischio che la memoria delle proprie sofferenze crei un nuovo muro e condizioni in maniera pesante il modo di vivere con l'altro. Giovanni Paolo II, alludendo al rapporto tra polacchi e ucraini, ha detto alcuni concetti di grande rilievo nella sua omelia a Leopoli: "E' tempo di prendere le distanze dal doloroso passato. I cristiani delle due nazioni devono camminare insieme nel nome dell'unico Cristo, verso l'unico Padre, guidate dallo stesso Spirito Santo, fonte e principio di unit�. Il perdono offerto e ricevuto si diffonda come balsamo benefico nel cuore di ciascuno. La purificazione della memoria storica disponga tutti a far prevalere quanto unisce su quanto divide, per costituire insieme un futuro di reciproco rispetto, di fraterna collaborazione e di autentica solidariet�". Sono parole che sgorgano dal cuore di un uomo e di un cristiano, papa Wojtyla, che ha vissuto da molto vicino le vicende dolorose di quella terra, ma che �, allo stesso tempo, un testimone della necessit� di vivere insieme e della responsabilit� di cercare quello che unisce, mettendo da parte quanto divide.

Non si tratta solo di chiudere i conti del passato in una terra tribolata. I problemi, che si incontrano a Leopoli e in Ucraina, hanno una valenza europea e forse universale. Infatti, anche nel mondo delle nazioni si ripropone, in maniera nuova e pressante, la grande questione della civilt� del convivere. La globalizzazione, le emigrazioni riproducono ovunque quel tessuto complesso e articolato, che si trova da secoli nelle regioni dell'Est europeo, nelle terre di rifugio o di frontiera, nelle citt� costruite al di fuori dei progetti nazionali e nazionalisti. La Chiesa, che nel Novecento ha sentito con particolare intensit� i problemi della pace, oggi sta affrontando una questione vitale per il futuro dei nostri paesi, quella della convivenza tra le diverse identit� nazionali e religiose. Il viaggio di Giovanni Paolo II tocca da vicino questi problemi e conferma che il Vangelo, al di l� dei muri e delle tristi eredit� del passato, � una forza liberante per rafforzare - come egli ha detto- la "comunione, insidiata dal ricordo delle vicende storiche e dai pregiudizi sorti dal nazionalismo". Il Vangelo � all'origine dell'arte del vivere insieme. Quando la parola del messaggio evangelico si oscura, allora si alzano i muri e si tracciano nuove frontiere.

Andrea Riccardi