Comunità di S.Egidio


 

08/07/2001


Un mondo alla ricerca di nuove sintesi geopolitiche

 

Il Patto di Varsavia, sottoscritto il 14 maggio 1955 a Mosca, rappresent�, per le societ� che si definivano socialiste, una realizzazione degli ideali di eguaglianza e fraternit� fra �Paesi fratelli�. Le nazioni firmatarie, infatti, sottoscrissero un �trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza� inserito nella logica della guerra fredda che contrapponeva anche militarmente i due schieramenti usciti dalla conferenza di Yalta. Dopo la caduta del Muro di Berlino, senza neppure la partecipazione di Gorbacev, i capi di Stato e di governo della nuova Europa Orientale apposero la loro firma sul documento che proclamava Io scioglimento di quel Patto (1� luglio 1991), constatandone la fine dei valore militare.

Lo scioglimento del Patto di Varsavia � una delle espressioni pi� eloquenti di quel cambiamento radicale che ha investito l�Europa nell�ultimo decennio del Novecento. Ai due grandi imperi, americano e sovietico, sono subentrate le identit� di ieri, quelle etniche e nazionali. E cos�, in un mondo globalizzato, in cui i modelli sono sempre pi� universali, si � aperto uno spazio immenso per le identit� minori contrapposte.

E� interessante notare la grande capacit� aggregativa delle passioni nazionali o nazionaliste.

Ci� che � avvenuto nell�Est europeo ci interessa in modo particolare perch� vicino geograficamente e culturalmente. Ma non � che un esempio della forza di attrazione riacquisita dalle identit� nazionali, una prospettiva che, con il passare degli anni, tende a rimodellare le appartenenze e, al tempo stesso, rappresenta un paradosso reale in un mondo sempre pi� globalizzato.

Contemporaneamente si assiste ad un grande sviluppo dei fondamentalismi: religioso, etnico, nazionale.

La parola �fondamentalismo� era fino a non molti anni fa riservata agli addetti ai lavori e agli studiosi, mentre oggi � entrata nella vulgata. Si tratta di una realt� palpabile nel nostro tempo, quella di identit� contrapposte in lotta non solo tra loro ma anche con un mondo che si percepisce troppo globale e grande.

L�impero dell�Est aveva il suo cuore sul limite orientale dell�Europa, ma pur sempre a contatto con il Vecchio Continente: Mosca e l�Unione Sovietica, a modo loro, erano una realt� europea. Da Mosca, verso il mondo intero, partiva un progetto imperiale, sorretto da un�utopia politico-ideologica, quella comunista, che si estendeva a Paesi lontani.

Forse il comunismo sovietico � stato l�ultimo progetto imperiale europeo che ha varcato, con forza, le frontiere del Vecchio Continente. Una strategia che, a partire dall�Europa, si proponeva a tutti i Paesi del mondo come modello e dominio nella sinistra logica del totalitarismo.

Dopo il 1989 sono finiti gli imperi, l�ansia di libert� ha finito col prevalere in maniera inarrestabile sugli ultimi disperati tentativi di sopravvivenza di un�ideologia ormai scoperta di fronte al mondo nelle sue falle e nelle sue contraddizioni. Lo scioglimento del Patto di Varsavia nel 1991 � stato, in fondo, la semplice ratifica di una realt� gi� consegnata alla storia.

E� rimasto per� aperto il grande problema irrisolto del secolo appena concluso: quello del governo mondiale e di processi unificativi al di l� degli interessi nazionali. Il Novecento ha consumato tutte le forme imperiali, da quelle millenarie a quelle pi� recenti, lasciando in eredit� un universo senza imperi.

Il paesaggio del nuovo secolo � contrassegnato dagli Stati-nazione che hanno vinto ovunque, nonostante siano evidenti i loro limiti. Non sono pi� capaci di una proiezione universale, e quindi, primi fra tutti gli Stati europei, si ritirano dagli scenari del mondo contribuendo in qualche modo all�attuale stagione di insicurezza e di disillusione.

Una delle conseguenze pi� drammatiche � costituita dalla guerra, riapparsa a tanti livelli non pi� solo �locali� ma regionali, dopo la caduta delle speranze ingenue di un�et� senza conflitti ispirate dai cambiamenti dell�89.

Il quadro che abbiamo davanti � quello di una vera e propria proliferazione del ricorso alla guerra. Ci� � accaduto e sta accadendo nelle aree povere del mondo: dal 1980 a oggi circa la met� dei Paesi a basso tasso di sviluppo ha conosciuto il conflitto. Nell�ultima decade del Novecento praticamente quasi tutti gli Stati dell�Africa hanno conosciuto la triste esperienza di una guerra o di una crisi interna violenta. Ma la guerra ha toccato anche l�Europa, come mai si era pi� registrato dalla fine del secondo conflitto mondiale.

A ci� si aggiunga il rischio che corrono i popoli usciti dalle catene del totalitarismo di incorrere in altre schiavit�. Basti pensare a quali difficolt� ha portato e continua a portare il miraggio della societ� capitalistica e consumistica in Paesi costretti per decenni a restrizioni e povert�.

Si tratta di un quadro storico che impone una riflessione. Emerge infatti, di fronte alla caduta di certi sistemi e a maggior ragione in un mondo globalizzato, l�esigenza di creare delle sintesi geopolitiche che offrano maggiore stabilit� di sviluppo alle popolazioni, e che, soprattutto, costituiscano un freno alla crescente conflittualit� tra Stati e tra etnie.

Marco Impagliazzo