Comunità di S.Egidio


 

08/07/2001


G8, la carica dei "Papa boys"
Tettamanzi: "I giovani tornino alla vita politica"
A Genova tremila "sentinelle di Wojtyla":
"Siamo venuti perch� vogliamo capire di pi�"

 

Stefania, sedici anni, accovacciata sul pavimento della chiesa di Nostra Signora delle Vigne, � venuta da Torino perch� vuole capire: �Non mi basta quello che dicono i telegiornali. Ho bisogno di sapere di pi�, ho bisogno di testimoniare che non si pu� essere troppo egoisti, sono qui perch� voglio far valere le mie idee senza gesti plateali o violenza�. Pino, venti anni, � alla ricerca di proposte per superare la povert� del terzo mondo. �Sono rimasto colpito dal filmato sull'Africa, quanta miseria!�, esclama. Elena, studentessa universitaria, sente che deve �testimoniare� e intuisce che forse per cambiare le cose dovr� forse un giorno fare politica, �ma mi spaventa�. Fausto, giovane agricoltore di Reggio Emilia, gira con una grande bandiera fatta di cento vessilli e vuole dire basta: �Basta con una situazione in cui i paesi industrializzati hanno tanto e nei paesi poveri c'� gente che vive con un dollaro al giorno�.

Non protestano, non urlano, non dimostrano. Cercano, sperano, sognano un �mondo dove tutti abbiano da vivere�, i tremila giovani venuti a Genova per manifestare la loro adesione al manifesto sul G8 delle sessanta associazioni cattoliche. Sono le sentinelle di papa Wojtyla, i ragazzi e le ragazze a cui il vecchio pontefice ha detto, chiudendo nell'agosto 2000 la Giornata mondiale della giovent�, di �rendere questa terra sempre pi� abitabile per tutti�.

Non hanno pi� i labari delle ideologie, ma sono sensibili alle cifre del dolore. I miliardi costretti a sopravvivere con uno o due dollari al giorno. La morte per fame che raggiunge un bimbo ogni otto secondi. L'acqua potabile che manca. I milioni falciati dall'Aids e dalle altre malattie come la tubercolosi e la malaria. �Non sono statistiche, sono fratelli�, dichiara Ernesto Diaco, vicepresidente dell'Azione cattolica, e loro applaudono. �Non vogliamo che questa globalizzazione senza regole diventi il nuovo nome del colonialismo�, sostiene Luigi Bobba presidente delle Acli, e loro annuiscono. �Tutti siamo persone, vogliamo essere cittadini di un mondo solidale�, recita il manifesto che si esprime per una globalizzazione dalla parte dei poveri, e loro fanno scrosciare gli applausi.

Applaudono anche Umberto Vattani, segretario generale del Ministero degli Esteri, quando parla di una strategia globale di riduzione della povert� e lo fischiano quando esalta l'ingresso dell'Italia, nel 1975, fra i sei paesi pi� sviluppati del mondo (riflesso condizionato cattolico contro ��i ricchi''). Il mix di fischi e applausi al rappresentante del governo, cui il manifesto viene solennemente consegnato in mattinata al Teatro Carlo Felice con la richiesta di cancellare il debito dei paesi poveri, istituire una tassa sulle transazioni finanziarie mondiali, controllare rigidamente il mercato delle armi, rendere operante l'accordo di Kyoto sulla protezione dell'ambiente, sono l'imprevisto di una giornata buonista.

Perch� l'incontro dei giovani cattolici a Genova non � la prova generale del G8, � una giornata speciale di un popolo diverso, che al mattino ascolta lunghi interventi nel teatro, al pomeriggio si distribuisce in quattro chiese per dibattere su povert�, conflitti, commercio internazionale, ecologia, e poi va a sentire musica al Parco dell'Acquasola, per sfilare in serata e pregare e cantare davanti al monumento del Milite Ignoto. Memori - come dice Mario Giro della comunit� di Sant'Egidio - che �le guerre sono la madre di tutte le povert�.

Benedice tutti, nella grande assemblea al Carlo Felice, il cardinale Tettamanzi, arcivescovo di Genova, che accende gli animi ricordando lo striscione esibito al Papa a Saint Denis anni fa: �Un giovane lavoratore vale pi� dell'universo�. Un bimbo africano colpito dall'Aids, chiosa, vale pi� del mondo. Ricorda, il cardinale, che la globalizzazione pu� essere buona, ma ne vanno respinti gli aspetti disumanizzanti. Invita a non premere solo sugli altri, ma anche su se stessi, cambiando vita. E, inaspettatamente, esorta i presenti al �coraggio di partecipare alla vita politica, poich� il volontariato non basta�.

Non sar� un salto facile.

Questo � il popolo delle parabole. Tanti giovani, tante ragazze, usciti dalle aule, dagli uffici, dalle parrocchie, che si lasciano coinvolgere dai racconti e non conoscono pi� - quando non temono - la militanza. Racconta bene Monica Espinoza, dell'Ecuador, la storia dei tre emigranti chiusi nella stiva di una nave, che credevano di andare negli Stati Uniti e furono trasportati dai mercanti di schiavi in Croazia: �Trenta giorni di navigazione e da mangiare per ciascuno quattro limoni, quattro mele, una scatoletta di tonno e due bottiglie d'acqua. Due morirono, il terzo si salv� traumatizzato�. Aveva giurato di non muoversi pi� dall'Ecuador e ora sta cercando nuovamente di andarsene.

Commuove padre Francesco, missionario delle Consolate, raccontando la sua Pasqua di guerra nel CongoZaire e la sua triplice domanda ai fedeli: �La guerra � peccato?�. Silenzio generale finch� un vecchietto in fondo alla chiesa risponde ��guerra � peccato'' e al ritmo dei tamburi tutti i fedeli maledicono il sangue versato. Incanta Filomeno Lopes, africano della Guinea Bissau, che evoca la lotta mortale fra il drago rosso e il drago bianco e la loro morte congiunta, unico pegno perch� possano sorgere le mura di un magico castello. Ascoltano rapiti i Papaboys. Poi nei gruppi di lavoro mettono a punto cifre e proposte concrete per alleviare il divario fra il Sud e il Nord del mondo, ma ci� che li scalda di pi� � il sentimento di essere �passaparola di una nuova speranza�.

Vittorio Agnoletto, portavoce del Genova Social Forum, assiste soddisfatto perch� intravvede un �percorso comune e tanti temi coincidenti�. Per� - polemizza con l'aclista Bobba - i cattolici non cedano alla tentazione di fare i primi della classe.

Marco Politi