Comunità di S.Egidio


 

27/07/2001

Il dopo Wahid
Indonesia: a rischio l'unit� nazionale

 

Abdurrahman Wahid ha lasciato tristemente il palazzo presidenziale di Giakarta, quell'edificio in stile coloniale olandese, da cui il suo predecessore Suharto aveva regnato per ben trent'anni sull'Indonesia sino al 1998. Era entrato in quel palazzo nel 1999 tra tante speranze all'insegna del rinnovamento e della democrazia. � facile oggi accusare di incompetenza l'uomo, che sembrava incarnare l'alternativa al potere corrotto di Suharto ed � finito deposto per corruzione (ben lontana, comunque, dal sistema di sfruttamento clanico realizzato da Suharto). �Gus Dur�, come �il presidente cieco� � affettuosamente chiamato dai suoi sostenitori, non � riuscito a dominare le grandi contraddizioni del suo Paese, a partire dai movimenti indipendentisti fino alla situazione economica che non ha dato segni di ripresa. L'eredit� di Suharto e della sua politica arrogante, che aveva condotto alla crisi di Timor, era davvero difficile. Wahid aveva cominicato a gestirla con flessibilit� e grande carisma, forse senza quella fermezza che i militari avrebbero desiderato e quella capacit� amministrativa che gli ambienti internazionali avrebbero voluto. Infatti � stato progressivamente lasciato solo. Gli Stati Uniti, che sembravano inizialmente un sostegno del suo governo, si sono mostrati sempre pi� riservati. Ma soprattutto i militari, tanto forti in Indonesia, non lo hanno protetto, anzi probabilmente hanno favorito le sue dimissioni.

Wahid � stato paragonato al Gorbacev dell'Indonesia. Ma Il �presidente cieco� non veniva dall'interno del potere, come il leader sovietico. Era per� un innovatore, un musulmano convinto, rispettoso delle minoranze religiose, attento ai cristiani. Da lui ci si poteva aspettare che il pi� grande Stato musulmano del mondo (circa 210 milioni di abitanti) realizzasse una politica liberale e "laica" nei confronti della comunit� minoritaria in nome di quel Panchasila, la dottrina fondamentale dell'Indonesia, a cui il padre di Wahid aveva dato un contributo fondamentale ai tempi dell'indipendenza e di Sukarno. I cristiani, in buona parte cinesi, che avevano molto sofferto alla fine degli anni Novanta, riponevano parecchie speranze in Wahid. Il mondo islamico avrebbe potuto avere, nell'Indonesia, un modello di Stato "laico" di grande influenza. Ma l'innovatore non ce l'ha fatta. Sar� forse Wahid - come � accaduto con Gorbacev per l'Unione Sovietica - l'ultimo presidente di un'Indonesia unita?

Questo interrogativo aleggia tra gli osservatori della politica indonesiana. La sterminata repubblica, composta da migliaia di isole, piccole e grandi, da popoli diversi separati dal mare, � stata unificata dal colonialismo olandese e dal nazionalismo di Sukarno. Non ha per� conosciuto nella sua storia unitaria un periodo in cui le diverse identit� si siano espresse democraticamente. Un tragitto per� era appena cominciato con la caduta di Suharto e, soprattutto, con l'elezione di Wahid. Un ritorno al passato autoritario sarebbe impensabile, anche se la forza dell'ex presidente � tutt'altro che trascurabile. Lo si � visto nelle elezioni per la vicepresidenza della repubblica, dove i deputati del partito di Suharto hanno riportato una sconfitta di stretta misura. Proprio ieri, per le strade di Giakarta, � stato ucciso in un attentato quel giudice che aveva condannato per corruzione il figlio di Suharto (ora latitante). Qualche giorno fa, in un gioco da strategia della tensione, erano state fatte esplodere alcune bombe in due chiese cristiane della capitale.

La nuova presidente, Megawati Sukarnoputri, deve fronteggiare questa situazione. Succede a Wahid perch� sua vicepresidente. Porta l'eredit� del nome di suo padre, il presidente Sukarno, fondatore dell'Indonesia; gode di una fama di laica e liberale, ed � molto stimata dai cristiani. Non divenne presidente al posto di Wahid anche perch� donna e scarsamente gradita al mondo musulmano. Significativamente l'assemblea elettorale le ha affiancato, come vicepresidente, Hamzah Haz, un musulmano di fede provata, che proviene dalla stessa grande confraternita alla cui testa era stato Wahid sino alla sua elezione. Sembra un'elezione gradita dalla Megawati. Haz, per�, non d� le stesse garanzie di rispetto della libert� offerte da Wahid. Di fronte alla caduta di tanti riferimenti unitari, la carta del rafforzamento dell'identit� islamica resta una possibilit� disperata che pu� essere giocata dal governo centrale. In questo caso il prezzo da pagare per le minoranze cristiane sar� molto alto, come si � visto negli anni passati. Ma la laica Megawati consentir� a questa politica?

Certo quel che manca all'Indonesia di oggi, tra tanti problemi concreti, � un grande respiro unitario, capace di coniugare l'islam e la democrazia, l'unit� e le diverse identit� locali, un'amministrazione onesta e lo sviluppo economico. Wahid aveva tentato di dare al Paese questo respiro unitario, fondendo in una miscela originale una politica democratica con motivi religiosi. Ma questo tentativo si � rivelato fallimentare. Parecchie speranze sono state bruciate e le vie del futuro si rivelano dense di incognite per il nuovo governo, su cui vegliano sempre pi� preoccupati i militari. Del resto l'Indonesia, pur con tante difficolt�, � un grande Paese dalle mille risorse, non solo economiche ma anche umane e politiche. E se si avvier� il cammino della democrazia e dello sviluppo, potr� dare molto.

In caso contrario, scongiurata la percorribilit� di soluzioni autoritarie, potrebbe aprirsi un processo convulso di frammentazione. L'Indonesia, infatti, � un "impero" multietnico e insulare, il cui futuro rischia di delinearsi attraverso tante pulizie etniche e altrettante isole omogenee. Ma bisogna sperare che il nuovo governo riesca nell'impresa di garantire democrazia, sicurezza e unit� a questo immenso Paese. Questo deve essere anche un impegno della comunit� internazionale, perch� non abbia a piangere nuovi massacri e a essere chiamata a giudicare altri criminali.

Andrea Riccardi