Comunità di S.Egidio


 

05/08/2001

Paolo VI a 23 anni dalla morte
Vaticano troppo stretto e Pietro torn� a salpare

 

Paolo VI � morto nel 1978. Da allora sono trascorsi ventitr� anni e il mondo � profondamente mutato. Si sono dissolti i regimi comunisti che, ai suoi tempi, rappresentavano un "impero" sulla scena internazionale e una dolorosa realt� per la Chiesa e la libert� religiosa. Tanto altro � cambiato e in profondit�. Ma la storia e il messaggio di questo Papa non costituiscono oggi solo materiale di riflessione per studiosi e eruditi. Il nome di Paolo VI � intimamente legato a quell'evento decisivo per il cristianesimo contemporaneo, il Concilio Vaticano II, che � all'origine della nuova comprensione della missione della Chiesa tra la seconda met� del Novecento e il nuovo secolo. Giovanni Battista Montini, nella sua vita, aveva conosciuto - da vicino o da lontano - tutti i problemi del cattolicesimo nel mondo contemporaneo. Era un convinto assertore del rinnovamento nella fedelt� alla grande tradizione. Aveva colto come la Chiesa nel tempo moderno debba essere missionaria. Da qui, tra l'altro, la scelta del suo nome da papa, Paolo, con il quale intendeva ricollegarsi esplicitamente alla figura dell'apostolo.

Nel radiomessaggio del Natale del 1965, dopo la conclusione del Concilio e il viaggio all'Onu, Paolo VI dichiara: "La Chiesa �, in un certo senso, uscita da se stessa per incontrarsi con gli uomini del nostro tempo, con le novit� enormi e sbalorditive del mondo moderno". E aggiunge: "La Chiesa conciliare � in cerca d'incontri". E lui � il primo interprete. Sia nelle udienze e nelle relazioni interpersonali sia nelle iniziative apostoliche, per esempio i suoi viaggi fuori dall'Italia. Oggi siamo abituati ai viaggi del Papa, ma allora si trattava di una novit� assoluta. Erano 150 anni che un Vescovo di Roma non usciva dall'Italia. Ed in passato i viaggi del Pontefice erano stati spesso sotto il segno di tristi necessit� o addirittura della costrizione. Il Papa esercitava il suo ministero a Roma: questo era il suo scenario. Uscirne era spesso un evento all'insegna della perdita della libert�. Prima del Concilio, c'era stato - � vero - il pellegrinaggio di Giovanni XXIII a Assisi e Loreto. Ma Paolo VI volle dare un segnale forte con il suo primo viaggio in Terra Santa: uscire dall'ambiente un po' curtense e vecchio del Vaticano e tornare alla terra delle origini cristiane. Il che poneva - come � ovvio - nuovi e difficili problemi. Ma lo scopo era chiaro: "La Chiesa ha capito, una volta di pi�, - disse - quale tremenda legge comporta il nome che la distingue autenticamente: cattolica; vuol dire che la sua missione, la sua responsabilit�, il suo cuore non hanno confine".

I viaggi di Paolo VI avevano anche un carattere simbolico. Il primo in Terra Santa, nel 1964, dest� una profonda emozione. Era la prima volta che un Papa calpestava la Terra di Ges�. Il patriarca ecumenico, Atenagora, che si rec� personalmente a Gerusalemme per incontrare Paolo VI, colse la svolta rappresentata da quel pellegrinaggio: "�la Chiesa cattolica ricentrata su Gerusalemme non solo si scopre in pellegrinaggio, ma si ricolloca tutta intera nel mistero di Cristo. Tutto si rimette in movimento ed � un grande soffio di libert�. Il papa non � pi� solo, pu� avere compagni di strada". A Gerusalemme nacque quella profonda amicizia tra il Papa e il patriarca di Costantinopoli, che si manifest� poi nel viaggio di Paolo VI che volle visitare, per primo, Atenagora a Istanbul nel 1967. Tutti i viaggi hanno un risvolto ecumenico, come quello a Ginevra nel 1969, quando il Papa parl� al Consiglio mondiale delle Chiese. Non c'� trasferta di Paolo VI che non sia segnata da incontri di carattere ecumenico o di carattere interreligioso.

Tre viaggi avvengono alla luce del Concilio: in Terra Santa nel 1964, in India nel 1964, alle Nazioni Unite nel 1965. Due sono di carattere eminentemente ecumenico: in Turchia nel 1967 e a Ginevra nel 1969 (anche se qui visita l'Organizzazione Internazionale del Lavoro). Un viaggio � un pellegrinaggio mariano a Fatima, nel 1967 (che allora suscit� non poche critiche, anche perch� avveniva nel Portogallo di Salazar). Tre viaggi, invece, hanno un carattere pastorale e missionario: a Bogot� in Colombia nel 1968 (dove affronta la problematica dello sviluppo, ma anche si confronta con le ansie di liberazione di vasti settori del continente), in Uganda nel 1969 da dove lancia un messaggio di fiducia al cristianesimo africano e infine, nel 1970, in Asia e in Oceania. Durante quest'ultimo viaggio Paolo VI giunse sino alle porte della Cina comunista, ad Hong Kong, allora colonia britannica, cercando un rapporto con il colosso cinese, che allora una stagione di grande tensione. Attraverso i suoi viaggi il Papa compone una specie di affresco simbolico della Chiesa nel Novecento: una Chiesa disponibile a incontrare tutti, fedele alla tradizione, aperta ai cristiani delle altre confessioni, attenta ai problemi della pace e dello sviluppo, proiettata nella missione, specie verso il Sud e verso l'Est del mondo. Alla simbologia dei viaggi corrisponde, d'altra parte, un imponente magistero da parte di Paolo VI su questi aspetti e una costante linea di governo.

E' bene ritornare su questo aspetto del pontificato montiniano, che manifesta - attraverso il "viaggio" - la volont� della Chiesa del Concilio di uscire dai suoi soliti scenari e di incontrare nuovi mondi. E' una tematica da ricordare e da approfondire. Ad essa sar� dedicato un convegno dell'Istituto Paolo VI di Brescia nel settembre prossimo. Infatti Papa Montini inizia una nuova strada del ministero del Vescovo di Roma fuori da Roma. E' una via che Giovanni Paolo II, dall'inizio del suo pontificato, percorre con decisione e con sistematicit�, cogliendo come il "viaggio" sia divenuto un aspetto essenziale del dialogo del Papa con il mondo contemporaneo. Ma meno di quaranta anni fa non era cos�. A Nazareth, nel 1964, Paolo VI parla della missione della Chiesa nel mondo e dice: "� � una missione di amicizia in mezzo all'umanit�, una missione di comprensione, d'incoraggiamento, di promozione, di elevazione; diciamo ancora di salvezza".

In un tempo difficile, in cui la Chiesa si risvegliava molto al plurale, lacerata, papa Montini fece avanzare la "missione di salvezza" con amicizia e in mezzo all'umanit�. Nel 1978, alla sua morte, sembrava che il suo progetto si fosse in parte incagliato tra tante difficolt�. Ma - come ha pi� volte sottolineato Giovanni Paolo II - si tratta di un'eredit� viva che ha lasciato alle generazioni che sarebbero venute.

Andrea Riccardi