Comunità di S.Egidio


 

23/08/2001

QUALE FUTURO PER ISRAELIANI E PALESTINESI?
Basta con le armi! � il tempo del dialogo

 

Occorre riprendere il linguaggio di pace. L�occasione potrebbe essere un grande incontro ecumenico per la convivenza in Terra Santa, che coinvolga i leader delle Chiese cristiane del mondo. Non � l�ora di dare questo segno? Questa � la proposta che Andrea Riccardi, fondatore della Comunit� di Sant�Egidio, lancia con Famiglia Cristiana.


La situazione � insostenibile. Tante speranze di pace per il domani sono tramontate. Lo sanno i palestinesi, oppressi da una pesante crisi economica, senza prospettive, dominati da disperazione e rabbia. Lo sentono gli israeliani, minacciati da un terrorismo cieco, costretti a vivere combattendo. La guerra dura da pi� di mezzo secolo. Ma Israele, con la sua forza militare, non riesce a vincere contro un intero popolo, n� � se occupasse i Territori dell�Autonomia palestinese � riuscirebbe a imporre il suo controllo. I palestinesi, pi� volte sconfitti, si lasciano andare alla politica della disperazione e, in taluni settori, al terrorismo. La guerra � sempre terribile, ma niente di peggio che una guerra infinita. L�uno non pu� vincere e l�altro non pu� essere sconfitto. Il processo di pace � stata la grande speranza degli anni Novanta: ma � agli sgoccioli. Nella cultura di palestinesi e israeliani c�� sempre meno spazio per una pace attraverso il dialogo. Oggi � l�ora delle accuse, della diffidenza, delle armi. Bisogna finirla con le armi! Solo cos� sar� possibile il dialogo. Ma Arafat deve impedire nuovi attacchi terroristici. L�idea di indebolirlo (coltivata in alcuni ambienti israeliani) porterebbe a una situazione incontrollabile, che farebbe il gioco degli estremisti palestinesi e che invischierebbe Israele in un�estenuante lotta sul territorio palestinese. Cos� Israele rischierebbe un nuovo Libano a pochi passi da Gerusalemme. Arafat deve controllare la violenza terrorista perch� si torni al dialogo. Israele non potr� accettare uno Stato vicino da cui partono i terroristi. Ma deve anche sapere che un popolo di disperati � un terreno di cultura pericoloso.

I palestinesi vanno aiutati, sono alla fame. Non sono stati rispettati gli accordi in campo economico. Ma � questo � un grave problema � come i palestinesi potranno tornare a lavorare in territorio israeliano con il rischio del terrorismo? Tuttavia il miglioramento economico dei palestinesi aiuter� Arafat a controllare il terrorismo.

Per finirla con le armi, si debbono evitare le situazioni che producono tensione. Gran parte delle uccisioni di palestinesi sono avvenute nelle vicinanze degli insediamenti nei pressi di Gaza, Hebron e Nablus. Sono insediamenti che, tra l�altro, espongono Israele a una permanente difficolt� (non pochi israeliani sono morti). Il Governo israeliano deve sapere che il futuro passa per un ridimensionamento e una rimozione di questi insediamenti. Sono passi necessari, come � necessario ridare ai palestinesi l�Orient House. Non si pu� volere troppo e volere anche la pace. Dal loro lato i palestinesi non si possono cullare sull�idea di un ritorno ai confini di prima del 1967, anche per Gerusalemme. Volendo troppo, non si avr� la pace.

Bisogna finirla con le armi, far cessare il terrorismo, rimettere in movimento l�economia palestinese, rivedere alcuni insediamenti israeliani, ricominciare a guardare al futuro in maniera realista� Questi primi passi hanno bisogno dell�appoggio deciso della comunit� internazionale, prima di tutto degli Stati Uniti e dell�Europa. Per questo la comunit� internazionale deve giocare alla grande e non accontentarsi di qualche mediazione o intervento pompieristico. � necessario l�invio di osservatori europei e americani sul territorio per accompagnare i primi passi del raffreddamento della tensione. E poi la comunit� internazionale non potrebbe promuovere una conferenza internazionale in cui immaginare e negoziare un nuovo quadro di pace? La soluzione non � dietro l�angolo. Ci vuole una manifestazione solenne per dire quanto � intollerabile questa guerra. Forse questo � un sogno ingenuo per le cancellerie, ma in Medio Oriente ci vogliono pi� sogni, meno disperazione e meno rassegnazione.

Anche i credenti non si possono rassegnare a una guerra ineluttabile. Come farlo? C�� una domanda rivolta alle autorit� religiose ebraiche, cristiane, musulmane di Terra Santa: sappiamo quanto esse siano sensibili alle ragioni nazionali, ma hanno la responsabilit� di chiedere ai loro correligionari che lascino fuori dalla violenza i bambini e i deboli. Ma c�� una domanda che ci riguarda. � rivolta ai cristiani del mondo intero: non debbono domandare "pace per Gerusalemme" con pi� convinzione e coordinamento?

I cristiani debbono compiere un gesto grande come fece Giovanni Paolo II durante il suo viaggio in Terra Santa. Egli seppe dire quello che molti di noi vorrebbero dire, ma non riescono � specie ora � perch� schiacciati dalle logiche radicalizzate dei due popoli. Il Papa comprese il dramma di Israele ma non neg� quello dei palestinesi. Bisogna riprendere quel linguaggio di pace. L�occasione potrebbe essere un grande incontro ecumenico per la pace in Terra Santa, che coinvolga i leader delle Chiese cristiane del mondo.

Nel 1964, con l�incontro tra Paolo VI e Atenagora, cominci� il dialogo ecumenico. Mobilitarsi per la pace tra israeliani e palestinesi � un dovere dei cristiani. Ci sono state tante iniziative. Ma ora c�� bisogno del gesto semplice e forte che viene dall�unit� dei cristiani. In questi momenti, sale un�angosciata invocazione perch� i due popoli stanno rischiando di scivolare in un baratro. Crediamo al dialogo, ma anche e soprattutto alla forza della preghiera fatta con fede dai discepoli unanimi.

Andrea Riccardi