Comunità di S.Egidio


 

04/09/01

Esponenti delle fedi, della politica e della cultura al 15� meeting della Comunit� di Sant'Egidio
Pace, la pazienza della profezia
�Uomini e religioni� si apre con l'abbraccio fra il rabbino e l'imam Etchegaray: siamo nel tempo della prova Riccardi: dialogo, arte della maturit� delle culture

 

Quando Israel Meir Lau, rabbino capo d'Israele, e Mohammed Amine Smaili, teologo musulmano marocchino, si sono stretti la mano, il Teatro del Liceu � scoppiato in un applauso liberatorio. Perch� tutti se lo aspettavano, lo desideravano, quasi li spingevano con lo sguardo e il pensiero l'uno verso l'altro.

Domenica sera, solenne cerimonia inaugurale del quindicesimo meeting �Uomini e religioni�. Ci sono Barcellona, con l'arcivescovo, il cardinale Ricardo Maria Carles Gord�, e il sindaco Clos. La Catalogna, con il presidente Pujol. La Spagna, con il ministro degli esteri Piqu�. Ci sono leader di tutte le religioni, in un teatro gremito. La Comunit� di Sant'Egidio ci ha abituati a questi esordi raffinati. Prima la preghiera, al mattino, con la celebrazione eucaristica a Santa Maria del Mar. Poi un concentrato di leader delle fedi, politici e del mondo della cultura per dire una cosa sola, una cosa semplicissima: c'� ancora gente, tanta, e di valore, che non si rassegna di fronte all'ineluttabilit� dell'inimicizia e dei conflitti.

E resiste. Studia. E si confronta per vedere come evitarli. Soprattutto prega. Ciascuno con le sue parole, e i suoi nomi di Dio. Parole diverse per una stessa invocazione.

Il rabbino e l'imam. In fondo non � la prima volta che si trovano assieme. Si guardano. Si parlano. Finiscono per stimarsi. Ma intanto la pace non arriva. Anzi, a voler stilare un bilancio da ragionieri (conflitti ricomposti, conflitti scoppiati), gli anni Novanta, nonostante le edizioni di �Uomini e religioni� in giro per il mondo, nonostante lo spirito di Assisi fatto rivivere con encomiabile solerzia, il bilancio - appunto - sarebbe negativo.

Preghiamo, parliamo, lanciamo appelli. Ma poi? La domanda se la portano tutti nel cuore, in queste giornate catalane. Inutile negarlo. Lo stesso cardinale Roger Etchegaray, seduto al centro del lungo tavolone piazzato sul palcoscenico del Liceu, il delizioso teatro della Rambla, avvertiva: �Uomini e religioni non � un giro turistico, ma un tempo della prova�. E Andrea Riccardi ricordava con realismo: �Quindici anni (tanti ne sono passati dalla grande preghiera per la pace voluta da Giovanni Paolo II ad Assisi; ndr) di serrato confronto hanno messo in rilievo ci� che unisce, ma anche ci� che differenzia e divide. Non siamo dei simulatori di unanimismo. Ma non siamo nemmeno impazienti e presuntuosi che vogliono impacchettare in facili processi di omologazione. Il dialogo � l'arte paziente di ascoltarsi, di capirsi, di riconoscere il profilo umano e spirituale dell'altro. � arte della maturit� delle culture, delle personalit�, dei gruppi�.

Quello che tutti portavano in cuore l'avrebbe detto alla fine, con fin troppa schiettezza, Jean Daniel, il direttore del Nouvel Observateur. L'applauso per Lau e Smaili s'era appena smorzato, e Daniel commentava: �Come non fremere di gratitudine e di speranza, di fronte alle loro parole? Questo incontro � una sfida, innanzittutto a livello individuale.

Chi vuole la pace? Il rabbino e il teologo la vogliono. Molti altri no. La violenza ha assunto proporzioni tali, sconosciute nel passato, che la pace � valore supremo. Ma come realizzarla assieme agli altri, se gli altri non la vogliono?�. Daniel una risposta, alla fine, la dava: �Non trovo altra soluzione, per me, che quella di Sisifo: continuare a rotolare il masso�. �Condannati� al dialogo, come certi innamorati sono condannati ad amare. E allora conviene ascoltare chi ha quattromila anni di storia, ed � �condannato� alla pazienza.

Lau, nato a Cracovia, a otto anni fin� a Buchenwald, uscendone vivo. Oggi � rabbino capo di Israele. E dimostra come la Bibbia, in fondo, abbia gi� detto tutto: �Caino e Abele, due fratelli. Dialogo tra loro? No. Caino pensa: la met� del mondo non mi basta. E poi gi�, con Giacobbe ed Esa�, e Giuseppe venduto schiavo dai suoi. La Genesi � una lunga storia di assenza di fratellanza. Fino all'Esodo, con Mos� e Aronne, i fratelli che finalmente dialogano�. Lau � qui, a Barcellona, a pregare perch� sia pace con i palestinesi, che chiama �i nostri cugini�. Barcellona, che un'et� dorata vide ebrei e arabi convivere pacificamente, cooperare, essere amici.

Poi tocca a Smaili, che ricorda i �pellegrinaggi del dialogo� di Giovanni Paolo II in Marocco, Israele, Cuba, Turchia: �La civilt� non � altro che dialogo creato dall'uomo e benedetto da Dio�, conclude. E mentre ritorna al suo posto dietro il tavolone, lui tutto vestito di bianco si ferma accanto al rabbino vestito tutto di nero, e la pausa � una di quelle che sarebbe piaciuta a Sergio Leone. Peccato essere lontani e non poterli guardare bene in faccia mentre si stringono la mano, forse si dicono qualcosa, si sorridono.

Illusioni? No. Per� segnali importanti s�. Da ieri il meeting � fatto di parole, tantissime, con tavole rotonde che si affastellano l'una sull'altra, ospiti di prestigio, competenti, veri leader. Ma Sant'Egidio crea soprattutto eventi. Gesti. Come quello di domenica sera, che l'ultimo oratore, Laurent Gbagbo, presidente della Costa d'Avorio, commentava cos�: �Nel 1997 a Roma guardavo Peres e Arafat abbracciarsi e pensavo: � fatta. Invece... Oggi vedo il rabbino e l'imam darsi la mano. E spero, spero ancora�.

Sant'Egidio prega. Crea opportunit�. Fornisce motivi per sperare ancora, nonostante tutto. Con l'aiuto di Dio: l'Onnipotente degli ebrei, il Padre misericordioso dei cristiani, il Clemente e Compassionevole dei musulmani.

Umberto Folena