Comunità di S.Egidio


 

26/09/2001

Un'esperienza esemplare di convivenza religiosa fu spazzata via nel sangue dai �giovani turchi�
Il primo olocausto del XX secolo
Nel 1915 qui si consum� il �modello� delle pulizie etniche
Mor� un terzo degli armeni Ma ci furono vittime anche tra le altre minoranze cristiane

 

�Chi parla ancora, oggi, del massacro degli armeni?�. Con questa celebre espressione Hitler si preparava, nell'agosto del 1939, ad invadere la Polonia usando ogni brutalit� possibile. Non a caso: i dirigenti nazisti e lo stesso Hitler consideravano la �soluzione armena� come un importante precedente per tanti motivi, ma soprattutto per la relativa facilit� con cui venne attuata, la sostanziale impunit� ottenuta dai suoi responsabili e la generale dimenticanza di quell'avvenimento negli anni successivi.

Quella tragedia, che si consum� tra il 1915 e il 1916 in Anatolia, fu il primo massacro di massa del XX secolo. In pochi anni in quel vasto territorio scomparve pi� di un milione di persone, in gran parte armeni ma anche cristiani di altre confessioni, e il quadro politico, sociale e religioso venne completamente stravolto. Dopo quei tragici avvenimenti avvenne infatti la definitiva separazione di popoli, religioni e tradizioni che, fino a quella data, avevano convissuto per secoli nel vasto impero ottomano. Questa realt�, all'inizio del Novecento, presentava ancora un quadro interessante di convivenza multireligiosa, sconosciuta a tanti Paesi europei e in alcuni combattuta in nome del nazionalismo. Tutto cambi� con l'avvento dei �Giovani-Turchi� che, volendo costruire un nuovo Stato-nazione etnicamente omogeneo, iniziarono a guardare con sospetto tutte le comunit� non musulmane, minoritarie nell'impero ma presenti da secoli in quell'area geografica.

Gli storici si sono trovati in questo secolo alle prese con la �questione armena� sviluppando un dibattito ampio e ricco di documentazione, ma accompagnato anche da una buona dose di polemiche e di distinguo. Si tratt� comunque di un evento �spartiacque�. Basta ricordare che all'inizio dei massacri gli Alleati, in una dichiarazione congiunta, usarono per la prima volta nella storia il termine �crimine contro l'umanit�. La bibliografia a questo proposito, soprattutto da parte armena, � sconfinata. Ad essa si affianca quella francese, sovietica, anglosassone, che � molto vasta. Il noto romanzo del tedesco Franz Werfel, I quaranta giorni del Mussa Dagh, sulla resistenza di un gruppo di quattromila armeni nei mesi di agosto e settembre del 1915, soccorsi in un disperato tentativo di fuga da una squadriglia della marina francese, ha reso popolare la drammatica epopea armena negli anni tra le due guerre.

Indubbiamente il fervore nato attorno alla vicenda ha fatto emergere dagli archivi una preziosa documentazione sui massacri. Oltre alle fonti �alleate� anche quelle tedesche (la Germania combatteva con l'Impero ottomano) hanno confermato l'ampiezza dello sterminio: il pastore evangelico Johannes Lepsius, che conosceva bene il mondo ottomano e aveva assistito da vicino a quegli avvenimenti, pubblica nel 1919 documenti diplomatici tedeschi che scagionano in parte la Germania dalle sue complicit�, ma che rivelano l'esistenza di massacri di cristiani in Anatolia. Ai documenti raccolti da Lepsius vanno aggiunti, da parte tedesca, quelli del soldato tedesco Armin Wegner che con le sue fotografie e la sua testimonianza denuncia le uccisioni degli armeni e le loro sofferenze lungo la strada del deserto siriano. Si tratta di una testimonianza decisiva perch� arriva da un uomo che lavorava al fianco dei turchi.

Pi� ristretta, ma agguerrita, la storiografia turca nega l'esistenza di un genocidio e lo inserisce nel quadro normale delle traversie di tutte le popolazioni anatoliche durante la prima guerra mondiale. L'opinione turca, nonostante qualche ammissione anche ufficiale, � sempre stata molto guardinga di fronte a quello che la storiografia armena, occidentale e sovietica considera, pur con sfumature diverse, un �genocidio�. Anche sulle statistiche dei massacri la querelle � forte. Lo mette in evidenza, tra gli altri, Yves Ternon notando che la polemica �ruota intorno a due elementi: il numero iniziale degli armeni che vivevano nell'Impero ottomano - 2.100.000 secondo il patriarcato, 1.290.000 secondo il censimento ottomano -; la cifra delle vittime: 1.500.000 nella versione armena; da 200.000 a 800.000 secondo le versioni turche. Poich� la riduzione del numero iniziale degli armeni - continua Ternon - aumenta la percentuale delle vittime, il governo turco riconosce che in realt� un terzo, se non addirittura pi� della met� degli armeni sono scomparsi�.

Secondo i turchi non si tratterebbe di un genocidio armeno, ma di un dramma turco-armeno: infatti le popolazioni armene non avrebbero sofferto pi� di quelle turche, coinvolte in una spirale di terrorismo e di vendette. Inoltre le condizioni di vita dell'Anatolia durante il conflitto mondiale sarebbero state ancor pi� drammatiche per i turchi. E ancora: durante la guerra sarebbero morti pi� musulmani che armeni. Partendo da queste posizioni, con un certo puntiglio, gli studi turchi e le istanze ufficiali hanno sempre negato il genocidio. Una certa resistenza ad ammettere i massacri degli armeni pu� anche provenire, all'interno della cultura turca, dal timore che un simile riconoscimento legittimerebbe operazioni di frantumazione dell'edificio statuale fondato da Kemal Ataturk.

Tuttavia i documenti ormai hanno messo in rilievo come non si tratti soltanto di uno sterminio di armeni. Il popolo armeno � coinvolto in primo piano nella persecuzione, negli spostamenti forzosi, nella deportazione e nelle uccisioni, ma la tragedia tocca infatti tutte le comunit� cristiane dell'Impero, talvolta in maniera sostanziosa. Indubbiamente sono gli armeni le vittime principali del massacro: il timore dei turchi � indirizzato verso di loro e contro eventuali tentativi di creazione di uno Stato armeno. Tuttavia, per compiere un'azione di quel tipo, non poteva bastare l'apparato di cui il governo �giovane turco� disponeva: occorreva mobilitare le masse, pi� disposte a muoversi su una serie di motivazioni �religiose�, islamiche o anticristiane, che lungo il filo del nazionalismo turco.

Gli armeni hanno tenuto viva la memoria della strage a differenza delle altre comunit� colpite. Tra le poche voci che all'epoca si levarono per denunciare la loro tragedia in Anatolia ci fu quella di Benedetto XV che intervenne presso il sultano ottomano perch� fermasse i massacri. �Questo gesto - ha scritto Andrea Riccardi - rappresenta un avviso al governo turco, che la Chiesa cattolica e l'opinione pubblica sono decise a non lasciare gli armeni soli�. Il passo di Benedetto XV fu deciso e mostr�, nonostante la delicatezza della questione, una ferma volont� del Papa di far sentire la sua voce su questa vicenda che lo aveva �inorridito�.

Si tratt� di una preziosa presa di coscienza di ci� che era avvenuto in Turchia. Il massacro degli armeni non fu infatti solo un tragico episodio di pulizia etnica, al pari di altri gi� registrati negli anni precedenti al tramonto dell'impero ottomano: fu il primo sterminio di massa del XX secolo e, nonostante le differenze storiche e geografiche, un �modello� per le pi� moderne pulizie etniche avvenute recentemente nei Balcani o altrove.

Marco Impagliazzo