Comunità di S.Egidio


 

02/10/2001

L'Italia fra generiche scomuniche all'islam e tentazioni anti-americane
Fermare i poteri oscuri
�Combattere il terrorismo non basta senza riconquistare il consenso dei popoli poveri�
�Siamo ancorati all'Occidente per la cultura, la democrazia, tanti valori e tanta storia�

 

Dai tragici fatti dell'11 settembre siamo rimasti tutti disorientati ed abbiamo sentito come questo nostro mondo, che gi� ci sembrava complicato, fosse divenuto anche drammaticamente insicuro. E nel cercare nuove sicurezze si � ricorso talora a facili semplificazioni. Del resto � spontaneo nella complessit� affidarsi a semplificatori e, talvolta, a �terribili� semplificatori, come scriveva un tempo Giovanni Spadolini.

Cos� ci si trovava, fra le mani, la grande semplificazione di Samuel P. Huntington sullo scontro tra civilt� e che cosa di pi� facile che pensare all'attacco agli Stati Uniti nei termini descritti dal politologo americano? �Il vero problema per l'Occidente - egli osservava - non � il fondamentalismo, ma l'islam in quanto tale��. Per lui il conflitto tra Occidente e mondo comunista non � stata che una lotta fugace a confronto dell'antagonismo di sempre con l'islam.

Che fare di fronte a un mondo islamico, la cui aggressivit� verso l'Occidente sarebbe l'espressione della propria verit�? Certo, oltre che bacchettare quelli che vengono considerati i buonisti o i dialoghisti di casa propria, non ci sarebbe molto altro se non guardare con ancor pi� sospetto quegli immigrati che, peraltro, ci sono tanto utili. Nessuno tuttavia, o assai pochi, dalle nostre parti, hanno voglia di pensare alla guerra o di fare una guerra a un mondo di un miliardo di persone.

D'altro canto le posizioni severe verso l'islam, in casa nostra, non riescono - come nel ragionamento del politologo americano - a riscontrare una piena compattezza della civilt� occidentale. Circolano, ad esempio, anche nei nostri ambienti cattolici, sentimenti e diffidenze nei confronti degli americani, della loro politica e delle loro responsabilit�. Quanto meno - questo � evidente - c'� scarsa voglia di identificarsi in loro o in un comune Occidente. Globalizzazione ha voluto dire occidentalizzazione e questa ha significato americanizzazione. Il sentimento antiamericano � il nostro modo di reagire alla globalizzazione che ci disperde, almeno un poco, nel grande frullatore della mondializzazione come tutti i Paesi del mondo. Sono emersioni di antichi retaggi, talora c'� qualche sopravvalutazione della nostra identit�, ma anche rifiuto di un rapporto diretto, vero, critico quanto si vuole, con il primo Paese dell'Occidente.

Semplificazione - dunque - verso l'islam da una parte e, dall'altra, distinzione rispetto agli Stati Uniti. Ma che significa per un Paese come l'Italia voler prescindere dall'Occidente e porsi con molti distinguo rispetto agli Stati Uniti? Dal mondo dei terroristi - per limitarsi ad esso - gli italiani sono visti parte dell'Occidente e possono essere, al pari di tutti gli occidentali, obiettivo degli attacchi. � allora nel nostro Occidente, in questa parte di mondo dove � dato di discutere e parlare, che occorre far valere - come possiamo - posizioni e valori. C'� la necessit� di una nuova cultura del mondo contemporaneo che si rifaccia alle radici cristiane e all'esperienza - secolare e attuale - della Chiesa. Giovanni Paolo II si muove in questo senso. Ma un solo uomo o un solo maestro, per quanto maestosa e autorevole sia la sua figura, non solidifica una cultura, la quale per natura sua � un processo complesso. Non a caso vanno registrate tante resistenze al pensarsi nel mondo contemporaneo.

Questa coincidenza di antislamismo e di antiamericanismo rivela l'arretratezza di una mentalit� e lo sbandamento - alla ricerca di un'identit� - in questo mondo globalizzato, tanto grande e fluttuante. Ma la ricerca di un'identit� non pu� avvenire sulla via delle facili contrapposizioni. Sono contrapposizioni che rischiano di servire solo a proteggere la propria mente da grandi preoccupazioni e a sottrarsi dalla responsabilit� di nuove strade per pensarsi nel mondo. Non significa molto smarcarsi dagli Stati Uniti, mentre � necessario capire e affermare che cosa significa pensarsi in Occidente. E assai poco rischia di voler dire il ritenere il mondo islamico come nemico dell'Occidente, dell'Europa, della Chiesa. Si deve - tra l'altro - stare attenti a espressioni che hanno una ricaduta sui cristiani presenti in quel mondo.

La nostra storia ci �ncora saldamente all'Occidente e agli Stati Uniti. Questo avveniva quando l'Italia era una marca di confine rispetto al grande impero comunista. Forse allora, malgrado si ironizzasse sul suo essere �la Bulgaria della Nato�, esisteva qualche spazio di manovra sul confine. Oggi, in un mondo dalla geopolitica incerta e dalla forte ristrutturazione, l'Italia � ancora saldamente ancorata all'Europa e all'Occidente. Da parte americana - cos� almeno sembra - c'� un qualche disinteresse per l'Italia, che si � consolidato negli anni Novanta. L'interesse strategico del Paese infatti � in larga parte perduto con la fine del comunismo. Resta essenzialmente la comunanza di cultura, la democrazia, tanti valori e tanta storia comune. Su questa base bisogna lavorare perch� Stati Uniti e Europa si pensino in termini occidentali comuni e non scivolino nell'isolazionismo assediato dei primi e nei protagonismi europei.

Pensarsi in termini occidentali vuol dire - lo credo ancora - avere una proiezione universale. � la lunga storia dell'Europa, quella di un continente che si � proiettato sulla scala del mondo, almeno quello che conosceva. � la storia della sua crisi, quella di veder scomparire gli spazi ad Oriente con il comunismo (un problema troppo grosso per gli Stati europei), mentre venivano a mancare gli spazi del Sud-Est con la fine del colonialismo. Ma oggi un mondo fluttuante e globalizzato, senza imperi, dove invece sono forti i poteri occulti (quelli delle mafie, dei terrorismi, dei narcotrafficanti e altro), c'� bisogno di un'Europa che si pensi in maniera universale. Questo per� non vuol dire distinguersi, ma collegarsi con intelligenza.

Il grande problema contemporaneo, veramente minaccioso, non � rappresentato dal mondo islamico. Se fosse cos�, ci sarebbe assai poco da fare dinanzi a un miliardo di persone: nessuna potenza avrebbe la forza di imporgli nulla. La grande minaccia �, invece, quella di poteri oscuri, fondamentalmente terroristici, in possesso di grandi mezzi e di temibili armamenti. Mentre - va detto - molti Stati del mondo, specie nel Sud, sono fragili, esercitano poco controllo sul territorio, sono permeabili.

La grande sfida terroristica degli avvenimenti dell'11 settembre � volta a conquistare il consenso delle masse, musulmane e diseredate, colpendo gli Stati Uniti e utilizzando abilmente i media. Non solo allora bisogna fermare il terrorismo, ma anche rispondere alla campagna in caccia di consenso. Per questo il dialogo con i mondi musulmani - perch� sono tanti - resta un impegno decisivo per un'Italia e un'Europa che si pensano su scala mondiale. I dibattiti di questi giorni hanno messo in luce il deficit di cultura verso l'islam con commenti improvvisati e interpretazioni facili. C'� un investimento da fare in politica, cultura e relazioni. Lo stesso vale per il Sud del mondo, in particolare l'Africa, che non pu� essere lasciata come uno spazio di vuoto di politiche, come una terra di disperazione, facile a coltivazioni estremistiche. Le follie terroristiche circolano troppo in questo nostro mondo contemporaneo. Niente rende sicuri i nostri confini, nemmeno un'impossibile blindatura, quando non si hanno relazioni di amicizia con i mondi vicini. E islam, Africa, mondo slavo, sono i nostri vicini.

Ma c'� soprattutto un'identit� da pensare, che non si rifaccia a facili giochi di contrapposizione. � un'identit� in Occidente e nel mondo. A questa identit� il mondo cristiano deve dare un contributo decisivo. Abbiamo una grande responsabilit� nel silenzio e nel disorientamento di tanti. Dobbiamo oggi non solo gridare �pace�. Certo � meglio che gridare �guerra�. Ma abbiamo, come cristiani, la responsabilit� di capire che vuol dire condurre una politica di pace e realizzare una cultura di pace nel mondo contemporaneo attuale, carico di tensioni, d'instabilit�, di dolore, di odio e di tanti fatti nuovi non decifrabili. Per condurre questa difficile operazione noi cristiani abbiamo la grazia di poter ascoltare, prima di tutto, la Parola del Signore, che ci libera dalle nostre paure, che ci distacca dalle nostre passioni, che ci guida sulla via difficile dell'amore. Di fronte agli avvenimenti dell'11 settembre abbiamo sentito il bisogno di essere liberati dalle paure. Si apre ora una via impegnativa di costruzione di una cultura, aperta all'universale, realista, capace di speranza: perch� possa ispirare nuove vie e nuovi comportamenti.

Andrea Riccardi