Comunità di S.Egidio


 

04/10/01


La radice del terrorismo? L�oppressione dei popoli

 

�A nome di tutti gli Ulema dell�Islam, riproviamo con fermezza e rifiutiamo il terrorismo, il quale significa spaventare gente tranquilla o uccidere ingiustamente degli innocenti, non certo salvaguardare la propria casa, e la propria patria, per legittima difesa�. Scandisce bene le parole lo sheykh Yusuf Al-Qaradawi, l�aria ieratica sotto il turbante bianco e porpora, la lunga tunica scura come la sua pelle. E le sue parole - nel giorno della morsa bellica che si stringe intorno ai talebani dell�Afghanistan - risuonano come pietre, in apertura del Summit islamo-cristiano promosso a Roma dalla Comunit� di Sant�Egidio con l�intento, sottolineato dal fondatore della Comunit�, Andrea Riccardi, �non di postulare un�alleanza tra due religioni contro qualcuno o qualcosa, ma di proseguire un cammino di dialogo nonostante tutto avviato, alla comune ricerca di vie per testimoniare la pace nel solco di Paolo VI�: per il quale il nome della pace era la parola sviluppo. Equo e solidale.

Ma come parlare di giustizia, di guerra e di pace dopo quell�11 settembre che ha mandato �il mondo in frantumi�, per usare un celebre titolo di Solzenicyn, e ha acuito una latente islamofobia che tende a far assimilare l�intero variegato universo di un�antica civilt� ad alcune spietate frange fondamentaliste?

Qaradawi � un interlocutore prezioso per tentare di sciogliere questi ed altri quesiti: origini egiziane, impegnato da sempre nel movimento islamico (a 9 anni aveva gi� imparato a memoria tutto il Corano), una formazione nella prestigiosa universit� di al Azhar, � un�indiscussa autorit� teologica del mondo musulmano, capace di coniugare questioni giuridiche e modernit�. Imprigionato ai tempi del re Faruq e nei primi anni del regime di Nasser, dopo l�esilio lo studioso si � rifugiato in Qatar, dove ha fondato e dirige la sezione di studi islamici presso la locale universit� di cui � decano alla facolt� di Shari�a (Legge divina), oltre che direttore del Centro di ricerche sulla Sunna (Tradizione profetica). �Ci� che reca pregiudizio al rapporto che intercorre tra i seguaci di Islam e Cristianesimo - afferma Qaradawi - � proprio l�incomprensione reciproca. Oppure, l�intrusione di persone estranee che vogliono utilizzare la religione come strumento per raggiungere obiettivi non religiosi�.

� il caso di Osama bin Laden e dei suoi �kamikaze�?

�Chi compie atti come i deplorevoli attacchi contro New York e Washington, qualunque sia la sua religione, il sesso o il paese, va comunque condannato. Ma io escludo categoricamente che un musulmano davvero e correttamente impegnato nella sua religione, e che la conosca bene, possa compiere gesti simili, poich� sa che l�uccisione illegittima della persona umana � uno dei pi� grandi peccati dell�Islam, che proibisce categoricamente di sopprimere coloro che non stanno combattendo, a meno che non si sia attaccati da militari�.

� il rischio che sta correndo ora l�Afghanistan...

�Una guerra cos� enorme � impensabile: come condanniamo il terrorismo, allo stesso modo rifiutiamo di lottare contro il terrorismo con altro terrorismo, mosso dalla stessa logica: che attribuisce agli innocenti la colpa dei veri responsabili, che tratta l�oppresso come se fosse lui l�oppressore, e che condanna un intero popolo a causa di un crimine non commesso da alcuni suoi individui, persino se il loro crimine viene accertato. I crimini del terrorismo sono crimini individuali, di minoranze; noi non accettiamo che una religione seguita da una grande nazione venga definita come la religione della violenza e del terrorismo, per via di alcune persone. Gli estremisti si trovano in tutte le nazioni e tra i seguaci di tutte le religioni. La loro presenza potrebbe essere semmai una reazione contro un eccesso di tipo opposto: spesso l�estremismo religioso � l�effetto di un estremismo areligioso. Ma una grande nazione o una grande civilt� non possono essere giudicate in base alla presenza di alcuni estremisti. Altrimenti, finiremmo per condannare la civilt� occidentale in base al nazismo, al fascismo e al bolscevismo, e alle guerre che hanno fatto decine di milioni di vittime. Con gli estremisti, che sono da ogni parte, non si pu� dialogare�.

Come ricomporre allora quell�urto di civilt� gi� profetizzato da Braudel dopo le prime guerre palestinesi e poi avallato da studiosi come Huntington?

�Non siamo affatto d�accordo con la logica di questi intellettuali, soprattutto americani, che credono nel conflitto inevitabile tra le civilt�, soprattutto tra la civilt� islamica e la civilt� occidentale. Perch� mai non dovrebbero interagire e completarsi a vicenda? E perch� ognuna delle due non dovrebbe assimilare le migliori conquiste dell�altra?�

In che modo?

�Ad esempio, concentrandosi sui denominatori comuni tra noi e la Gente del Libro: noi musulmani crediamo nel dialogo, perch� ci � stato prescritto dalla Shari�a. Potremmo formare un unico fronte di cooperazione per la lotta contro l�ateismo e i comportamenti immorali (aborto, nudismo, omosessualit� e matrimoni tra omosessuali...). Nei congressi del Cairo e Pechino abbiamo visto Al-Azhar, la Lega del Mondo islamico e il Vaticano formare un gruppo compatto contro i promotori della pornografia. Ma non solo. Il vero modo di lottare contro il terrorismo � combattere le sue cause, tra cui l�eliminazione dell�oppressione, la soluzione di questioni sospese come quella della Palestina, e il diritto dei musulmani alla loro libert� e al loro autogoverno�.

Ma cosa provoca tanto odio antiamericano (e antioccidentale)? La sola spiegazione economico-sociologica pu� essere sufficiente?

�Veda, noi vorremmo che l�Occidente si liberasse della sua paura dell�Islam, che smettesse di considerarlo come un pericolo imminente, il �pericolo verde�, come � stato chiamato, candidato a sostituire quello dell�ex Unione Sovietica, definita da Reagan �lo Stato malefico�. Chiediamo all�occidente di liberarsi dell�antico odio ereditato dalle guerre che esso stesso chiamava �Crociate�. Vogliamo inoltre che l�occidente si liberi del suo complesso di superiorit� che lo porta a guardare il mondo con gli occhi del padrone nei confronti del suo schiavo. Questa visione della vita � una provocazione per gli altri�.

Donatella Trotta