Comunità di S.Egidio


 

14/10/2001

Andrea Riccardi: la storia a un bivio tra scontro e convivenza
Bibbia e Corano, le vie della pace passano dai testi sacri
A Torino studiosi cristiani e musulmani si sono confrontati sul dialogo possibile: c�� anche una maggioranza silenziosa e non violenta

 

Interrogarsi sulla �pace e sulla guerra nella Bibbia e nel Corano� mentre piovono missili su Kabul, dopo un immane attentato eseguito in nome della fede, � il pi� grande atto di autocoscienza che possano compiere i miliardi di uomini che oggi credono nel dio unico. � per questo che, nel presentare al teatro Carignano il convegno di Bilia (Associazione laica di cultura biblica), lo storico delle religioni Giovanni Filoramo si � chiesto: fino a che punto la violenza bellica dipende dagli intrecci politici che il Cristianesimo e l�Islam hanno avuto con i vari Stati? E fino a che punto � inscritta nella logica stessa, nel Dna, di questi sistemi religiosi?

Andrea Riccardi - storico, scrittore e guida di quella comunit� di Sant�Egidio impegnata nel dialogo fra le diverse confessioni nel contesto dei conflitti che insanguinano il mondo - � convinto che la �nazionalizzazione delle religioni� abbia compromesso le pacifiche convivenze fra i popoli di fedi differenti da Cipro ai Balcani, dalla Palestina fino alla spartizione del subcontinente indiano fra India e Pakistan, avversata da Gandhi.

Riccardi ricorda che i laicissimi �giovani turchi� dovettero ricorrere alla �Jihad� per sensibilizzare nello sterminio degli armeni i contadini che sarebbero rimasti indifferenti al richiamo politico. Lo storico porta numerosi altri esempi ma la conclusione � che la logica della nazione ha ucciso le convivenze adoperando la religione come detonatore. Ora per� le grandi migrazioni fra nord e sud rimescolano le carte e la storia si trova a un bivio: civilt� del convivere o scontro di religioni, magari riflettendo anche sulla teologia dei vicini.

Quest�ultima possibilit�, riconosce Riccardi, non � oggi molto sentita dall�Islam e ne conviene lo stesso algerino Fouad Khaled Allam, sociologo del mondo musulmano all�Universit� degli studi di Trieste, secondo il quale oggi �� la politica che tende a definire l�identit� religiosa dell�Islam e non viceversa�. Ma la realt� � variegata per cui potrebbero coesistere sia l�opinione di Georges Bataille, per cui il sistema islamico � basato essenzialmente sulla guerra e sullo spirito di conquista. Sia l�opinione di Luis Massignon che ne privilegia soprattutto la vocazione spirituale ed escatologica.

Il contesto politico-sociale, soprattutto in tempi di crisi, pu� produrre insomma quello che Allam definisce �dirottamento semantico� della �Jihad�, che da �atto conforme alla volont� di Dio� diventa �azione di guerra� ma, per lo studioso, tutto questo � ineluttabile? Nella complessit� dell�universo musulmano per il momento ogni possibilit� � aperta.

Il problema, come si chiede l�islamista Alberto Ventura, � per� di sapere come sia potuta avvenire una trasformazione in senso fondamentalista di cos� vasta portata, diffusa e radicata a tutti i livelli nelle societ� islamiche. Gli attuali fermenti farebbero pensare che l�Islam tradizionale sia in qualche modo sommerso e neutralizzato. Ventura, tuttavia, osserva che, di fronte alle grida di una minoranza, talvolta il silenzio delle maggioranze pu� farle apparire inconsistenti, mentre sono sempre esse a rappresentare la volont� comune, quale consenso che - in modo lento e graduale - abitualmente contribuisce a determinare le scelte politiche nella maggior parte del pianeta musulmano.

Non � detto, insomma, che le masse fanatiche inneggianti a Osama Bin Laden, dal Pakistan all�Indonesia fino alle moschee di casa nostra, rappresentino l�effettiva volont� generale di quell�universo. Un�analisi tranquillizzante o soltanto una speranza di fronte all�odio e ai messaggi di morte che traboccano dagli schermi della televisione?

Cesare Medail