Comunità di S.Egidio


 

19/12/2001

Don Marco Gnavi della Comunit� di Sant'Egidio
�Benvenuto Natale, una luce che irrompe nel grande buio che odora di guerra�

 

Dopo l'11 settembre nulla � pi� come prima. E anche questo Natale si annuncia diverso da quelli degli altri anni. Difficile sperare che le armi possano, almeno in quel giorno, tacere non solo in Afghanistan e nella Terra Santa, ma anche in tanti angoli del mondo dimenticati dalle telecamere. Eppure questo Natale porta anche un messaggio di speranza : il 24 gennaio, infatti, il Papa accoglier� nella terra di San Francesco ad Assisi i rappresentanti di tutte le religioni per riannodare i fili del dialogo.

Tra i protagonisti di questa iniziativa c'� la Comunit� di Sant'Egidio, che dal 1968 ha raccolto l'esempio di San Francesco: dall'Africa ai Balcani, dall'Afghanistan alla Cambogia, i volontari della Comunit� testimoniano il loro impegno per la diffusione del Vangelo, per l'assistenza ai poveri, la pace e il dialogo tra i popoli. A don Marco Gnavi, uno dei suoi responsabili e direttore dell'Ufficio per il dialogo interreligioso del Vicariato di Roma, chiediamo di interpretare il senso di questo Natale.

�Il Natale � innanzitutto � dice don Marco � l'irrompere di una Buona Novella : il Salvatore che si incarna nella debolezza di un bambino. Affinch� possa dare frutti di pace e di riconciliazione. Per� questa notizia ha bisogno di essere accolta. Quello del Natale � un messaggio di pace, ma � anche un messaggio di solidariet�: Ges� viene al mondo come un bambino privo di ogni bene materiale. La visita dei pastori, poi, contemporanea a quella dei Re Magi, sottolinea l'universalit� di quel messaggio�.

Quest'anno, per�, la luce del Natale � oscurata dall'ombra della guerra.
�Io direi, piuttosto, che questo Natale � una luce che si accende in una grande notte, una stella cometa che indica la strada a coloro che sono spaesati, disorientati, bisognosi di consolazione. L'11 settembre � stato un atto di intimidazione contro le energie del bene, contro coloro che credono che popoli e culture diversi possano vivere gli uni accanto agli altri. E questa intimidazione si traduce in un invito a pensare solo a s� stessi, a diffidare dell'altro. Il Natale pu� rompere questo circolo vizioso�.

Alla riconciliazione potr� contribuire l'incontro interconfessionale del 24 gennaio?
�Mi auguro che quel giorno, ad Assisi, si rinnovi l'incanto dell'ottobre del 1986. Ebrei, cristiani e musulmani si troveranno nuovamente insieme per un'invocazione di pace, con l'intento di disarmare la violenza che si annida nel cuore degli uomini�.

Com'�, secondo lei, il rapporto tra cristiani e musulmani dopo l'11 settembre?
�Credo che in questo momento ogni religione senta il bisogno di ridefinire la propria identit�. Anche il policentrico ed eterogeneo mondo islamico � alla ricerca di una unit� che contraddica una deriva di violenza che non rappresenta l'Islam. Cristiani e musulmani si trovano di fronte alla necessit� di rifondare su basi pi� solide le ragioni del dialogo, tra di loro e col mondo ebraico. Le tre religioni abramitiche sono lacerate, innanzitutto in Terra Santa, da conflitti che non hanno nulla a che vedere con la religione. E, solo scavando nel proprio profondo, potranno ritrovare un punto d'incontro. Oggi il dialogo non � una scelta opzionale, ma un imperativo�.

Assisi torna a essere il teatro di un'iniziativa in difesa della pace. Sembra che da questo luogo emani una sorta di energia positiva...
�La forza di Assisi � Francesco, un Santo disarmato, eppure straordinariamente potente. Francesco non era un pacifista, ma un pacifico. Nell'Italia litigiosa e corrotta dei Comuni, nel seno di una Chiesa caratterizzata dal bellicismo delle crociate, egli si fece portavoce di un umanesimo cristiano che, attraverso la parola evangelica predicata in italiano, era accessibile a tutti. Assisi evoca una comunione spirituale che va oltre le barriere di classe, di cultura, persino di religione. � un ideale che trae ispirazione dal passato ma � proiettato nel futuro, perch� lo spirito di Assisi pu� percorrere tutte le strade e raggiungere ogni angolo della Terra�.

L'11 settembre ha relegato in secondo piano una questione che alcuni ritengono legata alla recrudescenza del terrorismo: la globalizzazione. Pensa che sia possibile costruire un mondo globale senza ingiustizie?
�Il rapporto tra Nord e Sud � entrato in crisi molto prima delle manifestazioni contro il G8. Non si tratta solo di dare risposte alle rivendicazioni del movimento no global, ma di porre le basi per una globalizzazione diversa, fondata sulla cultura dell'altro. � una questione che riguarda in primo luogo l'Europa, che dovrebbe considerare le sofferenze dell'Africa come proprie. Ci sono quaranta milioni di malati di Aids nel mondo e il 70 per cento si trova in Africa. La Comunit� di Sant'Egidio ha avviato una campagna contro l'Aids in Mozambico, offrendo alle donne che ne sono affette la possibilit� di curarsi in modo da non trasmettere il virus ai propri figli. Per fare questo, per�, abbiamo dovuto combattere contro tradizioni e pregiudizi. Credo che i cristiani debbano lavorare per una globalizzazione rivolta ad abbattere i muri che dividono le culture�.

Osvaldo Polo