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29/12/2001 |
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Il cenone natalizio organizzato in strada dai volontari, sollievo per una popolazione allo stremo |
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MAPUTO. Dalla casa di Aurora, all'ultimo piano di un orribile condominio costruito negli anni del socialismo reale, quando fa buio i volontari della Comunit� di Sant'Egidio operante in Mozambico portano in strada i pentoloni appena tolti dal focolare alimentato a carbonella. Si preparano le razioni nei contenitori di stagnola: stasera il menu propone riso con fagioli, e come frutta c'� una banana. I ragazzi di Sant'Egidio, maglietta candida, una parola buona e un sorriso per tutti, distribuiscono bicchieri di carta da contenitori sigillati. L'acqua - una volta tanto di provenienza sicura - viene spillata da grosse taniche. In silenzio gli affamati di Maputo - uomini e donne ridotti a larve - si gettano sul cibo. Sono centinaia. Si mangia a Maputo. � il primo Natale in cui si mangia. Cenone poverissimo secondo i nostri standard, riso e fagioli, altre sere una polenta di miglio o di mais con un po' di pesce oppure pasta con tocchetti di pollo, certo non il �frango� alla piastra che servono in porzioni colossali i ristoranti nei quali si paga in valuta. Riso, fagioli, polentina di miglio, �ma sono comunque razioni da 1400-1500 calorie e i fagioli significano apporto prezioso di proteine�, dice Ersilia Buonomo, dottoressa italiana impegnata ad offrire testimonianze di solidariet� dell'Africa australe. Cenone frugale ma sempre pi� delle 800-900 calorie che a stento assume in una giornata un mozambicano abitante nelle aree dove la fame � endemica, e ci sono giorni interi in cui non si riesce a mettere nulla sotto i denti, ci sono periodi in cui nelle famiglie si mangia a turno, oggi un genitore, domani un figlio. Bisogna stare qualche giorno in Mozambico per percepire - sia pure dall'esterno - la realt� concreta drammatica e disperante della fame, la Grande Fame che stringe lo stomaco in una morsa e provoca afflizioni e patologie che la fantasia di un occidentale neppure riesce ad immaginare. A Natale i volontari della Comunit� servono il pasto serale in strada con un sorriso in pi�. La Provvidenza si fa cibo per i diseredati. Siamo in avenida Lenin, non lungi dal centro di una capitale in rapida trasformazione affollata di umanit� dolente che contende lo spazio e la stessa aria che si respira a manipoli di privilegiati, gli straricchi della corruzione imperante a tutti i livelli, delle tangenti ritagliate sugli aiuti internazionali, dei traffici loschi che caratterizzano ogni economia in effervescenza, un Pil cresciuto del 14 per cento l'anno scorso ma solo a beneficio di pochissimi. Il tratto di avenida Lenin dove al tramonto si concentrano gli affamati nutriti da Sant'Egidio � un angolo di corte dei miracoli. Stabilire se un mozambicano appartenga alla categoria di coloro che pur tra mille difficolt� sopravvivono oppure rientri nella massa incalcolabile di coloro che rischiano ogni giorno la morte per inedia � facile. I primi hanno ai piedi qualcosa, non necessariamente scarpe ma almeno un paio di ciabatte o di sandali rattoppati. I secondi, i pi�, sono a piedi nudi. Nella via dedicata al fondatore del socialismo dei soviet le ciotole di stagnola con il riso cucinato a casa di Aurora passano rapidamente nelle mani di gente scalza. Sul largo marciapiedi sotto le acacie in fiore (il Natale australe � ben diverso dal nostro: � torrido, nei presepi non mettono la neve) non uno dei commensali di Sant'Egidio calza un brandello di ciabatta. Anzi, non tutti hanno piedi da proteggere con un simulacro di scarpa. Joaquim, che dice di avere 40-45 anni ma ne dimostra 70, le gambe le ha avute amputate durante la guerra civile che ha insanguinato il Mozambico fino a nove anni fa. Firmin, un ragazzo, ha perso un arto per lo scoppio di una mina, uno dei tanti residuati bellici che basta sfiorare per essere fatti a pezzi. Bernardina, anziana dall'et� indecifrabile, se non trovasse cibo qua morirebbe letteralmente di fame: il marito l'ha abbandonata da tempo, i figli lavorano in Sud Africa ma di lei si sono dimenticati, non ha casa, non ha un giaciglio e sta per strada. Quasi tutti sono malati, e si vede. �La prima emergenza di questa citt� e di gran parte del paese � la malnutrizione�, spiega Leonardo Palombi, medico, professore a Tor Vergata. �La carenza di proteine � spaventosa. La mancanza di vitamina A provoca pesanti scompensi�. In certi ospedali nei casi di inedia grave viene somministrato un uovo una volta la settimana, su prescrizione medica. Chi lavora (pochi) guadagna perfino 70 mila lire al mese, ma una dozzina d'uova ne costa 3500, un chilo di carne 7000. Il Paese ha due economie, una per i ricchissimi, una per i poveracci. Una classe media non esiste, forse ci vorranno ancora decenni. Natale senza luminarie e senza panettone, eppure anche stasera questa gente ha messo qualcosa nello stomaco. Un miracolo, un evento provvidenziale che si ripeter� anche domani e - questa � la speranza - per tutte le sere in futuro. Allora per un attimo centinaia di esistenze abbrutite da una miseria senza nome possono dimenticare il colera endemico, la mancanza di acqua potabile (lusso riservato all'8-9 per cento della popolazione), l'igiene inesistente, le medicine inaccessibili, l'Aids. Il Cristo che nasce - nell'impegno di un gruppo di volontari che cos� vivono e spiegano il Vangelo, antidoto alle sette dilaganti - � diventato simbolicamente cibo per loro, credenti o non credenti che siano. Cristo bambino non dimentica i bambini di Maputo, dove venire al mondo � un'avventura, sopravvivere una scommessa. Quattordici neonati su cento non superano il primo anno. Nel quartiere periferico di Infulene � ora attivo il centro alimentare che sempre Sant'Egidio ha voluto per i pi� piccoli. Il pranzo di Natale sar� una zuppa di farina di miglio, verdure varie, fagioli, rigatoni, pezzetti di pollo e brandelli di pesce, il tutto bollito in un grande calderone piazzato sul fuoco vivo nel cortile di una baracca, l'ambulatorio dove Domenico Bartolo cura con perizia ed umanit� madre e figlioletti. Ogni bimbo avr� anche un pezzo di pane. A Natale in Mozambico le acacie inalberano incredibili fiori rossi. All'ombra di una acacia Domenico si rattrista parlando del gemellino che la scorsa settimana non � riuscito a salvare. La madre aveva latte appena per uno dei due neonati, ha fatto una scelta. Lui, medico, � arrivato troppo tardi.
Antonio Giorgi
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