Comunità di S.Egidio


 

24/01/2002


Non � una semplice replica dell'86

 

Assisi 1986: il mondo era ancora ingabbiato nella guerra fredda. Allora Giovanni Paolo II sal� sul colle di San Francesco con cristiani e non cristiani per pregare per la pace. La "pace" era terreno di dura polemica tra Est ed Ovest.

Il Papa, con questo gesto, ne fece un appuntamento di preghiera. Mostr� che la ricerca della pace era ben altro. Fu un appuntamento ecumenico e tra gente di religione diversa. La convinzione del Papa era che, dalla preghiera e da un atteggiamento pacifico l'uno verso l'altro, sarebbe scaturita la pace in un periodo buio, che non sembrava ancora segnare il tramonto del sistema bipolare. Eppure, allora, l'opinione dotta in Occidente considerava le religioni come un fenomeno residuale, sottoposte all'inesorabile erosione della secolarizzazione, ridotte tutt'al pi� a fatto privato, senza presa sulla societ�. La preghiera era al massimo considerata un rito consolatorio.

Il gesto di Assisi stup� molti. Stup� chi non si capacitava come un cristianesimo vissuto potesse chiamare altri mondi religiosi al dialogo. Stup� i cristiani rassegnati alla marginalit�, preoccupati della novit� dell'evento. Stup� nella sua apparente inutilit�: non ne usciva un programma di pace, ma qualcosa di diverso. Assisi 1986 era destinata a divenire una delle immagini pi� importanti del Novecento. Non era solo esteticamente espressiva, ma conteneva un'intuizione storica e teologica profonda, su cui i teologi ed esperti vari possono ancora meditare. La Chiesa di Roma appariva come la parte "convocante" in un servizio al mondo e ai cristiani, svolto nello spirito di Assisi. Ciascuno serbava la sua identit� religiosa. Dunque senza confusioni sincretistiche, ma anche senza quella contrapposizione, antipatica e ostile, in cui si erano insinuati tanti spiriti bellicosi. Il Papa proclam� alta la sua fede nel Signore Ges�, ma parl� di amore e di rispetto per tutte le religioni. Nel 1986, ad Assisi, non si negozi� sulla fede, ma ciascuno fu invitato a pregare e operare per la pace.

Quel 27 ottobre 1986 mostrava la verit� della lezione di von Balthasar: un vero cristianesimo sa essere anche creatore del bello. Nel "bello" di quell'incontro, tutti i capi religiosi si trovarono a loro agio, rispettati e invitati a vivere il messaggio di pace insito nelle loro tradizioni. Il Papa disse: "continuiamo a diffondere il messaggio di pace. Continuiamo a diffondere lo spirito di Assisi". Si pens� allora che quell'evento avrebbe dovuto proseguire negli anni successivi. Oggi � divenuto una tradizione che ha trovato rispondenza in tutte le comunit� religiose. Giovanni Paolo II lo ha sottolineato in vari modi. Ricordiamo per esempio quanto egli ha scritto al meeting tra le religioni a Bucarest del 1998, promosso da Sant'Egidio nello spirito di Assisi: "Quell'evento non poteva restare isolato. Aveva, infatti, una forza spirituale dirompente: era come una sorgente da cui cominciavano a scaturire nuove energie di pace".

S'� pregato non invano ad Assisi, nel 1986. Spesso poi la fede religiosa ha accompagnato e animato le transizioni pacifiche negli anni successivi all'86. Indubbiamente, dagli anni '90, le religioni hanno un nuovo ruolo pubblico. Questo vuol dire anche nuove responsabilit�, soprattutto di fronte alla pressione delle passioni identitarie e nazionali.

Assisi 2002: non � la ripetizione di un evento di quindici anni fa. Il mondo � cambiato. Oggi la Giornata di preghiera � anche un segno di contraddizione in uno scenario internazionale diverso. Non � una ripetizione. La novit� del mondo del XXI secolo impone altre responsabilit� a tutti i credenti. Impone di sviluppare con pi� decisione il legame intrinseco tra la preghiera per la pace e un atteggiamento pacifico; chiede di dissociarsi dalla violenza in tutti i suoi aspetti e di condannare ogni male compiuto in nome di Dio. Oggi si vede meglio la responsabilit� morale delle grandi religioni nel formare uomini e donne pacifici, che costituiscano una resistenza alle tentazioni della violenza, del terrorismo, del disprezzo. Significativa oggi, ad Assisi, � la presenza delle Chiese ortodosse che mostrano di condividere in profondit� questa prospettiva.

Nel mondo contemporaneo ormai gente diversa vive insieme. Il problema della convivenza tra popoli e religioni differenti riguarda l'intero mondo: dall'Africa delle lotte etniche e religiose all'India complessa, alla Terra Santa martoriata da una guerra da pi� di mezzo secolo, o altrove. Il nazionalismo ha creduto di poter costruire paesi omogenei nazionalmente e religiosamente. Talvolta si � realizzato questo con la purificazione etnica. Ma si torna a vivere insieme come effetto della stessa globalizzazione. Assisi 2002 ha un messaggio a questo mondo convulso e plurale: si pu� vivere insieme nella pace a partire dalle energie spirituali. Non � tanto nell'accordo con l'altro che si trova la forza di vivere in pace, quanto nell'andare in profondit� alla propria fede o tradizione religiosa: "ogni religione quando esprime il meglio di se stessa tende alla pace" - scriveva mons. Rossano.

Vorrei ritornare su quanto questo grande cultore del dialogo diceva sulla forza delle religioni: "in tempi di conflitto, quando gli interessi materiali vengono con forza a prendere il sopravvento, le religioni sembrano un lusso, eppure sono come il pane perch� sono l'unico elemento che pu� svuotare la brama di potere�". Oggi, in un mondo carico di conflitti e di fronte a un orizzonte non facilmente decifrabile, da questa Assisi 2002, parte una forte invocazione di pace. E' un grido che va al di l� dei calcoli politici ed manifesta la forza debole della preghiera. Dice il Salmo 11: "gli occhi del Signore sono aperti sul mondo". Siamo convinti che il Signore non ha dimenticato questo nostro mondo. A lui ci rivolgiamo, fiduciosi: ci dar� la pace e susciter� nuove energie di pace. Cos�, nel 2002, si ritorna ad Assisi con questa fiducia. Anzi con una fiducia pi� grande.

Andrea Riccardi