Comunità di S.Egidio


 

05/04/2002


Una certezza: le armi creano solo sconfitti

 

Con il ritmo proporzionato all'eccezionalit� degli eventi Giovanni Paolo II prende posizione sull'escalation di violenza che ha per scenario la terra pi� cara alle religioni monoteiste, e a quella cristiana in particolare. Attraverso una lettera al suo cardinale Segretario di Stato, Angelo Sodano, il Papa ha rivolto ieri un "pressante appello" alla Chiesa, "affinch� si intensifichino le preghiere di tutti i credenti per quelle popolazioni ora dilaniate da forme di violenza inaudita".

La corale preghiera - traguardata su domenica prossima - � l'ultimo invito del Papa di fronte al precipitare del conflitto tra israeliani e palestinesi. Tanti tentativi di contatto si sono clamorosamente infranti e questa � l'ora sconcertante e smisurata delle armi. Le quali tuttavia non possono portare la pace: non potranno dare ad Israele la giusta sicurezza, n� potranno far s� che la popolazione palestinese acquisti cos� il suo ordinato spazio nazionale. Le armi acuiscono un dissidio che non porter� alcuno a vincere. Sicuramente non i palestinesi, ma nemmeno gli israeliani. Ci si chiede inoltre quale potr� essere il futuro dei palestinesi e come potranno contribuire alla pace, una volta privati della speranza concreta di un loro Stato e senza una rappresentanza politica.

Quello della Terra Santa non � un conflitto circoscritto. Fin d'ora il "contagio" della crisi israeliano-palestinese � evidente nella zona mediorientale.

Il fragile Libano pu� rivelarsi il primo appuntamento dell'estensione del conflitto. Gli hezbollah libanesi tirano su Israele e ci si chiede quale possa essere la reazione del governo di Gerusalemme. Intanto, in varie localit� del mondo arabo si svolgono manifestazioni di piazza contro Israele e anche gli Stati Uniti. La questione palestinese � stata sempre sentita dai correligionari come un dramma irrisolto, anche se questa sensibilit� non ha dato luogo spesso a politiche coerenti. Quello che avviene tra Israele e i palestinesi infiamma gli arabi e una parte dei musulmani del mondo.

Nel frattempo, niente pare al di sopra del conflitto e tutto viene travolto. Solo le armi sono protagoniste di queste giornate. Lo si � visto a Betlemme. La lotta attorno alla basilica della Nativit� mostra come i luoghi santi siano sprofondati nella guerra. Quando si parla di questi luoghi, non si tratta solo di mura (che pure hanno la loro grande importanza storica e evocativa), ma soprattutto di valori condivisi da milioni di credenti. La basilica della Nativit� (che � divisa tra ortodossi, cattolici e armeni) � per il mondo cristiano la memoria di quella pace che � proclamata nel Natale di Betlemme. Alla luce del Natale di Betlemme, milioni di credenti sempre sperano che la pace sia pi� forte dell'odio e del male. E cos� ogni anno vi riaprono il loro cuore al Vangelo della pace. Del resto l'idea dell'asilo nei luoghi santi non � tanto un fatto tecnico o giuridico legato a una visione del passato. Ancora oggi i luoghi santi rappresentano il rifugio di tanta speranza di pace.

� significativo, a questo proposito, l'intervenuto svolto dallo stesso presidente della Repubblica. Ciampi, dopo aver chiesto una tregua, ha affermato: "L'Italia che ha un'eredit� storica di presenza missionaria e una responsabilit� di protezione dei luoghi di culto e degli ordini religiosi, chiede fermamente il rispetto dei luoghi e delle fedi in Terra Santa, come � stato per secoli". Il rispetto dei luoghi santi non significa creare isole in mezzo a una tragedia, in cui le vite umane sono distrutte e il futuro sembra oscuro. Questi luoghi testimoniano valori religiosi. Infatti c'� uno spazio che sfugge alla logica della guerra senza quartiere. Ha aggiunto il nostro presidente della Repubblica: "Entrambi, luoghi e fedi, irradiano un raggio di speranza nel buio della violenza e delle armi". La disperazione conduce a travolgere tutto. E' la disperazione della guerra senza quartiere. Questa guerra non pu� essere l'unica risposta alla follia del terrorismo suicida che si sviluppata in campo palestinese.

La situazione di grave tensione deborda al di fuori del Medio Oriente fino all'Europa. Non parlo solo della preoccupazione diffusa tra le opinioni pubbliche e i governanti europei. E' da sottolineare un fatto assai grave in Europa: la ripresa dell'antisemitismo con espressioni violente. I responsabili della comunit� ebraica francese lo avevano gi� segnalato da tempo. Ma ora l'antisemitismo � manifesto con gli attentati alle sinagoghe in Francia e in Belgio. Anche qui, luoghi di preghiera, luoghi santi, sono confusi nella lotta e identificati come l'espressione di una politica, mentre non sono altro che spazi di invocazione e di pace. Ci sono state dichiarazioni molto ferme di tutti i responsabili religiosi (anche musulmani) in Francia, tuttavia non ci si pu� non interrogare su uno spirito bellicoso che si sviluppa da ogni parte e che non si arresta su nessuna soglia.

L'invito del Papa alla preghiera, nella prossima domenica 7 aprile, giunge allora molto opportuno e rilancia la speranza. Non � solo l'ora delle armi. Giovanni Paolo II ha detto: "Di fronte alla caparbia determinazione con cui, da una parte e dall'altra, si continua ad avanzare sulla strada della ritorsione e della vendetta, si apre di fronte all'animo angosciato dei credenti la prospettiva del ricorso alla preghiera accorata a quel Dio che, solo, pu� cambiare i cuori degli uomini, anche dei pi� ostinati". La preghiera accorata dei credenti, durante la Domenica della Divina Misericordia, manifesta una ferma convinzione: che la pace � possibile e che Dio ascolta l'invocazione di coloro che si rivolgono a lui.

Andrea Riccardi