Comunità di S.Egidio


 

02/09/2002

Un meeting a Palermo sul dopo 11 settembre
La pace di Sant�Egidio

 

Il mondo brucia. Una guerra � in corso, a tutto campo, anche se a volte impalpabile. Una guerra che potrebbe avere conseguenze inquietanti � annunciata in Iraq. In un mondo che brucia, a che serve il dialogo? Dopo l'11 settembre sono cresciuti quanti ritengono ormai inevitabile lo scontro tra le civilt�. Ci sono motivi per il pessimismo: la distanza che sembra aumentata tra Nord e Sud del mondo, la debolezza e le divisioni che accompagnano il vertice di Johannesburg da cui tanto potrebbe dipendere per la salvezza e il futuro del pianeta. E' un sentimento diffuso: il dialogo non apre, in fondo, ingenuamente alla violenza in nome della religione? Il pessimismo davvero pu� sembrare razionale ma non � tanto ragionevole. � in questo clima che la Comunit� di Sant'Egidio, mentre ci si chiede come difendersi e chiudersi meglio, rilancia con il Meeting mondiale: �Religioni e culture tra conflitto e dialogo�. A Palermo, come mai negli ultimi 15 anni, si sono raccolti leader e rappresentanti della grandi religioni del mondo e di diverse culture e provenienze laiche: al centro il problema dei problemi: scontro o dialogo? E quale il ruolo delle religioni? Non � forse proprio il fondamentalismo - dicono alcuni - il portato naturale delle grandi religioni? Il fondamentalismo � la malattia infantile di tutte le religioni e di tutte le culture: c'� anche un fondamentalismo etnico che crede di risolvere con l'eliminazione dell'altro i muri o le illusioni di muri sempre permeabili e irreali le contraddizioni della vita. Il Novecento, il secolo pi� secolarizzato della storia, non ha visto la morte delle religioni, anzi si � chiuso con le religioni protagoniste della storia. E davvero si sono mostrate ora benzina, ora acqua sui conflitti, ora sale, ora unguento sulle ferite della storia e della memoria. Le responsabilit� dei credenti sono cresciute e sono ormai verso tutti, non solo verso la propria comunit� religiosa. Nella globalizzazione non si pu� pi� vivere da soli o solo per s�. Dopo l'11 settembre il dialogo non solo � utile, ma � necessario come non mai. Non � l'illusione delle anime belle, ma � la risposta profonda, e unica davvero realistica, che crea ponti tra mondi impermeabili e prigionieri di stereotipi dell'altro. Il dialogo appare necessario per svuotare giacimenti di odio e di diffidenza che rischiano di alimentare terrorismo e risentimenti per generazioni. Il terrorismo dell'11 settembre ha provato a dire che davvero � in atto uno scontro di civilt�. Il pessimismo regalerebbe in anticipo al terrorismo una vittoria che, al contrario, � in nostro potere evitare. Nessun uomo e nessuna societ� � un'isola: era vero ieri, � inevitabile nel mondo globalizzato. Occorre trarne iniziative coerenti. A Palermo sono presenti delegazioni di paesi al plurale, dal punto di vista religioso e non solo: il Libano, la Costa d'Avorio, terre di convivenza e di conflitto. In tempi di faticoso ecumenismo ad esempio tra Mosca e Roma, chiara � la scelta di esserci con tutti gli altri anche degli ortodossi di Mosca e di Grecia, un segno non piccolo. L'Africa abbandonata alle sue guerre e ai suoi 25 milioni di malati di AIDS senza una medicina pu� solo sperare da Palermo in una comunanza di destino tra Europa e Africa. Mentre si fa fatica a incontrarsi sotto il peso del sangue e della paura in Medio Oriente, ebrei e musulmani, un ministro israeliano e la nuova classe dirigente e culturale palestinese, sono a Palermo con delegazioni e presenze straordinarie per tenere aperto un canale di comunicazione e di speranza. Mentre la paura dell'immigrazione spinge alcuni a dare il peggio di s� fino al razzismo, le religioni si chiedono se non sia una malattia insopportabile per la democrazia la chiusura e la paura che induce allo sciovinismo. Le religioni si chiedono anche qual � la propria responsabilit� nei conflitti e nelle divisioni contemporanee, e se lo chiedono in un dialogo franco con l'umanesimo laico, d fronte a sfide che sono comuni. Cosa sarebbe e cosa ci attenderebbe senza il dialogo?

Andrea Riccardi