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03/09/2002 |
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Cos� l�osservatore vaticano all�Onu illustra il suo intervento |
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Palermo - nostro inviato Monsignor Martin, che cosa intende quando afferma che la guerra al terrorismo non si combatte con un �intervento veloce�? Sono molto preoccupato. Viviamo in una societ� dalla memoria corta. Si pensa di condurre un�operazione per due anni e poi sparire. Ho seguito tante campagne: contro il debito, per la liberalizzazione del commercio, in favore dei diritti umani. E ho visto che per affrontare questi problemi bisogna investire soprattutto nella societ� civile locale. Una guerra per il ripristino dello stato di diritto non si pu� fare in qualche settimana, eliminando qualche personalit�. Occorre un vero investimento nella democrazia e democrazia � partecipazione. Mi chiedo anzi se possa soddisfarci una democrazia in cui il livello di partecipazione al voto � bassissima. Un altro grande problema � il costo della democrazia. Per essere eletti, ad esempio negli Usa, bisogna essere miliardari oppure appartenere ad una grande partito-dinosauro. Nel passato i meccanismi della politica erano una forma di mediazione tra il popolo e le istituzioni. Adesso c�� una certa alienazione. Lei la definisce �guerra� per lo stato di diritto? Ho ripetuto un�espressione usata da altri. Ma deve essere una lotta per l�opposto del terrorismo. E cos�� l�opposto del terrorismo? E� l�equa convivenza dei popoli. Ma dopo l�Afghanistan? Ma perch�, pensiamo che sia finito? La ricostruzione dell�Afghanistan durer� decenni. Ho detto chiaramente che bisogna fermare la mano di un aggressore, probabilmente un intervento era necessario, per� dopo bisogna assistere la popolazione che ha sofferto per il passato regime e forse soffrir� per il nuovo. Lo stesso per le questioni economiche: ridurre il debito di uno stato non aiuta necessariamente il popolo, aprire i mercati dei paesi ricchi non significa che i paesi poverissimi possano accedervi. Fintanto che non costruiamo societ� sostenibili queste asimmetrie permarranno. Come vede le minacce di guerra all�Iraq? Sono pessimista. Non vedo in questo momento la possibilit� che il popolo iracheno ci guadagni qualcosa: la societ� � infatti indebolita. Non � questione di imporre una leadership con un�altra a noi pi� gradita. E� questione di promuovere la societ� civile. Bisogna allora rinunciare alle armi? Anche i paesi contrari all�intervento sono contro Saddam. Il problema � come arrivarci. Per me la dimensione principale della democrazia � proprio la possibilit� di sostituire un leader, la societ� deve generare il cambiamento. Le armi aiutano? Credo di no. Guardiamo all�esperienza dell�est europeo: i paesi che hanno avuto maggiore successo sul piano della democrazia sono quelli dove gi� esisteva una societ� civile. Una delle maniere pi� valide � dunque investire nella sua promozione. Nelle attuali politiche dello sviluppo c�� la tendenza a dire: aiutiamo i paesi dove esiste gi� un buon governo, ma non � giusto. Non bombe ma dialogo con la societ� civiIe? Si, ovunque possibile. Qualcuno dir� che in lrak non � possibile, ma bisogna ricordare che ci vogliono i protagonisti della politica anche per il dopo. In Polonia c�erano, in Romania meno. Secondo lei dopo l�intervento in Afghanistan le possibilit� dell�Onu come �governo mondiale� sono pregiudicate? Siamo molto lontani. Ma l�Onu come tale non potrebbe garantire una vera democrazia nei vari paesi. Sono scettico su un �governo mondiale� allo stato attuale, sarebbe un governo di �lite, una forma di neocolonialismo che non produce partecipazione. Come giudica Johannesburg? Quella conferenza serve creare un piano politico generale di intervento. La mia impressione � che l�Unione europea in questo caso, si venda meglio degli Usa, perch� nel campo dello sviluppo l�Europa non ha una politica di investimenti migliore. Lo stesso per il protezionismo, che � perfino maggiore. E le religioni? Sia i leader che le comunit� religiose hanno spesso fallito. Per� nelle chiese ci sono stati anche dei profeti, talvolta criticati dalle loro comunit�. In Irlanda ho visto per oltre vent�anni ventimila soldati, ma il processo di pace � cominciato soltanto quando i capi delle due comunit� sono riusciti ad elevarsi sopra i pregiudizi. Quello � il ruolo che vedo per i profeti religiosi, ma bisogna riconoscere che ne occorrono di pi�.
Come ai tempi delle antiche Olimpiadi, in occasione dei giochi di Atene 2004, si fermino tutti i conflitti del mondo. Lo ha auspicato il Papa ricevendo ieri a Castel Gandolfo il nuovo ambasciatore ellenico presso la Santa sede Christos Botzios. Quasi collegandosi alla discussione in corso al meeing di Palermo, Giovanni Paolo II ha anche rievocato la sua visita nella ortodossa Atene e ha ribadito la richiesta vaticana che le religioni possano partecipare all�elaborazione della nuova Costituzione europea. Al convegno di S.Egidio Wojtyla aveva scritto domenica elogiandone la continuatit� con l�incontro interreligioso di Assisie citando in particolare il dramma della Terrasanta e la povert� dell�Africa.
Fulvio Fania
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