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05/09/2002 |
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Il meeting per la pace organizzato dalla comunit� di Sant'Egidio |
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La parola pace � stata coniugata con giustizia, con dialogo, con speranza nel futuro e rispetto della vita e della natura, con la domanda di dignit� per tutte le donne e gli uomini del pianeta, con preghiera e con fede. Alcuni effetti della �globalizzazione senza volto� - nefasti per interi continenti, per l'Africa, l'Asia e l'America latina - sono stati individuati con nettezza e incisivit�. I rischi dell'incomprensione, le responsabilit� di un sistema mediatico che troppe volte deforma la realt� e non aiuta a capire, l'impegno degli intellettuali per affermare una cultura di pace, le ragioni che portano a chiusure e alla violenza sono state sondate con coraggio. Anche questo � stato il meeting �Religioni e culture tra conflitto e dialogo�organizzato dalla Comunit� di sant'Egidio insieme all'arcidiocesi di Palermo, conclusosi marted� scorso, 3 settembre, a Palermo in piazza Politeama con un solenne appello per la pace. Oltre 24 dibattiti, 460 tra ospiti e relatori (per l'Italia anche il presidente Oscar Luigi Scalfaro, Giuliano Amato e poi il presidente della Repubblica del Burundi, Pierre Buyoya, l'ex presidente portoghese Mario Soares), diplomatici, uomini di tutte le confessioni religiose e oltre sei mila partecipanti: questi sono i numeri di quest'anno. E gi� questo � indicativo di un successo. Di una volont� di confronto e di pace non scontata dopo l'11 settembre e quello che ne � seguito, ma che � apparsa, anzi, ancora pi� determinata. Alla sua quindicesima edizione, il meeting per la pace, ha avuto una sua particolarit�. La spinta a rinnovare come ogni anno il filo del dialogo sui temi della spiritualit� e della ricerca religiosa si � coniugato in modo pi� significativo con l'individuazione di ci� che pu� creare conflitto, lacerazione, distanza. Non per esorcizzare i problemi ma per mettere in comune l'esperienza, la sensibilit�, la conoscenza, il punto di vista maturato da chi in un altro contesto, potrebbe addirittura essere considerato un avversario. Si sono confrontati sul futuro in Medio Oriente il ministro israeliano Dan Meridor e la rappresentante palestinese a Parigi Leila Shahid. Hanno dialogato rabbini e teologi islamici, cattolici e rappresentanti delle chiese evangeliche e luterane, dei patriarcati ortodossi. All'appuntamento non sono mancati i rappresentanti del patriarcato di Mosca, malgrado i rapporti tesi con il Vaticano. � stato un confronto senza particolari diplomatismi quello che ha animato i 28 �panel� della due giorni di Palermo. E si � sviluppato in modo trasparente di fronte ad un pubblico attento e numeroso. Una trasparenza resa possibile dallo spirito di condivisione che ha animato il meeting, ma anche dall'esigenza di costruire un dialogo vero, senza timidezze, fatto anche di richiami alle responsabilit� delle Chiese, dei governi, degli intellettuali e delle istituzioni. Forse � stato un modo per rispondere al clima di incertezza, di disorientamento che si � creato dopo l'11 settembre, � stato un appello alla responsabilt� di tutti per le sorti del pianeta minacciato da diversi �fondamentalismi�, quello del mercato, quello islamico e non solo. La riflessione sui compiti e le responsabilit� dell'Europa, sul suo futuro, si � intrecciata con il dramma dell'Africa o con le contraddizioni che vivono l'Asia o l'America latina. Tensioni e contraddizioni che anche a causa della globalizzazione, appartengono a tutti e gi� pesano sull'Occidente, come l'immigrazione. A Palermo si sono espresse culture diverse e, con forza, ha avuto voce anche il punto di vista dell'altro, dell'uomo del sud del mondo, dell'Africa che lascia la sua terra senza destino per cercare in Europa il suo futuro. �L'Africa ha vissuto cinque secoli di schiavit� - ha affermato lo scrittore della Costa d'Avorio, Ahmadou Kourouma - in cui gli uomini non erano considerati tali, poi � arrivata la colonizzazione, e i colonizzatori si sono divisi il Continente Nero. Adesso l'Africa merita una riparazione, un piano massiccio e generoso come il piano Marshall accordato da Ue e Stati Uniti�. Agli �afropessimisti�, Kourouma indica due parole chiavi, �giustizia e tolleranza�, �per affrontare - aggiunge - problemi drammatici come l'Aids e i conflitti, come ha fatto Sant'Egidio in Mozambico�. Non � stata una presa di posizione isolata. �Che possono fare i contadini, e perfino i governi degli Stati africani, contro queste potenti reti di societ� multinazionali inafferrabili? E per rinforzare e perpetuare quello che � un saccheggio in piena regola, accordi commerciali si annodano e si snodano secondo gli interessi del momento, bench� tutti sappiano, senza dirlo, che tali contratti nascondono clausole socio-politiche capestro� ha affermato il cardinale africano Bernard Agr� che ha pure sottolineato le responsabilit� dei governi locali, la corruzione e l'inefficienza, il dramma umanitario, la fame e l'Aids. L'allarme � stato lanciato. L'Africa non pu� pi� aspettare. � la denuncia ha accomunato altre voci della chiesa africana, dall'arcivescovo di Kinshasa a quello nigeriano John Onaiyekan, un allarme condiviso anche da rappresentanti delle chiese riformate e da intellettuali islamici. Non rispondere a queste emergenze pu� alimentare un �fondamentalismo� anche se pi� sociale che religioso. Sono denunce che aiutano a capire. Merito della comunit� di sant'Egidio che - ha sottolineato il cardinale Walter Kasper - con la sua azione a favore della pace si � guadagnata una grande autorevolezza morale che tutti le riconoscono. E ha un sogno il cardinale, che ogni grande religione nel mondo e ogni confessione cristiana possa avere una sua comunit� di sant'Egidio. �Come sarebbe pi� facile il dialogo e il cammino di pace�.
Roberto Monteforte
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