Comunità di S.Egidio


 

15/09/2002

IL MEETING DELLE RELIGIONI A PALERMO
Dalle fedi una forza critica per la pace

 

In condizioni disperate Sant'Egidio ha lanciato di nuovo la colomba del dialogo tra le religioni in un cielo carico di tempesta, a ridosso del primo anniversario dell'11 settembre, con i bombardieri americani che scaldano i motori sulle piste contro Baghdad, un muro di pietra che taglia in due la Cisgiordania, la tolleranza divenuta parola che muore e perfino il soccorso in mare agli immigrati divenuto reato. "Religioni e culture tra conflitto e dialogo" era il tema scelto per questa XVI edizione dell'incontro di "Uomini e Religioni" a Palermo, una citt� che ha avuto l'opportunit� di risuscitare la memoria della sua millenaria complessit� culturale e religiosa, crocevia tra l'Europa di Federico II e il mondo arabo musulmano. Non poteva raffigurare questa prospettiva meglio di quanto abbia fatto il logo del meeting, che delinea la cattedrale normanna, la sinagoga e la moschea, con le fondamenta sulle onde del Mediterraneo arricciate dal vento, dunque mai concluse, fluide e mobili, istituzioni aperte al cambiamento. E da quelle cupole miste si stacca lungo la campata d'un arcobaleno la colomba in volo ascendente col ramoscello d'olivo. Non dovremmo farci tentare dai pensieri dell'efficacia, per misurare i progressi delle mentalit� effettivamente registrati nel campo del dialogo interreligioso nei sedici anni trascorsi dall'iniziativa profetica di Giovanni Paolo II di tenere nel 1986 ad Assisi la prima preghiera di esponenti delle religioni mondiali per la pace. I cambiamenti di paradigma nell'ordine religioso seguono ritmi lentissimi, ricordava Andrea Riccardi, fondatore e presidente della Comunit� di Sant'Egidio che si � dedicata in questi anni a preservare dalle insidie, specialmente da quella della morosit� e a coltivare lo "spirito di Assisi" mediante meeting interreligiosi nelle principali citt� europee, dell'est e dell'ovest. La domanda che viene rivolta a questi pionieri � immancabile, e anche a Palermo � stata loro rivolta: dopo gli attentati alle Torri che senso resta alla parola dialogo, se la politica ricopia il paradigma dello scontro delle civilizzazioni? "L'11 settembre, dice Riccardi, � per molti la data del fallimento del dialogo tra culture e religioni. Per noi invece � la data in cui � caduto ogni pregiudizio. Da quella data deve partire un dialogo pi� autentico e senza pregiudizi".

Sedici anni fa era difficile portare nella stessa stanza un musulmano e un ebreo, un cristiano greco e un cattolico romano, un palestinese islamico e un israeliano ebreo, un sik e un induista. Ancora pi� difficile era riuscire a persuaderli a parlare fra loro. Mondi religiosi fra loro esclusivi si riparavano dietro muraglie che parevano d'acciaio per proteggersi dal dialogo come se ci� mettesse a repentaglio le rispettive tradizioni e convinzioni, le identit� stesse. La maturazione delle mentalit�, esclusa ogni concessione al sincretismo, � stata tale che a Palermo si � riaffacciata l'idea, se non di un parlamento delle religioni, almeno di un forum permanente di personalit� religiose mondiali a disposizione per intervenire nelle aree di crisi onde contribuire a moderare i conflitti.

Ma non dovremmo sottovalutare il ruolo che assumono, nel movimento lentissimo delle mentalit�, i simboli, i presagi di un futuro possibile, i gesti: bastava farsi largo nella folla che assisteva a Piazza Politeama la sera del 3 settembre alla cerimonia finale del meeting, e cogliere nei volti dei moltissimi giovani presenti, ma anche di altre generazioni, lo stupore, l'emozione, la commozione nel vedere rabbini abbracciare imam, cristiani di ogni confessione, d'oriente e d'occidente, fraternizzare, gli immigrati marocchini, tunisini, curdi ricevere dai leader religiosi i rotoli dell'appello finale e scendere dal palco a consegnarli ai rappresentanti dei governi e delle organizzazioni internazionali, una dozzina di bambini ricevere anche loro i rotoli dell'appello e portarli ai politici come per un'investitura di responsabilit� sul futuro del mondo.


ricucire le relazioni

Era un evento religioso che si compiva, ma anche un evento pedagogico ed ecclesiale. La Chiesa di Palermo, guidata dal cardinale Salvatore De Giorgi, ha voluto farsi coinvolgere in questo evento, mobilitandosi nelle parrocchie, negli ordini religiosi e nelle associazioni perch� "lo spirito di Assisi" agisse in profondit� nel tessuto ecclesiale. In questo modo l'evento deponeva i suoi simboli negli spiriti, dissolvendo le barriere e i paradigmi ereditati e aprendo la strada per un mutamento nell'ordine della cultura. Se a questo si aggiunge la testimonianza di solidariet� convinta e operativa fornita dai volontari di Sant'Egidio, mobilitati da tutta Italia si pu� spiegare come i partecipanti al meeting abbiano ricevuto una prova di ci� che il cristianesimo pu� essere e fare al meglio delle sue tradizioni nella societ� dell'indifferenza di oggi per ricucire relazioni tra diversi, accompagnare al dialogo anche con piccoli gesti di vera amicizia, far sentire il calore dell'accoglienza verso tutti.

A Palermo, in un clima intossicato nel mondo dalla paura e dal bellicismo internazionale, ben rappresentato dalla enorme rete di sicurezza disposta dalle autorit� civili intorno agli ospiti, gli estranei di ieri si sono ritrovati "normalmente" nel dialogo. E si sono confrontati sul tema critico delle conseguenze dell'attacco alle Torri di un anno addietro. Ma con una variante, se sia "inevitabile un conflitto di civilt�". Gia la decisione di porre il problema in modo dubitativo, col punto di domanda, rappresentava una sfida a ci� che � comunemente affermato come un dogma strategico, uno di quei "nuovi pregiudizi" diffusi per ogni dove con la potenza dei media dominanti dopo il saggio di Samuel Huntington "Clash of civilizations" del 1993. Ma � precisamente il dialogo di Palermo che ha smantellato in modo argomentato il paradigma astratto dello "scontro" e ha opposto la ragione critica alla sua fatalit�: senza venir meno ad una realistica analisi dei rischi e della natura del nuovo terrorismo - figlio criminale della societ� globale � si � dimostrato che sono le "generalizzazioni nocive" che impediscono di combatterlo sollevando nuovi polveroni ideologici.


il patrimonio pacifista delle religioni di Abramo

Notevole la prova di laicit� e di razionalit� che i religiosi hanno dato nell'affrontare la questione di come realizzare nella concretezza della congiuntura il patrimonio pacifista delle tre religioni di Abramo, liberandole dalle eredit� di guerre religiose spesso atroci, modelli di stermini e genocidi. La prima prova di santit� di ogni religione � stata considerata la sua capacit� di autocritica e di penitenza. Ma � anche, e allo stesso tempo, una prova di laicit�, che costringe ciascuno dei mondi religiosi a fare i conti con una storia impregnata di temporalismo, di rifiuto dell'altro e di prevaricazioni sulle coscienze. E' da un sacerdote cattolico, il rappresentante della Santa Sede alle Organizzazioni internazionali a Ginevra, arcivescovo Martin, che � stata rivolta all'Occidente da Palermo la contestazione di incoerenza nell'intraprendere una guerra al terrorismo proprio nei modi immancabilmente destinati ad alimentarlo, e per di pi� venendo meno agli ideali giuridici e politici dello stato di diritto, precisamente per centrare lo scopo di debellarlo.

La tesi che la migliore risposta alle Torri non � la radicalizzazione del conflitto ma il rilancio del dialogo fra le religioni, congiunto a una decisa innovazione politica, � stata quella fondamentale dell' "Appello Finale" di Palermo. I leader religiosi presenti hanno convenuto che la rete del dialogo interreligioso consente oggi alle stesse religioni di isolare i terroristi, togliendo dalle loro mani il nome di Dio abusivamente invocato per benedire le armi. Bisogna riconoscere che la linea perorata da Giovanni Paolo II � stata convalidata dai leader religiosi, permettendo cos� alla sua critica all'unilateralismo americano attuale di essere apprezzata sul terreno stesso del Medio Oriente.


non � il conflitto che salva

Vale la pena ricapitolare i principali punti dell'importante scorso del diplomatico vaticano a Palermo, perch� esso permette di discernere molto chiaramente le ragioni della divergenza tra il papato e l'impero su una questione fondamentale come la pace, la guerra e la lotta al terrorismo, e dunque sui postulati ineluttabili perch� possa essere tale lotta considerata non solo moralmente legittima ma anche razionalmente giustificabile in termini di efficacia .

Secondo Martin, "meno si affrontano le grandi ingiustizie sociali e le disuguaglianze, pi� si corre il rischio di rafforzare quel clima di insicurezza che ha contribuito a fomentare quel terrorismo che la guerra dovrebbe eliminare". Solo sostenendo misure per una nuova visione dello sviluppo umano e della solidariet� la guerra al terrorismo potr� portare la pace.

Agli occhi degli esponenti della Realpolitik, ha osservato Martin, qualsiasi politica dei valori viene etichettata come pericolosa. Ma una lotta contro il terrorismo, "se non vuole limitarsi all'eliminazione di alcune personalit� ritenute pericolose, diventa per sua natura una lotta per i valori, in favore dell'equa convivenza tra i popoli. Una tale lotta, ha sottolineato mons. Martin, richiede soprattutto che guardiamo all'altro, soprattutto al povero non come potenziale nemico, un potenziale immigrato illegale, un potenziale terrorista, ma come un fratello che ha lo stesso mio diritto di realizzare le sue proprie capacit� ricevute da Dio."

In terzo luogo mons. Martin ha sostenuto che "una guerra per lo stato di diritto non potr� avere come punto di partenza quello della salvaguardia del proprio interesse, tanto meno il proprio privilegio come una cosa non negoziabile". Egli ha criticato severamente non solo l'unilateralismo americano ma anche il protezionismo commerciale praticato dagli stessi Paesi che propongono il libero mercato. "Il terrorismo non sar� vinto con l'imposizione delle proprie posizioni, ma solamente in quanto si riesca a creare delle comunit� sostenibili che assumano le proprie responsabilit� nel promuovere i valori fondamentali della convivenza umana. La grande arma della guerra contro il terrorismo dovr� essere quella della fiducia e del rispetto verso gli altri popoli. In definitiva, ha concluso il diplomatico vaticano, "se non si affrontano con coerenza i problemi di fondo, una tale guerra produrr� un conflitto di civilt� ancora pi� grave. Ma se si conduce tale guerra fino in fondo come guerra a favore dello stato di diritto e di promozione di una visione dell'unit� della famiglia umana, si potr� promuovere un dialogo tra civilt� che porta a una pace duratura".

II silenzio con cui, nel cuore di Palermo, quasi 500 leader e rappresentanti delle grandi religioni mondiali facevano memoria delle vittime della I e della II guerra mondiale (proprio il 3 settembre, 63 anni fa, le armate di Hitler devastavano Varsavia), dei caduti della mafia e del terrorismo, delle vittime di New York � stato un momento emotivamente intenso della riunione, seguito da un altro, quando Rita Borsellino, nel giorno del XX anniversario dell'assassinio del generale Dalla Chiesa per mano mafiosa ha letto l'Appello finale.


lo scandalo di omissione di soccorso

Con realismo si riconosce in questo documento che il male ha un potenziale cos� enorme da demoralizzare gli spiriti, in un'era di fantastici successi tecnologici: non solo i caduti di New York, ma anche gli africani e gli altri sterminati come mosche dall'AIDS, dalla sete, dalla mancanza di medicine, dalla penuria, in un mondo che avrebbe abbastanza soldi e tecnologie per sradicare per sempre queste miserie. Un enorme scandalo di omissione di soccorso su scala globale. "La globalizzazione non pu� essere solo la libera circolazione di beni, deve essere anche globalizzazione della solidariet�, del dialogo, della giustizia e sicurezza per tutti", ha sostenuto l'Appello di Palermo.

Contrastando le visioni pessimiste, che lasciano via libera alla violenza e all'ignavia dei dominatori, l'appello ribadisce la comune volont� degli esponenti religiosi di battere la via del dialogo, per superare divisione e conflitti "per non lasciare il mondo in balia di una globalizzazione senza volto che inevitabilmente diviene crudele". La fede nell'efficacia del dialogo porta l'appello a convinzioni molto intense: "Nulla � mai perduto con il dialogo. Il mondo ne ha bisogno. Non � il conflitto che salva". E a chi usa il nome di Dio per giustificare 1'odio e la guerra, l'appello risponde risolutamente: "Le religioni non giustificano mai l'odio e la violenza. II nome di Dio � pace".

Ora chiss� se la colomba della pace che ha spiccato il volo dalle cupole di Palermo, con la sua millenaria complessit� culturale, riuscir� a volare sul Mediterraneo, attraversare la bufera della nuova guerra che si prepara e rompere il muro che taglia in due la terra santa. Chiss� se riuscir� a volare con vento ma anche contro vento e senza vento, magari a testa all'ingi�. Purch� voli.

Ma forse il soffio delle preghiere di molte fedi potr� arrivare anche l� dove non riesce la Realpolitik: questa almeno � la convinzione del meeting siciliano di Sant'Egidio.

Giancarlo Zizola