Il rapimento di monsignor Jorge Enrique Jim�nez, vescovo colombiano e presidente del Consiglio episcopale latinoamericano, � l'ultimo atto della terribile crisi colombiana. � stato prelevato insieme ad un anziano parroco mentre andava in una zona rurale per le cresime. Si sospetta la responsabilit� delle Farc, il pi� grosso movimento di guerriglia, nato negli anni Sessanta e in aspra lotta con il nuovo presidente, Uribe. Nonostante l'instabilit� politica, l'assenza di sicurezza e le gravi ingiustizie, la Colombia � per� un paese democratico e potenzialmente ricco. Le frontiere tra delinquenza, rivolta sociale e violenza politica sono difficili da tracciare. C'� una lotta di tutti contro tutti. Tra il governo e le guerriglie (Farc e Eln), nate negli anni Sessanta con un'ispirazione castrista. Ci si combatte per accaparrarsi la terra. I grandi cartelli di droga del Paese, che � il massimo esportatore di cocaina e di er oina del mondo, hanno propri gruppi armati. In questa situazione, sono nate le forze di autodifesa, presenti nel 40% dei comuni, le quali contrastano la guerriglia, facendo sentire la loro forza sul territorio con metodi brutali contro i civili.
Questo elenco sommario non enumera ancora tutti i multiformi attori della violenza colombiana. Lo Stato controlla parzialmente il territorio nazionale, sottoposto a tendenze centrifughe e a poteri locali. Il tentativo di pacificazione, condotto dal presidente Pastrana (1998-2002), non � stato coronato dal successo. Il nuovo presidente, Uribe, porta avanti invece una politica di fermezza ed � stato fatto segno di gravi attacchi, tra cui l'attentato a Bogot� durante il suo insediamento. In quattro anni di mandato (che non � ripetibile), un presidente non riesce a risolvere una situazione cos� incancrenita. Il tessuto sociale colombiano � avvelenato dalla violenza: 30 mila morti l'anno e 3 mila rapimenti. Il rapimento � divenuto un mezzo di finanziamento e di destabilizzazione della politica.
La Chiesa cattolica, da anni, � impegnata per guarire il paese dalla cultura della violenza, convinta com'� che ci sia un innesto di ragioni politiche e sociali su un modello di vita banditesco. Negli anni Novanta ha sempre appoggiato il dialogo tra i combattenti, convinta di esprimere in questo modo il sentire diffuso della gente che vuole la pace e la fine della violenza. Negli anni della presidenza di Pastrana, la stessa Chiesa si era impegnata a tutti i livelli per favorire il negoziato e la riconciliazione tra gli attori del conflitto. E' apparsa cos� come solida e libera forza di pace nel Paese, risorsa unica in una situazione disperata. Ma ha pagato un caro prezzo. Dal 1989 due vescovi e 45 sacerdoti sono stati uccisi, mentre tre vescovi (e vari religiosi e sacerdoti) sono stati rapiti. Dalla primavera del 2002 si era avuta notizia di minacce a alcuni vescovi, tra cui appunto mons. Jim�nez. E' la sofferenza di una Chiesa che, tra i flutti della cultura della violenza, rappresenta un saldo ancoraggio di pace e un richiamo all'unit� nazionale, come interesse superiore di tutti.
Il caso colombiano, pur cos� particolare, potrebbe essere la realt� del domani per Stati, pur democratici, dominati dalla violenza, con la circolazione di armi potenti e l'uso di grandi risorse finanziarie. La Colombia, che non ha conosciuto se non per un breve periodo l'irruzione dei militari in politica, � una democrazia tarlata da poteri economici forti e dall'uso della violenza a fini politici e della difesa di interessi. L'alternativa non � solo quella tra repressione e dialogo. La sfida � pi� profonda ancora: cambiare la cultura impregnata di violenza e affermare, tramite lo Stato, quindi con il consenso dei pi�, una cultura di pace e sicurezza sociale. Lo pu� fare in ragione del suo radicamento popolare, la diramazione delle sue istituzioni pastorali e culturali. Proprio per questo � martirizzata.
Andrea Riccardi
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