Comunità di S.Egidio


 

01/01/2003

IL MESSAGGIO PER LA GIORNATA MONDIALE, A 40 ANNI DALLA "PACEM IN TERRIS"
La pace, speranza che non teme il futuro

 

La pace � in pericolo. Il terrorismo sembra minacciare i Paesi del benessere. Tante guerre aperte sono una piaga per molte regioni del mondo, specie del Sud. Si pensi alla Costa d�Avorio, Paese africano dal passato piuttosto solido, ora scivolato in un temibile confronto, a rischio di libanizzazione, cio� di lotta tra cristiani e musulmani. C�� poi il conflitto che da mezzo secolo dilania la Terra Santa. Aleggia infine la prossima guerra all�Irak.

In questo quadro, si guarda con attenzione al messaggio del Papa che parla di pace. Non � un caso che la sua voce si faccia carico di quell�interesse generale che � la pace. Anche negli anni �60 la parola di Giovanni XXIII fu ascoltata nella crisi di Berlino e, soprattutto, di Cuba, in cui Usa e Urss furono a un passo dallo scontro atomico.

C�� una somiglianza tra la situazione di allora e la nostra. Forse per questo, a 40 anni dalla Pacem in terris, Giovanni Paolo II riparte da quella famosa enciclica: Pacem in terris: un impegno permanente � il titolo del Messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata della pace. Quella di Giovanni XXIII fu la prima enciclica sulla pace. In 40 anni la situazione internazionale � cambiata: dalla guerra fredda si � passati a una guerra diffusa, frutto di tante logiche, spesso complicate, ma non di meno minacciose. L�arma atomica, in mano a un club di nazioni potenti negli anni �60, oggi circola pericolosamente tra Stati o addirittura gruppi del terrore. Oggi molti sono in grado di fare la guerra: troppi.

Nel 1963, Giovanni XXIII colse la diffusa attesa di pace in �un mondo diviso�, come si legge nel Messaggio. Papa Roncalli, che aveva conosciuto da vicino due guerre mondiali con la loro brutalit�, il dolore del popolo ebraico durante la persecuzione nazista, non si rassegn� alla guerra: �Non era d�accordo con coloro che ritenevano impossibile la pace�. Giovanni XXIII si trov� a fare i conti con una cultura e una politica che ritenevano inevitabili la guerra e la violenza. Questo � un grave rischio culturale e politico anche oggi per noi: accettare la guerra come normale.

La Chiesa del Novecento sa come le guerre feriscano in profondit� il mondo e lascino un�eredit� imprevedibile. Tanta attenzione del pontificato romano si � concentrata, nel XX secolo, su come evitare che la guerra sia una compagna ineliminabile della storia. Da qui l�appoggio all�Onu, nonostante la sua vita difficile. La pace e la guerra riguardano il mondo intero. Il messaggio della Pacem in terris � chiaro e non archiviato: la pace � un �bene comune universale�, che rinvia alla necessit� di un�autorit� pubblica universale: ogni guerra diventa una minaccia per i vicini, per la stabilit� del mondo, per l�intera umanit�.

Giovanni XXIII � secondo il Messaggio per la Giornata della pace � �interpret� le spinte profonde che erano all�opera nella storia. Malgrado le guerre e le minacce di guerre, c�era qualcosa d�altro all�opera nelle vicende umane, qualcosa che il Papa colse come il promettente inizio di una rivoluzione spirituale�. In effetti, gli anni �60 furono caratterizzati dall�emergere di movimenti per i diritti umani, che rappresentarono un tarlo per i regimi autoritari. Non si pu� dimenticare che i regimi comunisti non hanno retto al duro confronto economico (anche per lo sviluppo delle forze armate) contro il blocco occidentale.

� possibile oggi innescare una nuova �rivoluzione spirituale�? Dopo l�89 abbiamo sperato in una pace solida; ma il grande vantaggio della fine della Guerra fredda � stato in parte sperperato negli anni successivi, anche per l�assenza di un�autorit� pubblica internazionale. Oggi soprattutto bisogna ricostruire una nuova coscienza di pace che, come ha insegnato Giovanni XXIII, si fondi sul Vangelo e sia aperta alla collaborazione con gli �uomini di buona volont�.

La pace � profondamente ragionevole, ma anche frutto di una forte speranza cristiana. � questa la speranza con cui affrontiamo il nuovo anno, consapevoli di andare incontro a orizzonti cupi. Essere richiamati all�eredit� di papa Giovanni, che �era persona che non temeva il futuro�, secondo papa Wojtyla, � andare alle radici di questa speranza.

Andrea Riccardi