Comunità di S.Egidio


 

03/01/2003

L'ESPERIENZA
Con Sant'Egidio �scuole di pace� nell'Africa ferita dalla guerra

 

La costruzione della pace � una chiamata che riguarda tutti. E che rinnova l'antico detto latino trasformandolo in �se vuoi la pace prepara la pace�. Nel messaggio di quest'anno per la Giornata mondiale della Pace Giovanni Paolo II ribadisce l'importanza di costruire la pace nei comportamenti quotidiani. �La pace - dice il Papa - non � tanto questione di strutture, quanto di persone. Strutture e procedure di pace - giuridiche, politiche ed economiche - sono certamente necessarie e fortunatamente sono spesso presenti�. Ma �non sono che il frutto della saggezza e dell'esperienza accumulata lungo la storia mediante innumerevoli gesti di pace� compiuti da donne e uomini �che hanno saputo sperare senza cedere mai allo scoraggiamento�. Qui in particolare �la religione possiede un ruolo vitale nel suscitare gesti di pace e nel consolidare condizioni di pace�. � un cantiere nascosto, ma nonostante le nubbi al lavoro in ogni angolo della Terra.

La Comunit� di Sant'Egidio, ad esempio, ci prova da anni, silenziosamente, sui fronti caldi dei Paesi in via di sviluppo, con le "scuole di pace", realt� di incontro in aree pesantemente segnate dai conflitti. Uno stile iniziato negli anni '70 con il doposcuola nelle borgate romane, che prosegue ormai da un decennio nelle "scuole di pace" delle baraccopoli africane. La Comunit� si espande nel mondo ma resta dunque fedele alle sue radici. Tre rappresentanti della Comunit� di tre diversi Paesi africani (la Repubblica democratica del Congo, il Ruanda e la Guinea Conacry), di passaggio a Roma per il terzo convegno internazionale su �Il Vangelo della Pace�, che ha visto a Roma 140 persone da 45 nazioni, ci raccontano qui a fianco la loro esperienza di "operatori di pace".


�Tra i poveri di Kinshasa le etnie non sono pi� barriera�
Victor fa l'ingegnere a Kinshasa. Ha 34 anni e un sorriso luminoso. �Ho conosciuto Sant'Egidio nel 1998 quando i volontari vennero come "facilitatori" per il processo di pace. Ne parlavano i giornali, cos� mi informai. Mi hanno invitato a Roma per un convegno. Al ritorno ho sentito la necessit� di fondare la comunit� a Kinshasa. Il Congo per 40 anni ha conosciuto la guerra e la dittatura. � un Paese potenzialmente tra i pi� ricchi d'Africa, oggi per� � uno dei pi� poveri del pianeta, e la popolazione oscilla tra disperazione e rassegnazione. Una condizione che ha favorito la nascita di molte sette di derivazione evangelica, le chiamano le "chiese del risveglio". Noi abbiamo chiamato i giovani, abbiamo cominciato a leggere il Vangelo. Abbiamo capito che la pace � un dono prezioso, e che possiamo permetterci di sognarla. Al di l� degli sforzi per restaurare la pace, nelle nostre comunit� la pace possiamo gi� viverla e sperimentarla rifiutando di abituarci alla guerra. Da noi in comunit� riescono a convivere tutte le etnie: swaili, katanghesi, baluba, quelle che negli anni '70 si sono combattute pi� o meno come in Ruanda. Abbiamo saputo superare questi scogli grazie al Vangelo. E anche, devo dire, allo sforzo delle nostre comunit� ruandesi. S�, stiamo costruendo delle isole felici, ma � un investimento per il futuro. Parenti, amici, politici, perfino qualche uomo di Chiesa, tutte persone che hanno vissuto i conflitti, pensano che sia impossibile quello che facciamo. Ma noi lo viviamo. Tutti i giorni. A Kinshasa abbiamo creato la scuola di pace, che � una specie di doposcuola, in uno dei quartieri pi� poveri. L� i bambini non possono nemmeno andare a scuola, le famiglie non hanno nemeno da dargli da mangiare. E i bambini lavorano: portano l'acqua, fanno il bucato per gli studenti dell'universit�. Noi li abbiamo raccolti: "Vogliamo essere vostri amici". Poco a poco si sono fidati, hanno smesso con i lavori forzati. Ora 128 di loro hanno un pasto e un maestro che li fa studiare. Forse � un'esperienza piccola. Ma per noi � tantissimo�.


�Noi giovani in Guinea Conacry oggi non sogniamo pi� la fuga�
Kpakile � un biologo, lavora in ospedale in Guinea Conacry. �L'Africa occidentale � passata dal colonialismo al comunismo. L'indipendenza aveva fatto nascere tanti sogni, la realt� � stata una serie di dittature terribili e grande povert�. Fino agli anni '90 non abbiamo avuto imprese, siamo entrati nel mondo globalizzato senza essere capaci di produrre nulla. Per questo tanti giovani sperano solo di scappare via, per cercare fortuna in Europa. Ti ricordi di Yaguine e Foede? Erano quei due ragazzini guineani che morirono assiderati nel '99, nel vano carrello di un aereo. Dopo questo dramma abbiamo aperto una scuola di pace nel loro quartiere. Abbiamo girato tutte le scuole, per spiegare ai ragazzi che la realt� � diversa: tanti vogliono lasciare l'Africa senza la minima formazione. Credono che in Europa il lavoro lo regalano. Noi non ci stanchiamo di dire che � un sogno stupido, che anche qui da voi i giovani hanno problemi. � stato come disinnescare delle bombe. "Stavamo per fare degli errori", hanno detto in parecchi. Certo i nostri governi non si sono impegnati a sufficienza, l'Occidente non investe, e il risultato � che mancano i trasporti, non c'� lavoro, elettricit� e telefoni sono una rarit�, la scuola � obbligatoria solo sulla carta. C'� molta disperazione. Cos� nel '91 � nata la Comunit� di Sant'Egidio, che ha scelto di lavorare con i poveri, con i detenuti, facendo una proposta non ideologica ma di fraternit�. Perch� senza fraternit�, in Guinea non c'� soluzione. Tutto � diviso su base etnica. Chi amministra la cosa pubblica pensa ai suoi. Cos� non se ne esce. Nelle scuole di pace insegniamo a pensare in modo diverso, dimostriamo che possiamo essere fratelli. Noi a Pasqua organizziamo incontri regionali, anche se attorno alla Guinea c'� la guerra: in Liberia, in Sierra Leone, in Costa d'Avorio. I giovani di questi Paesi sono migliori delle rispettive classi politiche. Io dico che stiamo preparando una nuova generazione di africani, quella cui il Vangelo ha aperto gli occhi. Nessun popolo pu� restare un'isola. Ecco, sono questi i fatti che ci danno speranza�.


RUANDA: �Quell'abbraccio di riconciliazione tra gli orfani dei tutsi e quelli degli hutu�
Ren� ha 32 anni e fa l'avvocato in Ruanda. �Ho conosciuto la Comunit� di Sant'Egidio alla Giornata mondiale della giovent� di Parigi - racconta - nel 1997. Sono tornato nel mio Paese, ho riflettuto e con altri amici abbiamo cominciato a fare comunit�, partendo dal Vangelo, cercando risposte alle domande che salivano dalla storia del mio Paese. All'epoca eravamo appena usciti dal genocidio, un milione di morti in meno di 4 mesi. La cosa pi� importante quindi era la riconciliazione delle etnie, l'educazione dei bambini e dei tantissimi orfani. I figli delle vittime e dei presunti assassini devono poter crescere assieme. � il nostro modo di contribuire al futuro del Ruanda. La Comunit� lavora con i bambini nelle "scuole di pace". Anche agli adulti offre uno spazio per la riconciliazione. A noi ha offerto la grazia di vivere il Vangelo. E noi cristiani siamo chiamati a testimoniare il perdono e la fratellanza. Tutti siamo chiamati. Anch'io, che sono tutsi e ho avuto un fratello assassinato. Ma la riconciliazione � anche una dimensione di vita, per vivere senza nemici. Nelle prigioni ci sono casi di persone che confessano e chiedono perdono, altri sfuggiti alla morte hanno dichiarato che sono disposti a concederlo. C'� buona volont�, oggi nel mio Paese, c'� disponibilit� a perdonare nelle manifestazioni pubbliche. Poi a livello di vita quotidiana certo � tutto pi� difficile. La Comunit� vuole offrire questa possibilit�. E cerchiamo di vivere questo spirito anche nei rapporti con il vicino Congo. Quando a Goma e Bukawu c'� stata l'eruzione, le comunit� di Kigali sono partite per portare aiuti e sono rimasti due settimane per dare una mano. I congolesi non capivano: "Che ci fanno questi ragazzi ruandesi da noi?". Noi volevamo solo fare un gesto, che fosse semplice ma significativo. La povera gente era incredula. Non riusciva a capire perch� qualcuno, da un paese "nemico", li servisse con cura e attenzione come fossero familiari�.

Luca Liverani