Comunità di S.Egidio


 

16/01/2003

Il discorso di Giovanni Paolo II al Corpo Diplomatico
Da un Maestro di fede una grande lezione ai politici

 

Gli orizzonti del mondo contemporaneo sono cupi per le guerre aperte e per i venti di guerra che fischiano minacciosi. Le parole del Papa, nel suo tradizionale discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, sono un'indicazione rara, in questo contesto, per una lettura meno rassegnata e pessimistica del presente. Infatti un senso diffuso di irrilevanza spinge troppi a rassegnarsi, pi� o meno silenziosamente, all'inevitabilit� della guerra, all'ineluttabilit� di tanto acute disuguaglianze, all'impotenza a migliorare la condizione di intere regioni del mondo abbandonate alla miseria e alla disperazione. Sembra che sia naturale l'esistenza dell'abisso che divide in profondit� l'una parte del mondo dall'altra. Sembra che l'uso della guerra, come strumento per regolare i conflitti, sia insostituibile. E i pi� non possono farci niente: lo dicono e soprattutto lo sentono. Da qui nasce, allora, quella rassegnazione che si insinua nei singoli, nelle visioni del mondo, ma anche nella politica dei governi che pure, almeno in parte, avrebbero la possibilit� di agire in senso differente. Rassegnazione, senso di impotenza, divengono irresponsabilit� verso un mondo che va verso un futuro pesante.

Da Giovanni Paolo II viene un richiamo alle possibilit� dei governi, dei popoli e dei singoli al fine di intervenire sulla scena internazionale: �Ma tutto pu� cambiare. Dipende da ciascuno di noi. Ognuno pu� sviluppare in se stesso il proprio potenziale di fede, di probit�, di rispetto altrui, di dedizione al servizio degli altri�. Proprio da un Maestro di fede viene una grande lezione ai politici (anche se non solo a loro): �...tutto pu� cambiare� � ha affermato il Papa. Ma quanti si pongono il problema di cambiare? Certo in maniera graduale, ma tante situazioni non sono graniticamente immutabili, non possono esserlo.

Il Papa esprime l'auspicio e la speranza di un cambiamento dopo aver confidato una sua impressione personale ai diplomatici riuniti per il nuovo anno: �Sono impressionato � ha detto � del sentimento di paura che dimora sovente nel cuore dei nostri contemporanei�. Ed ha ragione: c'� tanta paura, ci sono differenti paure che circolano attorno a noi e in noi. Indubbiamente il Papa allude al �terrorismo subdolo� e alle minacce di guerra. Ma la condizione di paura � pi� larga e si riflette nelle scelte e nei comportamenti, tutti segnati da un profondo realismo. � quel realismo che, tra sentimenti di paura e modestia di visione, si sviluppa come se non si potesse cambiare niente, come se non si dovessero cercare nuove vie di pace, come se si dovesse accettare passivamente che intere popolazioni siano nella miseria, senza le cure necessarie, senza la speranza del futuro.

Perch� avviene questo? Spesso la politica non � illuminata da quella speranza cristiana che fa essere audaci nella ricerca del bene comune del proprio Paese che �, evidentemente, connesso al bene comune del mondo intero. Infatti miserie troppo grandi saranno � � certo � terreno di cultura per odi, per nuove violenze. Se il terrorismo si sviluppa in paesi ricchi (spesso in quel terribile connubio tra ricchezza e ignoranza), le terre della disperazione sono gi� luogo di cultura di manovalanza del crimine e di ribellione contro chi � spesso davvero a torto � viene imputato come responsabile della propria esclusione. Il Papa dice chiaramente: �In un mondo tanto inondato da informazioni, ma che paradossalmente comunica con tanta difficolt�, e dove le condizioni di esistenza sono scandalosamente ineguali, � importante non lasciare nulla di intentato perch� tutti si sentano responsabili della crescita e della felicit� di tutti�.

Il presidente della Banca Mondiale, Jim Wolfenshon, ha affermato: �Quando il 20% costituito dai pi� ricchi della popolazione del pianeta si spartisce oltre l'80% del reddito mondiale, c'� qualcosa che non funziona�. S�, c'� qualcosa che non funziona! E questo qualcosa produce grandi sofferenze e pu� generare anche pericolose conseguenze per l'assetto del mondo contemporaneo. In questo senso bisogna pensare il futuro in una prospettiva larga e costruttiva. Non possiamo passare da un'emergenza all'altra senza considerare il meccanismo che produce tali conseguenze e proiettarci logicamente in un'azione costruttiva. Non possiamo lasciare l'iniziativa a gruppi di violenti che sfidano la legalit� o ad aggressive minoranze che sabotano la costruzione di un mondo pi� equilibrato.

Il mondo contemporaneo, dove sembrano contare solo pochi, ha bisogno di pi� attori responsabili: per questo il Papa dice che tanti, tutti, debbono essere coinvolti per la crescita e la felicit� di tutti. Infatti la realt� dell'universo, dove sembra accentrarsi in pochi il potere decisionale, consente invece a tanti di prendersi la loro responsabilit� nei pi� diversi campi. Inoltre il nostro mondo, nonostante le disuguaglianze, vive di consenso: tutti vedono tutto con la globalizzazione dei mezzi d'informazione. In questo senso c'� bisogno di una nuova politica capace di convogliare le energie del mondo in prospettive costruttive di pace e di sviluppo. Le reazioni allo stabilizzarsi delle esclusioni possono essere altamente pericolose e introdurci in un'epoca caratterizzata da innumerevoli conflitti e da una violenza diffusa. Anche per questo bisogna sempre pi� includere il mondo pi� povero in una politica costruttiva che miri con decisione e speranza a un futuro pi� giusto.

Le parole del Papa sono il succo dell'esperienza di umanit� della Chiesa di Roma, che vive tra il Sud e il Nord, tra l'Est e l'Ovest del mondo, sensibile alla realt� di tutte le popolazioni, anche di quelle che non hanno voce. Il discorso al Corpo Diplomatico � il distillato di questa esperienza storica, che appare un disinteressato, fraterno e avveduto messaggio ai responsabili del mondo su quelli che sono i pericoli e le opportunit� dell'attuale situazione. Per la Santa Sede non c'� una politica o una dottrina internazionale da difendere, non un interesse di parte o di gruppo da promuovere, ma c'� un mondo da preservare da mali pi� grandi e da avviare, con speranza, sulle vie di una situazione politica e economica pi� equilibrata. Questa posizione � molto chiara nel discorso di Giovanni Paolo II. Per questo sono da prendere con grande attenzione le parole del Papa, quando afferma con convinto senso di urgenza: �Si impongono pertanto alcune scelte affinch� l'uomo abbia ancora un avvenire: i popoli della terra e i loro dirigenti devono avere talvolta il coraggio di dire "no"�.

Andrea Riccardi