L'apprensione caratterizza questa nostra stagione internazionale, nella quale troppi attori appaiono ingessati nei loro ruoli, mentre occorrerebbe un salto di qualit�. La posta in gioco � grande: il futuro della regione mediorientale e l'impostazione delle relazioni planetarie nel nuovo secolo. Oggi ci accorgiamo quanto sciupate siano state le occasioni apertesi con l'89 al fine di costruire un nuovo ordine internazionale. Gli anni Novanta sono trascorsi nel segno di una imprevidente euforia e, contemporaneamente, di un equivoco primato dell'economico sul politico, dell'immediatezza e dell'emotivit� su una visione prospettica.
La voce di Giovanni Paolo II � risuonata pi� volte, nel decennio trascorso, come invito a realizzare nuovi rapporti tra gli Stati e a rafforzare le Nazioni Unite. Il Papa e la Chiesa cattolica, per la natura del loro ministero e per l'estensione universale del loro interesse, hanno uno sguardo largo sulle sorti del mondo, quale purtroppo spesso manca. Cos�, nel discorso all'Angelus di domenica scorsa, Giovanni Paolo II ha riproposto con forza e sinteticamente il suo pensiero: "...mai il futuro dell'umanit� potr� essere assicurato dal terrorismo e dalla logica di guerra". Il mondo contemporaneo ha bisogno di qualcosa di pi�. Lo avvertiamo, vivendo la "grande apprensione per il pericolo di una guerra", che si respira in queste settimane e che trova espressioni le pi� varie. Non si tratta solamente di chiudere alcuni capitoli difficili della vita internazionale. C'� bisogno di una visione pi� larga, capace di identificare nuovi strumenti per risolvere i conflitti, attenta a promuovere lo sviluppo di regioni di povert� e disperazione, impegnata nell'evoluzione di regimi autoritari che immiseriscono la vita di tanti Paesi (ad esempio nel mondo arabo, dove finiamo per accontentarci di fantasm i di democrazie o per fiancheggiare le dittature). Nel disordine internazionale prosperano i terrorismi e tanti conflitti dimenticati. Le parole di Giovanni Paolo II richiamano al fatto che una larga visione di pace ha bisogno di profondit� spirituale. In questo tempo rischiamo di sentirci tutti irrilevanti rispetto alle scelte che contano; ma il Papa ci richiama al valore della pace vissuta a livello personale nel cuore, nella preghiera e nel digiuno. La pace cristiana non � prima di tutto qualcosa di politico, seppure non teme certo di investire le relazioni politiche. Abbiamo troppo dimenticato - rinunciando a viverla - la dimensione spirituale e radicale della pace a cui il Vangelo ci richiama. Per questo la proposta del digiuno per la pace, il mercoled� delle Ceneri, � un'occasione importante per comprendere il valore della santit� della pace: � la proposta di iniziare assieme a gustare il valore e il sapore della pace di Dio. Il 14 dicembre 2001, il Papa ci invit� a digiunare per la pace, in coincidenza con la fine del Ramadan, il grande mese di digiuno per l'islam. Oggi, all'inizio della Quaresima, ci chiama a riscoprire, quella pace vera che si fonda e si conserva nella conversione dei cuori: "Imploreremo innanzitutto da Dio - ha detto il Papa - la conversione dei cuori e la lungimiranza delle decisioni giuste per risolvere con mezzi adeguati e pacifici le contese che ostacolano il peregrinare dell'umanit� in questo nostro tempo".
Andrea Riccardi
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