Comunità di S.Egidio


 

18/03/2003


Testimone della storia del Novecento

 

Le parole di Giovanni Paolo II all'Angelus di ieri emergevano dal profondo senso del tempo di Quaresima. Il Papa, al termine degli Esercizi Spirituali, ha riproposto il suo pensiero: �di fronte all'umanit� segnata da gravi squilibri e tanta violenza non dobbiamo perdere la fiducia: su questo mondo si riflette, fedele e misericordioso, l'Amore di Dio�. � in questa prospettiva che Giovanni Paolo II ha seguito, negli ultimi mesi, l'addensarsi delle bufere in Medio Oriente. � la prospettiva di uno sguardo religioso sulla storia. Infatti il Papa non rappresenta l'interesse di una nazione, di una civilt� o di una parte, ma si fa carico di un interesse generale, quello della pace. La pace � ha affermato � �� dono di Dio a quanti si sottomettono a Lui e accettano con umilt� e gratitudine la luce del suo Amore�. Non bisogna perdere la fiducia che, con un generoso passo in pi�, si possa sfuggire alla logica del conflitto e alla ineluttabilit� della guerra. Per questo il Papa non cessa di parlare di pace.

Non si tratta di un pacifismo di principio. Tristemente il Papa constata: �sappiamo che non � possibile la pace ad ogni costo. Ma sappiamo tutti quanto � grande questa responsabilit�. Infatti, la Chiesa, nella sua lunga esperienza storica, sa come le eredit� della guerra siano pesanti e avvelenate. Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, Pio XII ammoniva che �tutto � perduto con la guerra, niente � perduto con la pace�. Qualcuno ancora ricorda come quelle parole, nel buio dei regimi totalitari, furono un ultimo segno di speranza. Oggi il Papa ribadisce quanto gravi possano essere gli effetti di un conflitto con l'Iraq: �ecco perch� � di fronte alle tremende conseguenze che un'operazione militare internazionale avrebbe per le popolazioni dell'Iraq e per l'equilibrio dell'intera regione del Medio Oriente, gi� tanto provata, nonch� per gli estremismi che potrebbero derivarne � dico a tutti: c'� ancora tempo per negoziare...�.

La Santa Sede manifesta la convinzione che i danni di questa operazione militare saranno pi� gravi dei vantaggi. Questo punto di vista � stato maturato nell'aderenza alla situazione mediorientale, in cui i cristiani, pur minoritari, sono presenti; � stato valutato da una rete capillare di contatti. Per questo viene ribadito il fatto che non bisogna lasciarsi dominare dalla logica del confronto: c'� tempo ancora per negoziare!

C'� poi un altro dubbio del Papa innanzi all'azione militare: �l'uso della forza � ha detto � rappresenta l'ultimo ricorso, dopo aver esaurito ogni altra soluzione pacifica�. � pi� di un secolo che la Chiesa di Roma ricorda come la logica della forza trascini gli attori internazionali a compiere scelte spesso al di l� delle loro intenzioni. A tutt'oggi, sul quadrante irakeno, la Santa Sede, attraverso le parole del Papa, esprime questa valutazione: �c'� ancora spazio per la pace; non � mai troppo tardi per comprendersi e per continuare a trattare�. Si tratta di un giudizio circostanziato, dopo tanti contatti, non solo di una valutazione morale. Per questo Giovanni Paolo II conclude con un invito ad una nuova riflessione senza decisioni troppo rapide: �Riflettere sui propri doveri, impegnarsi in fattivi negoziati non significa umiliarsi, ma lavorare con responsabilit� per la pace�.

Il Papa parla come testimone della storia del Novecento. Si � sempre intuito quanto conti in Giovanni Paolo II l'esperienza dolorosa della Seconda Guerra Mondiale, che lo ha visto testimone della Sho� e del progetto di asservimento brutale dei polacchi da parte nazista. Il Papa sente quasi la missione personale di ricordare quelle tragiche esperienze: �Io appartengo � ha detto � a quella generazione che ha vissuto la seconda Guerra Mondiale ed � sopravvissuta. Ho il dovere di dire a tutti i giovani, a quelli pi� giovani di me, che non hanno avuto questa esperienza: �Mai pi� la guerra!�, come disse Paolo VI nella sua prima visita alle Nazioni Unite�. Chi sono i giovani? Indubbiamente la giovane generazione di oggi. Ma sono anche i dirigenti politici del nostro tempo, che non hanno conosciuto la Guerra Mondiale e che ora prenderanno gravi decisioni. Karol Wojty{l-lslash}a sa che cosa sono la guerra e l'assenza di libert�. Ha l'autorit� per parlarne. Del resto proprio lui � stato salutato dalla stampa occidentale, alla fine degli anni Ottanta, come un grande artefice della libert� nel XX secolo.

Giovanni Paolo II legge realisticamente lo scenario internazionale. Non c'� in lui alcuna compiacenza verso il regime di Bagdad, come talvolta appare in qualche settore di pacifismo antiamericano. Il suo ammonimento ai responsabili politici irakeni � solenne. Questi debbono operare perch� �le sorti dei loro concittadini abbiano sempre la priorit�. Per lui �hanno l'urgente dovere di collaborare pienamente con la comunit� internazionale, per eliminare ogni motivo d'intervento armato�. In questo senso c'� una grave responsabilit� da parte loro nel disinnescare la logica di guerra.

Il Papa, uscendo dagli Esercizi Spirituali, appare quasi rinsaldato nella sua fiducia nella pace: �In questa prospettiva di fede, � ha detto � desidero rinnovare un pressante appello a moltiplicare l'impegno della preghiera e della penitenza, per invocare da Cristo il dono della sua pace�. La sua conclusione (�senza conversione del cuore non c'� pace�) deve far meditare non solo i cattolici, ma tutti i cristiani. In una stagione in cui molti sentiamo che le decisioni di guerra e di pace sono affidate a pochi, questo richiamo ci libera dal senso di irrilevanza. La fede, la preghiera e la penitenza aiutano la pace, purificano i cuori dai sentimenti violenti. Si spera che questo movimento spirituale possa favorire decisioni politiche sagge. � in ogni modo una grande riserva di spirito buono in un'atmosfera troppo inquinata dagli odi e dalla violenza. � quello spirito che fa dire a molti, con Paolo VI e Giovanni Paolo II: �mai pi� la guerra!�.

Andrea Riccardi