Comunità di S.Egidio


 

27/04/2003


INCONTRI INTERRELIGIOSI CON UN SOGNO: LA PACE

 

Ma gli scontri sono proprio inevitabili? Ne parlano alcuni dei protagonisti degli incontri interreligiosi promossi dalla Comunit� di Sant'Egidio, che hanno fatto tappa nel '95 a Firenze, per il meeting �Terre e cieli di pace�.

Mehmet Aydin, uno dei pi� autorevoli teologi musulmani, turco, sottolinea che il rischio � di parlare sulle civilt� per stereotipi che portano ad accuse infondate e all'individuazione di capri espiatori. Alla fine l'incontro con gli altri viene letto come sinonimo di debolezza. �Alcuni - rileva Andrea Riccardi, storico e iniziatore della Comunit� di Sant'Egidio - hanno insistito sull'ingenuit� del dialogo stesso, mentre hanno ripreso

fiato diffidenze mai scomparse. C'� un terreno di pessimismo su cui maturano queste osservazioni, ma sarebbe pi� utile domandarsi cosa sarebbe il mondo se non ci fosse stato il dialogo�. �Libri come quello di Huntington - spiega

per parte sua Aydin - hanno un valore strategico normativo, che di fatto produce risultati deboli. Le civilt� non sono monolitiche e le generalizzazioni sono nocive alla comprensione della realt�. Un esempio? Dov'era l'eredit� giudeo- cristiana nell'Europa degli anni Trenta? Ci vogliono valutazioni empiriche. Tra queste: i governanti islamici fanno poco

per stabilire lo stato di diritto ed � stato facile per loro colpevolizzare la popolazione "ignorante" e il mondo occidentale. La semplificazione, in sintesi, sembra rispondere pi� alle comprensibili paure ingenerate dall'11

settembre che alla realt�. �Il Conflitto delle civilt� � evitabile -

rilancia l'autorevole esponente della Santa Sede presso la sede Onu a Ginevra, Diarmuid Martin - Una guerra contro il terrorismo non potr� e non dovr� che essere a favore dello stato di diritto, favorendo un'equa convivenza tra persone e culture. Cos� non �. Si registra pi� di un'incoerenza nella politica internazionale, con troppi double standard a seconda delle aree di riferimento� e riducendo ad un'immagine una

popolazione articolata o oppressa, come quella irachena o afgana. Una guerra contro il terrorismo deve essere �per l'equa convivenza tra i popoli, non guardando al povero come potenziale terrorista ma come fratello�. Non si tratta di sottovalutare il terrorismo e soprattutto il bioterrorismo o di

attutire una risposta sul piano della sicurezza. �Ci sono reti molto pericolose con minacce molto precise - sostiene Bernard Kouchner, ex rappresentante speciale Onu in Kossovo - ma deve essere chiaro che pi� di civilt� opposte siamo di fronte a un terrorismo esercitato da persone che

usano le religioni. Dobbiamo temere gli estremismi, che sono presenti anche in Europa: finch� gli estremisti saranno legati alla religioni senza che gli esponenti religiosi protestino contro di essi, rappresenteranno fattori di guerra�.

Michele Brancale