� stato detto che niente pu� essere pi� come prima dopo l�11 settembre. E ci avviciniamo al secondo anniversario di quell�epifania del terrorismo che ha innescato una accelerazione del realismo politico e del pessimismo mondiale.
Pessimismo sulla possibilit� di far coincidere la globalizzazione, nonostante alcuni correttivi indispensabili della rapacit�, con una stagione di libera circolazione non solo di beni e finanze ma delle persone (leggi: meno paura dell�immigrazione). Pessimismo sulle chances di una maggiore giustizia tra i popoli, sulla possibilit� di far vivere fianco a fianco religioni e culture diverse.
Il termine "scontro tra le civilt�" � diventato slogan e sentire diffuso, anche se carico di una semplificazione che non d� ragione della complessit� delle forze in campo. Di certo molti oggi in Europa e in Occidente pensano all�Islam con diffidenza.
E molti, nel mondo arabo e islamico, pensano oggi all�Occidente con risentimento e diffidenza. La guerra in Afghanistan e in Iraq (dove la pace porta finora pi� lutti della guerra) non hanno aiutato a sgombrare il campo da questa paura e incomunicabilit�. L�idea che fosse sufficiente allontanare un�odiosa dittatura per innescare un processo di pace e finalmente una democratizzazione in un�area strategica del Medio Oriente, deve fare i conti con una realt� diversa. Perch� la democrazia cresca c�� bisogno di rispetto e di pazienza. Pu� essere contagiosa, ma pu� anche essere contagiata dalle difficolt� vicine. Oggi la "strada della pace" in Israele e Palestina vede un altro passaggio drammatico, segnato dalle dimissioni di Abu Mazen non per la sua debole volont� di pace, ma perch� intorno al suo impegno per una autentica pacificazione si coagulano gli sforzi contrari dei fautori della violenza.
E� in questo scenario che ad Aachen (Aquisgrana), nel cuore dell�Europa, si apre oggi il Meeting interreligioso mondiale "Tra guerra e pace: religioni e culture s�incontrano". Per tre giorni il mondo che non crede allo scontro come unica via per la soluzione dei conflitti si � data appuntamento a tutto campo in Germania, a due passi da Maastricht, dove venivano incoronati gli imperatori del Sacro romano Impero. La Comunit� di Sant�Egidio, ostinata artigiana della pace e del dialogo, non si rassegna allo scontro tra le civilt� come a una ovviet� del presente. Qualcuno potrebbe obiettare che lavora a un�utopia poco praticabile, che questa non � certo la stagione del dialogo e che questo dialogo assomiglia troppo a una illusione. Non � cos�. Oggi proprio un sano realismo impone di scoprire radicalmente e con audacia la via del dialogo.
Il terrorismo e la guerra preventiva per indebolire il terrorismo stanno togliendo aria al mondo. E il dialogo � l�aria che ci fa respirare. Se il terrorismo � oggi la scorciatoia di ali estreme e radicali incapaci di vedere nient�altro che un nemico nell�oppositore e nel diverso da s�, occorre registrare il fatto che la guerra "continua" finisce per essere percepita come guerra a un mondo, quello islamico e arabo, e non a un dittatore temuto o disprezzato: e qui si sprigiona un germe che indebolisce fortemente l�Islam moderato nei confronti delle ali estreme e pi� violente.
Il dialogo � una via non facile ma � necessaria ed � l�unica che abbiamo. Ci si incontra al centro dell�Europa anche con la sensazione che l�Europa della Carta europea � un po� scarica di spirito. Un�Europa capace di valorizzare le proprie radici cristiane e la memoria della Shoa sarebbe un soggetto pi� forte e autorevole per affermare una democrazia attenta ai diritti umani in questa apertura convulsa e affascinante di millennio.
Le nuove difficolt� in Medio Oriente accentuano la necessit� di questo sforzo di dialogo. L�alternativa � lo scontro infinito, tra popoli segnati
dalla storia a un destino di convivenza. Non � facile. Il dialogo non � l�arte delle anime belle. Ma � la capacit� coraggiosa e creativa di tenere insieme i cento mondi che si affrontano con violenza su un territorio stretto, su una terra "troppo promessa".
Andrea Riccardi
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