Comunità di S.Egidio


 

07/09/2003


Tra guerra e pace: religioni e culture s�incontrano

 

E� stato detto che niente pu� essere pi� come prima dopo l�11 settembre. E ci avviciniamo al secondo anniversario di quell�epifania del terrorismo che ha innescato una accelerazione del realismo politico e del pessimismo mondiale. Pessimismo sulla possibilit� di far coincidere la globalizzazione, nonostante alcuni correttivi indispensabili della rapacit�, con una stagione di libera circolazione non solo di beni e finanze ma delle persone (leggi: meno paura dell�immigrazione). Pessimismo sulle chances di una maggiore giustizia tra i popoli, sulla possibilit� di vivere fianco a fianco religioni e culture diverse. Il termine �scontro tra le civilt� � diventato slogan e sentire diffuso, anche se carico di una semplificazione che non d� ragione della complessit� delle forze in campo. Di certo molti oggi in Europa e in Occidente pensano all�Islam con diffidenza. E molti, nel mondo arabo e islamico, pensano oggi all�Occidente con risentimento e diffidenza. La guerra in Afghanistan e in Irak (dove la pace porta finora pi� lutti della guerra) non hanno aiutato a sgombrare il campo da questa paura e incomunicabilit�. L�idea che fosse sufficiente allontanare un�odiosa dittatura per innescare un processo di pace e finalmente una democratizzazione in un�area strategica del Medio Oriente, deve fare i conti con una realt� diversa. La democrazia non si diffonde in fretta, non cresce da sola l� dove non c�� una storia e una societ� civile levigata nella costruzione di una pubblica opinione e di una gestione del potere condivisa e fatta di pesi e contrappesi, e non si esporta neppure con facilit�. Perch� la democrazia cresca c�� bisogno di rispetto e di pazienza. Pu� essere contagiosa ma pu� essere contagiata dalle difficolt� vicine, come oggi che la �strada della pace� in Israele e Palestina vede un altro passaggio critico, segnato dalle dimissioni di Abu Mazen non per la sua debole volont� di pace ma perch� intorno al suo impegno per una autentica pacificazione si coagulano gli sforzi contrari dei fautori della violenza.

E� in questo scenario che ad Aachen, Aquisgrana, nel cuore dell�Europa, si apre oggi il Meeting interreligioso mondiale �Tra guerra e pace: religioni e culture s�incontrano�. Per tre giorni il mondo che non crede allo scontro come unica via per la soluzione dei conflitti si � data appuntamento a tutto campo in Germania, a due passi da Maastricht, dove venivano incoronati gli imperatori del Sacro romano Impero. La Comunit� di Sant�Egidio, ostinata artigiana della pace e dialogo, non si rassegna allo scontro tra le civilt� come a una ovviet� del presente. Qualcuno potrebbe obiettare che lavora a un�utopia poco praticabile, che questa non � certo la stagione del dialogo e che questo dialogo assomiglia troppo a una illusione.

Non � cos�. Penso che oggi � proprio un sano realismo che impone di scoprire radicalmente e con audacia la via del dialogo. Il terrorismo e la guerra preventiva per indebolire il terrorismo stanno togliendo aria al mondo. E il dialogo � l�aria che ci fa respirare. Se il terrorismo � oggi la scorciatoia di ali estreme e radicali incapaci di vedere nient�altro che un nemico nell�oppositore e nel diverso da s�, occorre registrare il fatto che la guerra �continua� � non supportata dal sostegno internazionale e da un chiaro senso di pericolo, documentato senza possibilit� di eccezione � finisce per essere percepita come guerra a un mondo, quello islamico e arabo, e non a un dittatore temuto o disprezzato: e qui si sprigiona un germe che indebolisce fortemente l�islam moderato nei confronti delle ali estreme e pi� violente.

Il dialogo tra le grandi religioni mondiali e con testimoni del pensiero laico, dai cardinali Lehman, Kasper, Etchegaray, a Regis Debray, da protagonisti del mondo ebraico, come Israel Meir Lau e David Rosen, a leader religiosi del nuovo Irak, sunniti, cristiani e sciiti, da sister Helen Pr�jean, simbolo della lotta alla pena di morte, a Wolfang Sachs e Serge Latouche, avanguardia critica del modo di usare e smettere di sprecare le risorse del pianeta, � oggi una necessit�. Come dare voce all�Africa e al suo diritto di non morire di AIDS, di malnutrizione e guerre. Il dialogo � una via non facile ma � necessaria e � l�unica che abbiamo. Ci si incontra al centro dell�Europa anche con la sensazione che l�Europa della Carta europea � un po� scarica di spirito. Un�Europa capace di valorizzare le proprie radici cristiane, la memoria della Shoah sarebbe un soggetto pi� forte e autorevole per l�affermarsi di una democrazia pi� attenta ai diritti umani in questa apertura convulsa e affascinante di millennio.

Le nuove difficolt� in Medio Oriente accentuano la necessit� di questo sforzo di dialogo. L�alternativa � lo scontro infinito, tra popoli segnati dalla storia a un destino di convivenza. Non � facile. Il dialogo non � l�arte delle anime belle. Ma � la capacit� coraggiosa e creativa di tenere insieme i cento mondi che si affrontano con violenza su un territorio stretto, su una terra �troppo promessa�. Le religioni possono dire a se stesse che non vogliono essere utilizzate per la guerra e per la violenza. Il dialogo avr� successo se sapr� accettare la pazienza della fatica e l�impazienza verso ogni forma di guerra semplificatoria di questioni pi� complicate. Occorre resistere e non farsi ricattare dalla violenza quando si � intrapresa la via della pace. E� l�unico modo per dare aria e vita al bambino che sta nascendo da questo convulso inizio di secolo.

Andrea Riccardi