Il rosso porpora dei cardinali �evoca - parole del Papa - il colore del sangue e richiama l'eroismo dei martiri�. Potrebbe sembrare una suggestione convenzionale, ma tale non riusciamo a sentirla in questo momento: di fronte alla forza che Giovanni Paolo II testimonia nonostante la sua debolezza, e rispetto ai tempi che ci � dato di attraversare. Tempi duri per non pochi: per i cristiani del Sudan, ad esempio, rappresentati dal neocardinale Zubeir Wako o del Guatemala, Paese scosso da una lotta politico-sociale, e anche per tanti altri. Ma questo concistoro � un richiamo all'"eroismo della fede" per i cristiani del mondo del benessere, schiacciati dalla banalit� quotidiana e dal senso che poco o niente � ormai possibile. Scriveva all'inizio del Novecento il teologo (e medico dei lebbrosi), Albert Schweitzer, sul finale della sua "Vita di Ges�": �Dobbiamo ridiventare capaci di sentire ancora in noi ci� che vi � di eroico in Ges��. E concludeva: �Solo allora il nostro cristianesimo e la nostra concezione del mondo ritroveranno l'eroico e ne saranno vivificati�. A distanza di un secolo, questo messaggio � pi� che mai attuale: l'eroicit� della vita di Ges� rende vitali i cristiani di ogni tempo, e dunque il cristianesimo odierno. Il che, per la verit�, � provato dalla testimonianza specifica di Giovanni Paolo II.
Il Papa ha chiesto ai cardinali di �morire a se stessi per farsi servi umili e disinteressati dei fratelli, rifuggendo da ogni tentazione di carriera e di tornaconto personale�. L'eroicit� del Vangelo appunto: una vita concepita come servizio e non come cursus honorum. Richiamo che risuona scandaloso dappertutto, persino nei nostri ambienti pi� protetti. Che si rivolge al protagonismo del singolo, ma si connette in profondit�, alla trama unitaria della Chiesa.
C'� allora un altro messaggio emergente dall'odierna circostanza, che parla infatti di unit� vera, concreta. Un'unit� che non si celebra solo in una famosa piazza in Roma, ma che investe tutta la comunit� romana, diocesi particolarmente cresciuta in questi anni attorno al Papa, dopo averlo imparato ad amare dal 1978. Roma parla in se stessa di unit�. Non � citt� che si imponga come centro della finanza internazionale o della politica mondiale. Ma qui, nelle parrocchie, come nell'intera Chiesa locale, vive l'ideale della communis patria: l'unit� del genere umano al di l� dei nazionalismi e della marcata differenza di destini economici dei popoli. Da Roma la Chiesa guarda al mondo con un amore che abbraccia tutti. Lo ha espresso costantemente Giovanni Paolo II, il Vescovo di Roma.
I nuovi cardinali sono aggregati al collegio della Chiesa romana: portano infatti un titolo romano.
L'unit� cio� non si fa in maniera astratta, ma in un luogo e attorno a qualcuno: nella Chiesa romana e attorno al Papa. Questo � il segreto antico del cattolicesimo. Giovanni Paolo II ha detto ai cardinali: �...da una parte, voi dilatate... la comunit� ecclesiale che � in Roma sino agli estremi confini della terra, e, dall'altra, rendete presente in essa la Chiesa universale�. L'esperienza di allargamento all'universale e di accoglienza dell'universale rimonta alle origini del cristianesimo romano: � passata attraverso tempi bui, per profonde divisioni, e per guerre.
Oggi, in un tempo di globalizzazione, risplende in modo particolare con un movimento di comunione da Roma al mondo e da tutto il mondo a Roma. Segno ancor meglio rilevabile nel mondo globalizzato, dove sono risorte violentemente le identit� (e con esse lo scontro di civilt� che vorrebbe giusti ficare guerra e terrorismo). In questo panorama, la Chiesa � salda sulla propria identit� e sulla fede degli apostoli. Per questo abbraccia popoli diversi. E parla di un destino comune degli uomini, quello dell'amore di Dio e della "famiglia dei popoli". E' una grande visione, allora, quella a cui Giovanni Paolo II ci ha richiamato, da coltivare su scenari di vita tentati dalla mediocrit� o dal localismo: una scossa di speranza per il mondo contemporaneo.
Andrea Riccardi
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